2023-12-27
Il matriarcato nei tribunali
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Da anni l'Italia viene sanzionata dalla Corte europea dei diritti dell'Uomo perché non tutela i padri separati che vogliono vedere i loro figli. Lo ha fatto anche il 13 settembre scorso, quando l'avvocato Arturo Maniaci si è visto riconoscere le violazioni del nostro Paese rispetto a svariate frasi che riconoscevano il diritto di molti padri a poter vedere i loro bambini.Insomma, in Italia tanti papà fanno fatica a vedersi rispettare dai tribunali il loro diritto di stare insieme ai figli, di passare con loro le vacanze o semplicemente passare una giornata con loro. «Diciamolo chiaramente: lo spot dell'Esselunga - quello che solo Elly Schlein non ha visto – ha toccato un nervo scoperto della sinistra italiana, le polemiche che ne sono seguite sono solo la riprova di quanto bruci il fatto che se le donne siano relegate nel ruolo di caregiver dipende solo dal fatto che questo dipenda da altre donne». Spiega a La Verità Salvatore Dimartino, presidente di Mantenimento Diretto, movimento per l'uguaglianza genitoriale. Sono i dati per confermarlo. Come il rapporto dell'Istat del 2011 (Matrimoni, separazioni e divorzi del 2015), dove si legge che nel 94% dei casi sono le donne il genitore collocatario. «Quella che nello spot dell'Esselunga si sbatte tra lavoro e figlia perché solo a lei è demandato il compito di prendersi cura della figlia che pure un padre ce l'ha e non si capisce perché non sia lui a doverla rincorrere per il supermercato» . Aggiunge Dimartino che parla di «matriarcato in toga».A guardare i numeri della giustizia italiana, infatti, quella della famiglia sembra essere una questione tutta tra donne. «Prendiamo le sezioni famiglia dei tribunali italiani sedi di Corte d'Appello, ad esempio: secondo i dati pubblicati dai rispettivi siti internet, le 26 sezioni sono composte da 101 giudici uomini e 197 giudici donne, con punte di solo 13 giudici donne al Tribunale di Roma (l'unico uomo Vincenzo Vitalone è andato da poco pensione) e zero (dicasi zero) uomini a Milano e Torino dove i collegi sono composti solo da donne (rispettivamente nove e sei). In questo senso, spiega il presidente dell'associazione «con l'istituzione del Tribunale per la famiglia, dove è prevedibile vengono collocati i giudici provenienti dai tribunali per i minori, e dove la situazione è, se possibile, ancora più sbilanciata: 21 uomini contro 101 giudici donne e che porta il risultato totale a 122 giudici uomini contro 298 giudici donne. Uno ogni quattro». E ancora. «O vogliamo parlare dei gruppi specializzati in materia di reati contro le cd. «fasce deboli» (quelle che si lavorano di femminicidio, per intenderci): Torino tre sostituti pubblici ministri uomini ed otto donne, Palermo tre uomini e nove donne, Napoli tre uomini e otto donne e Roma con 4 uomini e 11 donne. lavorano di femminicidio, per intenderci): Torino tre sostituti pubblici ministri uomini ed otto donne, Palermo tre uomini e nove donne, Napoli tre uomini e otto donne e Roma con 4 uomini e 11 donne. Decimale più decimale meno siamo sempre lì, 1 magistrato uomo ogni 3 magistrate donne». Poi c'è il capitolo Ctu (Il consulente tecnico d'ufficio). A Torino, ad esempio, gli iscritti all'albo nella sezione «psicologia del minore e famiglia» – quella dalla quale si attingono gli esperti chiamati a dare il loro parere sulle vicende familiari - ci sono 2 consulenti uomini e 24 donne, a Milano 5 uomini e 46 donne ea Roma 18 uomini e 187 donne, a Palermo con 24 uomini e 295 donne. Non solista.Ci sono poi le commissioni di studio per il diritto di famiglia dei vari Coa. Dice l'avvocato: «Su quelle delle commissioni delle varie associazioni di familiaristi meglio stendere un velo pietoso perché i numeri sono a dir poco ancor più impietosi – sono composte da 2 uomini e 8 donne a Torino, 7 uomini e 20 donne a Milano, 3 uomini e 17 donne a Bologna mentre, dulcis in fundo, a Roma la commissione di studio per il diritto di famiglia è composta da 34 avvocati e 176 avvocate, che uno non può non chiedersi cos'abbiano da studiare oltre 200 avvocati – più del numero dei senatori italiani - se il diritto di famiglia è fermo alla riforma del 1975?». A parti invertite questi numeri sarebbero già un caso nazionale. «Invece conferma al Tribunale di Aosta» ci spiega Dimartino « su proposta di una ctu donna inutile dirlo e con il beneplacito della Corte d'Appello di Torino che ha respinto l'appello del padre, ad autorizzare il trasferimento di un bambino a 1000 km perché «la mamma ha una carica affettiva tutta speciale», o la Cassazione, appena qualche giorno fa, a dire che «il collocamento preferenziale presso la madre, in quanto madre, è stato solo uno degli elementi di valutazione…che il giudice può prendere in considerazione nel decidere con quale genitore un bambino dovrebbe vivere».Del resto, continua l'avvocato, «nessuno con un minimo di serietà può mettere in discussione il fatto che oggi i padri e i nonni partecipano attivamente alla crescita dei figli. Non tanto per le statistiche, ma perché la stessa sinistra che fa finta di non aver visto lo spot dell'Esselunga ha posto questo dato di comune esperienza alla base delle proposte di riforma della legge 54/06». Conclude Dimartino: «Il Partito Democratico, ad esempio, - quello che all'epoca aveva il 41% di consenso degli italiani - riteneva necessaria la riforma dell'affidamento condiviso della Cirinnà in considerazione della distanza tra le istanze della società civile e le posizioni ostili di parte del sistema legale», e così pure aveva fatto il Movimento 5 stelle salvo rimangiarsi tutto all'epoca del Ddl Pillon (DdL 732/2018) che letteralmente prevedeva le medesime soluzioni».
La sede della Corta penale internazionale dell’Aia (Ansa)