
Sulla difesa dei confini Ue si fonda l'asse di Matteo Salvini con l'omologo Horst Seehofer, il quale guida il fronte della Csu contro la cancelliera. E per questo il collega degli Esteri, Heiko Maas, corre ai ripari: «Italia lasciata troppo sola».I personaggi e gli interpreti sono quattro: Matteo Salvini, Angela Merkel, il ministro dell'Interno tedesco Horst Seehofer (esponente della Csu bavarese, formazione gemella della Cdu della cancelliera), e il ministro degli esteri di Berlino, il socialdemocratico Heiko Maas.Nelle ultime 48 ore, hanno destato attenzione le dichiarazioni di Salvini su una possibile convergenza con il suo omologo tedesco in materia di immigrazione. E in effetti la materia c'è: non solo la sfida oggettivamente gigantesca delle migrazioni illegali, ma anche una situazione politica interna tedesca che, paradossalmente, potrebbe giocare a favore dell'Italia.Tutti sappiamo che la Merkel, a partire dalla sua malagestione della vicenda dei rifugiati siriani, è sotto tiro da parte dell'opinione pubblica e nel suo stesso partito. A beneficiare di questo clima è il partito di destra dura Afd. Ad aggravare le cose ci si sono messi alcuni scontri tra richiedenti asilo e forze di polizia in Germania (tema di cui La Verità si è occupata due volte nelle scorse settimane, in pressoché totale solitudine nel panorama della stampa italiana).Contro tutto questo, il ministro dell'Interno Seehofer cerca di accreditarsi come un uomo dal pugno duro. Ma a temere pugni e schiaffi (elettoralmente parlando) può essere proprio il suo partito, la Csu bavarese, visto che la Baviera affronta quest'anno delicate elezioni locali. Tendenzialmente gli elettori bavaresi sono per la continuità, e quindi potrebbero premiare la Csu, ma il mix tra immigrazione fuori controllo e ascesa di Afd desta preoccupazione.Per questo, la tensione tra Seehofer e la Merkel, tra Csu e Cdu, non è affatto banale. La Csu dialoga con Viktor Orbán, ora probabilmente anche con Salvini, e tenta dunque di apparire credibile nel contrasto all'ondata migratoria. Di più: Seehofer ha anche avanzato un pacchetto di proposte forti, volte per un verso ad accelerare i tempi di esame delle richieste di asilo (e quindi i rimpatri di chi non ha diritto), e per altro verso a organizzare centri di accoglienza separati (cosiddetti «di approdo») per i richiedenti asilo, in modo che, se la loro richiesta viene respinta, possano essere rispediti indietro direttamente da lì, evitando scontri e disordini.La situazione è veramente delicata. Intanto perché il numero complessivo degli immigrati è oggettivamente spropositato: dal 2015 in Germania ne sono entrati 1.300.000. E poi perché, all'interno di una massa così grande, è fortissimo il rischio che - fatalmente - ci sia anche una quota di criminali comuni, o - peggio ancora - un nucleo di estremisti islamisti. Seehofer cerca come può di parare i colpi: è pur sempre un cristianodemocratico e quindi non vuole apparire xenofobo, ma ogni giorno sottolinea che un'accoglienza accettabile è immaginabile solo su numeri più contenuti. Un esempio pratico: ieri ha disertato un incontro pubblico proprio sul tema dell'integrazione, mandando un funzionario al proprio posto.Negli ultimi due giorni, la vicenda si è fatta rovente, portando la Germania sulla soglia di una drammatica crisi di governo, con un clamoroso scontro pubblico tra la Merkel e Seehofer. Come mai?Seehofer aveva convocato una conferenza stampa per annunciare il suo mega piano, con una novità ulteriore: l'idea di respingere al confine tedesco i richiedenti asilo già registrati in un altro Paese Ue. In teoria, la Germania potrebbe già rimandare indietro questi migranti, indirizzandoli (come in Italia sappiamo molto bene) nel primo Paese di approdo. Ma questi casi vengono decisi soltanto dopo che i migranti hanno formalmente chiesto asilo, e la realtà è che pochissimi vengono concretamente allontanati (l'anno scorso, appena 7.000 su 64.000). Morale: Seehofer voleva cambiare le cose respingendoli subito al confine. Ma la Merkel ha detto no, obiettando che la mossa avrebbe potuto innervosire gli altri stati europei e compromettere la soluzione che la cancelliera ha intenzione di costruire consensualmente. Sta di fatto che Seehofer, irritatissimo, ha annullato la sua conferenza stampa, e ha fatto sapere che non ha alcuna intenzione di annacquare le sue proposte o di accettare compromessi al ribasso.Ora è evidente che trovare soluzioni buone per tutti non sarà facile, e che Germania e Italia hanno anche interessi divergenti, essendo noi il primo Paese di approdo e quindi il potenziale soggetto danneggiato da una più rapida «restituzione» di migranti dalla Germania. Il rebus è difficile da risolvere, non c'è dubbio. Ma se alla fine si arrivasse a un'idea di confine europeo veramente da rispettare, l'Italia, essendo - di tutta evidenza - magna pars del confine Sud, vedrebbe riconosciute le sue ragioni in modo davvero significativo.In ogni caso, per la prima volta, la patata bollente non è più solo nostra, e Salvini e il governo Conte possono provare a incunearsi nelle difficoltà tedesche. Non era mai successo che ci fosse un ministro dell'Interno tedesco bisognoso di trovare una soluzione, e di trovarla subito (prima delle sue elezioni autunnali in Baviera). La stessa Merkel, a questo punto, ha un interesse reale a essere parte di una soluzione soddisfacente: se non lo farà, dovrà fronteggiare la rabbia della Csu, con effetti potenzialmente devastanti per lei e il suo governo. Siamo dunque in presenza di circostanze tatticamente favorevoli: speriamo che l'Italia riesca a farne tesoro.E, a conferma di un clima profondamente mutato, si sono aggiunte due ulteriori novità in una sola giornata. Di mattina, Salvini ha incassato l'inatteso appoggio del giornale tedesco Die Welt: l'annuncio di chiusura dei porti italiani potrà pure essere «controverso» politicamente, ma «non è illegale, perché nel diritto internazionale c'è una lacuna». E in ogni caso - ha concluso Die Welt - «Salvini ha dato seguito a un impegno elettorale». Di pomeriggio, è arrivato un segnale anche dal ministro degli esteri Heiko Maas, socialdemocratico: «Ci deve allarmare che proprio in Italia, uno dei pilastri dell'Europa e finora uno dei nostri partner più stretti, quasi una persona su due sia dell'opinione che il Paese non tragga vantaggi dall'essere membro dell'Ue. L'Europa deve trovare una risposta convincente. Abbiamo lasciato Italia e Grecia da sole troppo a lungo».
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