2018-04-07
Fico, il grillino duro e puro ossessionato dai tagli
Il neopresidente della Camera scelto dal comico e da Davide Casaleggio, e aiutato da Sergio Mattarella che non voleva un 5 stelle al Senato, viene dipinto come persona onesta e scialba, rigorosa e tirchia. Con il chiodo fisso di eliminare i vitalizi e cancellare le indennità. «Onesto e scialbo». «Perbacco», ho esclamato l'ennesima volta che me l'hanno detto e mi sono arreso all'evidenza. È la fama che il grillino Roberto Fico, neopresidente della Camera dal 24 marzo, si è fatta tra i colleghi non grillini nei 5 anni della XVII legislatura, appena finita. Un bravo ragazzo napoletano di 43 anni, con un fondo di idealismo, ma impacciato e lento. Un non politico paragonato agli sveltoni del suo stesso partito, alla Luigi Di Maio. Un giovanotto con 12 anni di meno ma furbo come una faina, dall'eloquio sciolto, seppure scorretto, e versato, come si vede in questi giorni, nel gioco delle 3 carte. Insomma, stando agli osservatori di altri schieramenti, la scelta del M5s di candidare Fico alla guida della Camera ha sorpreso. Di più capaci in apparenza, c'erano Riccardo Fraccaro, nominato questore, e Alfonso Bonafade, Guardasigilli in pectore di un eventuale governo a guida grillina. Per non parlare di Alessandro Di Battista, fluviale chiacchierone, che ha però scelto di bigiare la nuova legislatura (XVIII). Si sperderà per il vasto mondo con moglie e figlioletto, coperto - pare - da un contratto Mondadori di 400.000 euro per un diario di viaggio con i suoi cari, tra Ande e biberon. I bene informati sostengono che Fico è stato eletto per volontà diretta di Beppe Grillo e Davide Casaleggio. Il campano è, infatti, considerato uno scrigno degli ideali primigeni del movimento. Un puro e duro che, al pari dei due guru, non vuole inzaccherarsi facendo un governo con altri che inquinerebbe i grillini, rendendoli peccatori come tutti. Ma poiché la grande maggioranza del gruppo parlamentare è luigidimaiano e a Palazzo Chigi vuole andarci di corsa, ecco che mettere Fico al centro di Montecitorio assume un ruolo ammonitorio. La cosa va vista in senso scenografico. Guardando Fico, assiso al centro dell'emiciclo, i grillini seduti di fronte a lui e tentati dai magheggi della politique politicienne, si fermeranno folgorati. Da Roberto, infatti, aiutato in ciò anche dalla nera barba biblica, dovrebbe sprigionarsi - questa la speranza - quell'aura di onesta purezza capace di distogliere i più dalle tentazioni peggiori. La sua presidenza ha dunque per il movimento una funzione totemica simile alla mummia di Tutankhamon che scoraggia gli archeologi dal profanarne la tomba. Un aiuto a Fico per salire al soglio è venuto da Sergio Mattarella. Si sapeva che l'inquilino del Quirinale avrebbe mal digerito che un grillino diventasse seconda carica dello stato, ossia presidente del Senato. Questo per il diffuso pregiudizio che i cinquestelle siano inesperti e inaffidabili. A Mattarella, perciò, dava l'orticaria l'idea di essere sostituito da un imbranato istituzionale in caso di viaggi all'estero o altri impedimenti. Si ignora se il Colle abbia suggerito o premuto. Sta di fatto che i grillini, per tenerselo buono, gli sono andati incontro e hanno rinunciato a palazzo Madama, piazzando Fico a Montecitorio. A parte i grillini, la sola che ha accolto con gaudio un'elezione che lascia freddi è stata Daniela Santanché, di Fdi. «Dopo Laura Boldrini, Fico mi sembra una figata», ha detto. E ciò, nonostante l'eletto sia ai suoi antipodi: è immigrazionista, per lo ius soli, per le adozioni gay.Il discorso di insediamento del neopresidente lo dipinge. La frase chiave è stata: «Il taglio ai costi della politica dev'essere uno dei principali obiettivi di questa legislatura». È la solita solfa di chi sottintende che la politica è stata sempre una sentina e che ora si cambia musica. Già sentito. Dalla tiritera sulla «diversità» comunista di Enrico Berlinguer e s'è visto; ai forconi della Lega di Umberto Bossi al grido di «Roma ladrona» e s'è visto; all'Italia dei valori di Antonio Di Pietro e s'è visto. Auguriamoci che il neopresidente riesca in futuro ad allargare i propri orizzonti oltrepassando il chiodo fisso di togliere vitalizi, tagliare indennità. Onestà e sobrietà sono in politica un sottinteso non un programma.Fico, comunque, è fatto così. Le sue iniziative, più che inseguire grandi cose, servono a mostrare che ha le mani nette. Ha già annunciato che rinuncia all'indennità presidenziale, ossia al surplus sulla diaria di deputato disposta dalla legge per guidare l'assemblea. Porterà a un risparmio di 200.000 euro nei 5 anni. Già nella scorsa legislatura, eletto - nonostante fosse di prima nomina - a capo della commissione di vigilanza Rai, rifiutò l'analoga elargizione (133.000 euro). Così, è nata la leggenda di fratel Fico, il francescano. Rinfocolata nei giorni scorsi da una sua foto in autobus a Roma, come fosse uno di noi. Tutti a dirgli che l'aveva fatta apposta per farsi lodare e a rinfacciargli che invece nella scorsa legislatura aveva preso 15.000 euro di rimborsi taxi. Nella foga della polemica è emersa una curiosità: Roberto ha chiesto anche il rimborso di biglietti tram e bus per 22,50 euro nel 2017. Onesto allo scrupolo e tirchio al millimetro.Primogenito di un dipendente del Banco di Napoli, una sorella, Roberto è sempre stato senza grilli per testa. Abitante a Posillipo, in collina, prendeva anche lì l'autobus, il 140, per raggiungere Chiaia dove c'è il liceo classico Umberto I. È da sempre la scuola statale delle élite napoletane (fu anche quella di Giorgio Napolitano) e colpiva il fatto che lui venisse con i mezzi mentre i chiattilli (gli scolari abbienti del Centro e del Vomero) arrivavano sgommando su moto rombanti. Aveva due passioni. Quella per la pallavolo che però non era corrisposta dalla pallavolo. Tanto che il suo vecchio prof di ginnastica, incontrandolo da deputato, gli disse: «Se in politica sei scarso come a pallavolo, siamo rovinati». Poi, parlando coi giornalisti, lo pennellò: «Un fior di alunno, un ragazzo tranquillo, umile». L'altro interesse era per la musica. Se la cavava alla tastiera e andava a tutti i concerti di Lucio Dalla. Divenne amico del cantautore che se capitava a Napoli lo chiamava per vedersi. Alla musica, Fico ha dedicato la tesi di laurea. Per cambiare aria, decise di trasferirsi a Trieste per frequentare Scienze della comunicazione. Qui, ebbe il ghiribizzo nostalgico di concludere il corso con un saggio sull' Identità sociale e linguistica della musica neomelodica napoletana. Finiva così l'epoca d'oro che lasciava il posto al rientro a Napoli e alla dura realtà dei lavoricchi. Roberto ne ha fatti a iosa. È stato nell'ordine: tour operator, centralinista in un call center, pr in un albergo di parenti. Infine, importatore di tessuti dal Marocco all'origine probabilmente della barba maghrebina che attualmente inalbera. Spesso disoccupato, frequentò un corso di knowledge management (gestione del capitale umano) finanziato dal ministero del Lavoro che Fico spacciò nel curriculum per un master ma non lo era. È la sola debolezza nota di un uomo rigoroso.La prima volta che mise la scheda nell'urna, votò il sindaco comunista, Antonio Bassolino. Successivamente, si iscrisse a Rifondazione. Nel 2005, ebbe la rivelazione grillina, mentre i più ignoravano cosa frullasse nella testa del comico di Genova. Toccò a Fico fondare la prima cellula degli amici di Beppe Grillo a Napoli, mettendo così le fondamenta del prodigioso salto da disoccupato a presidente della Camera.
Beatrice Venezi (Imagoeconomica)