2020-11-14
Il libro più bello del mondo non ha un autore
Aldo Manunzio (Getty images)
Per Laterza esce la biografia di Aldo Manuzio, fondatore dell'editoria moderna. Pubblichiamo stralci del capitolo sulla genesi del «Polifilo», capolavoro che il genio non amava. Un oggetto di culto, anche grazie al mistero sull'identità di chi l'ha scritto.Non devono essere molti nella storia dell'editoria i libri a stampa che hanno avuto più fortuna con gli artisti che presso i letterati. L'Hypnerotomachia Poliphili, uscito nel dicembre 1499, è uno di questi. Il motivo è presto detto: si tratta di un'autentica opera d'arte, dove i meriti dell'incisore sono passati in primo piano rispetto a quelli dell'autore. […] È un po' un paradosso che il libro più famoso di Aldo, l'opera che è unanimemente considerata oggi il libro più bello almeno del rinascimento, se non addirittura di tutti i tempi, fosse così poco amato da Manuzio. Aldo non sentiva quel volume come «suo» perché gli era stato commissionato. Cinque anni dopo ci farà invece sapere di aver caro Demostene, «il libro più bello tra quanti abbiamo fin qui stampato in latino e greco» per i suoi «bellissimi caratteri» e la «veste esteriore assai decorosa». [...]A commissionargli il Polifilo era stato Leonardo Crasso (o Grasso, o Grassi), gentiluomo veronese, laureato in giurisprudenza e in seguito protonotario apostolico, che dedica la prima edizione dell'Hypnerotomachia Poliphili a Guidobaldo da Montefeltro, duca di Urbino, sia per ingraziarselo, sia per mettere bene in evidenza quale fosse il pubblico a cui il prodotto era destinato: quell'élite intellettuale abituata a considerare i libri oggetti di lusso. […]Rimane da capire perché Aldo abbia stampato un libro che non amerà mai. Probabilmente i motivi sono più d'uno. Il fratello di Leonardo, Bernardino Crasso, era in rapporti con il medico Alessandro Benedetti: abbiamo visto che due anni prima Aldo gli aveva pubblicato il resoconto della campagna francese in Italia. L'Hypnerotomachia Poliphili giunge all'editore sostenuta da amici letterati che Aldo non intende offendere e accompagnata da parecchie centinaia di ducati che non si può permettere di rifiutare. Con ogni probabilità Manuzio ne conosce di persona l'autore, perché le illustrazioni sono così legate al testo da lasciar presupporre che ci sia stata una collaborazione stretta tra l'estensore, l'illustratore e l'editore.[…] Xilografie e composizione sono i due fattori che trasformano il libro in un'opera d'arte. Il testo è disposto a colonna, a piramide rovesciata singola o in coppia, a coppa, o in altre fantasiose forme, in grado di assicurare un effetto estetico originale e mai sperimentato in precedenza. La composizione delle pagine diventa una sorta di applicazione alla tipografia dei modelli matematici e geometrici della divina proporzione, che proprio in quel periodo viene definita da Luca Pacioli, il frate matematico che abbiamo incontrato e che incontreremo ancora. Le incisioni sono 172, così belle da esser state via via attribuite ad artisti del calibro di Giovanni Bellini o Andrea Mantegna. Invece oggi gli studiosi sono quasi unanimi nel ritenerle opera del geografo e incisore padovano Benedetto Bordon. […] Le illustrazioni del Polifilo non vengono comunque incise tutte dalla stessa mano, poiché mostrano notevoli variazioni di stile; alcune sono autentiche opere d'arte, altre pregevoli prodotti di artigianato. Molte delle incisioni mostrano un deciso contenuto erotico: si riscontra una netta prevalenza di figure femminili, quasi sempre vestite con tuniche aderenti sotto le quali occhieggiano i capezzoli. [...]«festina lente»Sono parecchi gli elementi che contraddistinguono il libro e lo rendono importante sotto differenti aspetti. Tra questi c'è pure il fatto che per la prima volta vengono stampati sia il motto classico festina tarde («affrettati lentamente», che si trasformerà in lente con Erasmo), sia l'ancora con il delfino avvolto attorno all'asta, destinati a diventare il simbolo della casa editrice aldina, con il Poetae christiani veteres, stampato nel 1502. Sulla copertina di questo nostro libro potete ammirarne la bellezza. Tra l'altro quella di Aldo non è l'unica marca tipografica che si ispira alle incisioni dell'Hypnerotomachia Poliphili.Fino a tempi recenti si voleva che il motto latino fosse inciso su un denaro d'argento dell'imperatore Vespasiano regalato a Manuzio da Pietro Bembo. Questi intendeva esprimere il concetto che è meglio chi agisca con cautela e senza fare errori rispetto a chi sia audace e sicuro di sé. Gli studi effettuati in occasione del cinquecentenario della morte dell'editore bassianese, nel 2015, hanno verificato che nessuna moneta romana porta inciso quel motto. Lo si trova, invece, nella versione greca σπεῦδε βραδέως, nella dedica a Marin Sanudo delle opere di Poliziano. Aldo avrebbe potuto imbattersi nel festina lente in latino leggendo Svetonio o Aulo Gellio, ma non è chiaro da dove in realtà lo abbia prima appreso e poi mutuato. Comunque dev'essergli piaciuto parecchio, visto che le xilografie della sola Hypnerotomachia mostrano più di ottanta varianti del motto.Quel che invece sulla moneta compare è l'ancora con il delfino, che nel Polifilo si vede reclinata e non in piedi, come piuttosto avverrà nella marca editoriale. Lo stemma riflette in forma grafica il significato della massima latina: l'attrezzo navale simboleggia la cautela, l'essere marino la velocità. Attenzione però: come detto, nel libro viene utilizzata la versione festina tarde e sarà Erasmo, nove anni più tardi, a sostituire tarde con lente. Ecco il passaggio dove compaiono la descrizione del simbolo e il motto: «Una ancora sopra la stangula dilla quale se revolvea uno delphino. Et questi optimamente cusì io li interpretai. [...] Semper festina tarde». Anche la rappresentazione del delfino varierà nel tempo: in una versione mostra denti aguzzi, in un'altra agita le pinne. Tutto questo riecheggia l'impegno editoriale di Manuzio, che deve far di tutto per essere accurato e svelto nel medesimo frangente. E quando lo accusano di essere lento e di rimandare all'infinito i libri promessi ai lettori, Aldo ribatte di aver «sempre quali compagni [...] il delfino e l'ancora: infatti pur temporeggiando abbiamo pubblicato molti libri e ne pubblichiamo con regolare continuità». Comunque, a tutti risulti ben chiaro che «se talora non proseguiamo con il vigore degli inizi, ciò avviene per qualche valida ragione, o per il fatto che stiamo organizzando qualcosa di più importante al fine di contribuire più efficacemente ai progressi delle belle lettere e al recupero degli antichi autori dal degrado e dalle tenebre».la mano di erasmoSarà Erasmo a rendere immortale il marchio aldino quando, nel 1508, scrive: «L'ancora rappresenta la lentezza in quanto trattiene la nave e, legandola, la tiene ferma. Il delfino invece, poiché non vi è altro animale più veloce o nella corsa più agile, indica la velocità. E se ci rifletti bene, rendono questa espressione: “affrettati sempre lentamente"» e poi aggiunge che quel motto «ora poi è giunto come terzo erede ad Aldo Manuzio Romano, e certo, penso, non senza assenso e disegno degli dei». Tra i diversi misteri che caratterizzano questo libro c'è pure quello, fondamentale, riguardo all'autore. Non compare alcuna firma, e anche il nome dell'editore si rivela soltanto nella pagina delle errata. «In aedibus Aldi Manutii, accuratissime», con l'avverbio al superlativo che sembra quasi un avvertimento, una presa di distanza: ho fatto il massimo perché tutto riuscisse al meglio, se qualcosa continuasse a non funzionare, non prendetevela con me. La firma, una firma, è nascosta in una specie di rebus: unendo fra loro le lettere iniziali dei trentotto capitoli, si ottiene una frase che contiene il nome di Francesco Colonna. Indovinello risolto, quindi? Macché. A questo punto si apre la questione su chi questo Francesco Colonna fosse, e ancora oggi non c'è unanimità sull'identificazione. C'erano due Colonna in quegli anni a Venezia, entrambi si chiamavano Francesco ed entrambi avrebbero potuto essere gli autori del Polifilo: un principe dell'omonima famiglia romana e un frate domenicano del convento dei Santi Giovanni e Paolo. […]Anche se Aldo non lo amava, il Polifilo diventa subito un oggetto del desiderio. Albrecht Dürer nel 1507 se ne assicura una copia per un ducato, prezzo elevato, ma non esagerato, considerato che anche altri grandi in folio avevano un costo simile (oggi l'esemplare si trova alla Staatsbibliothek di Monaco di Baviera). […] La fortuna del libro in Italia è modesta: dopo l'edizione del 1499 ne viene stampata soltanto una seconda, nel 1545, con le xilografie originali. In Francia, invece, l'edizione viene dotata di una nuova magnifica serie di incisioni e funziona alla grande: François Rabelais lo cita descrivendo giardini e templi nel Gargantua e Pantagruel, il cui terzo volume esce nel 1546, lo stesso anno della traduzione in francese dell'Hypnerotomachia che in seguito inanella otto edizioni, fino al 1883. La prima edizione inglese è del 1592, con il titolo The Strife of Love in a Dream (Il conflitto d'amore in un sogno). […]La fama che in ogni caso raggiunge consente all'opera di scavalcare i secoli. Qualche esempio? James Joyce ne parla nei Finnegan's Wake: «A jetsam litterage of convolvuli of times lost or strayed, of lands derelict and of tongues laggin too» («I rottami delittuosi di convolvoli di tempi dispersi o perduti, di terre derelitte e di idiomi pure restati indietro»). Uno che dell'interpretazione dei sogni ha fatto il proprio mestiere, ovvero lo psicanalista Carl Jung, nel 1925 legge il Polifilo nell'edizione francese.Si stima che sia giunta ai nostri giorni oltre metà della prima tiratura dell'Hypnerotomachia Poliphili, ovvero circa trecento copie, censite in biblioteche pubbliche, collezioni private e transitate per il mercato antiquario. Un libro tanto eccezionale non può che avere un valore da par suo: nell'aprile 2013 la casa d'aste londinese Christie's ne ha venduta una copia per quasi 316 mila dollari americani.