2021-07-28
Il grande divorzio tra fede e scienza ha prodotto i deliri dei nuovi dogmi
Jaca Book ristampa «I sonnambuli», capolavoro di Arthur Koestler: è la storia dei geni che hanno cambiato la percezione dell'universo. Lo scrittore capì che una conoscenza staccata dal senso genera un mondo scissoEsseri umani sdraiati nella notte: osservano le figure luminose incastonate nel soffitto tenebroso del mondo. Così inizia il cammino monumentale e fascinoso della Storia delle concezioni dell'universo (I sonnambuli) di Arthur Koestler. Proprio così cominciarono a nascere le grandi visionarie cosmologie dell'uomo storico e preistorico, sotto i limpidi cieli di Babilonia e dell'Egitto, ma anche molto, molto prima, quando i nostri predecessori non avevano ancora iniziato quel cammino che dall'Africa li avrebbe condotti in tutti i luoghi della terra: ma già scoprivano il misterioso messaggio delle figure celesti, le geometrie delle costellazioni e l'enigma del loro ritorno, secondo una metamorfosi replicante infinita. Il sogno della verità, dell'ordine e del senso delle cose cominciò allora: cominciò a fecondare la fantasia di sonnambuli intelligenti, di poetici bestioni, creatori e generatori di mondi e di saperi che sarebbero venuti nel tempo, mondi che ancora indubbiamente frequentiamo e custodiamo nelle nostre memorie. Inizio a dir poco grandioso, ma leggiamo la fine, a pagina 539 dell'Epilogo: al termine di tutta questa avventura, «l'uomo si distruggerà o partirà alla volta delle stelle». Finale raggelante, finale entusiasmante: quale ci sarà infine destinato?Intanto però qualcosa è avvenuto e ha spaccato in due la storia dell'umanità. Siamo eredi di un grande divorzio tra fede e ragione. «Dal momento della loro separazione, né la fede né la scienza sono in grado di soddisfare la fame intellettuale dell'uomo. Nella casa divisa, i due ospiti conducono un'esistenza contrariata» (pagina 535). L'anno 1600 è la linea di separazione e lo spartiacque scelto da Koestler. Prima dell'avvento della scienza moderna l'umanità europea pensava di vivere in un universo chiuso e concluso, dove ogni cosa era da sempre e per sempre ordinata e programmata, non c'erano cambiamenti nelle specie animali e vegetali, la scala dei valori morali e delle figure sociali attraversava le generazioni. «Era questa, a grandi tratti, l'idea che i nostri antenati si facevano del mondo. […] Poi, nel corso delle cinque generazioni che separano il canonico Koppernigk da Isaac Newton, l'homo sapiens ha subito il cambiamento più decisivo della sua storia» (pagina 536).Prima di questo passaggio, «le religioni avevano fornito all'uomo una sorta di spiegazione che dava a tutto ciò che gli accadeva un significato nel senso largo di causalità trascendente e di finalità trascendente» (pagina 537). Le spiegazioni della nuova scienza si caratterizzavano invece per una totale neutralità morale, per una visione esclusivamente quantitativa e meccanicistica e per una dichiarata estraneità rispetto alle questioni relative al «senso della vita». Le cose vanno: non si tratta di sapere dove, né perché; sono sufficienti il come e il che. La nuova scienza, diceva infatti Galilei, si occupa di come vanno i cieli, non di come si va in cielo. «L'uomo universale del Rinascimento, artista e artigiano, filosofo e inventore, umanista e scienziato, astronomo e monaco contemporaneamente, andò in pezzi separati». Venne meno così quella cultura «organica» che Augusto Comte, con grande lucidità, ma pochi rimpianti, descrisse come il modello delle società umane prescientifiche, uscite dall'infanzia della magia e del mito, per entrare nell'età della ragione metafisica, cosmologica e teologica: il mondo della Scolastica medievale, il mondo di Tommaso e di Dante Alighieri. Whitehead ha giustamente notato che, agli occhi degli Scolastici, le tesi della nuova scienza apparivano del tutto irrazionali e insensate. Non erano loro «irrazionali»; al contrario, irrazionali erano Galileo e i suoi seguaci. I «nuovi signori del destino» non avevano infatti e in realtà niente da dire sulle ragioni del tutto.«Dal punto di vista spirituale, fu l'inizio di un'era glaciale» (pagina 538), fu l'inizio di una grande decadenza morale, fu l'inizio di ciò che Nietzsche, e noi con lui, chiamiamo «nichilismo».Proprio il Nietzsche della Genealogia della morale l'aveva capito: «Da Copernico in poi, si direbbe che l'uomo sia finito su un piano inclinato - ormai va rotolando, sempre più rapidamente, lontano dal punto centrale - dove? nel nulla? nel trivellante sentimento del proprio nulla?». Infatti, «se si prescinde dall'ideale ascetico, l'uomo, l'animale uomo non ha avuto fino a oggi alcun senso. La sua esistenza sulla terra è stata vuota di ogni meta» (pagina 366). Insomma, come pensa Koestler, anche per Nietzsche è in generale la religione che ha illuminato e guidato per millenni la vita dell'umanità, per esempio interpretandone, e così giustificandone, la sofferenza e i mali assurdi dell'esistenza e del destino. L'imporsi della visione delle cose prodotto dalla rivoluzione scientifica non ha invece lasciato all'uomo alcuna soluzione, se non quella della autodistruzione, secondo la logica di una cieca volontà di potenza: agghiacciante esito che Nietzsche argomenta così: «E per ripetere in conclusione quel che già dissi all'inizio: l'uomo preferisce ancora volere il nulla piuttosto che non volere» (pagina 367).Con l'avvento della scienza moderna, il sapere dell'uomo, dunque, «andò in pezzi separati», specializzandosi e frantumandosi in modi sempre più diffusi e rapidi: come recuperare il senso unitario, organico, «transdisciplinare», del sapere? Ma siamo noi ancora in grado di pensare il sapere transdisciplinarmente? Possiamo davvero immaginare un rinnovato «Rinascimento»? È curioso, ma proprio un tratto caratteristico del percorso della grande opera di Koestler, proprio quel tratto che suscita in particolare il nostro interesse e la nostra ammirazione, sembra nel contempo smentirsi e smentirci. Tutto il racconto dei Sonnambuli mostra magistralmente che il cammino delle cosmologie scientifiche, e di tutta la scienza, sono lontanissimi dall'essere, come si dice, «razionali»: nascono da intuizioni e ipotesi visionarie, da precarie pretese e da improbabili immagini di sogno, all'interno di contesti e di vite personali attraversati dal caso, dall'errore, dalla cieca violenza o dalla casualità estrema; ciò che si era immaginato non accade; magari accade invece tutt'altro: si crede di trovare la Cina e si trova l'America, si immaginano cerchi e sfere perfette e si scoprono ellissi. La ripetuta esaltazione delle garanzie del «metodo scientifico» mostra, alla prova dei fatti, la sua sostanziale lontananza dalla realtà delle cose e dalle contingenze della vita; ogni preteso ordine rivela contestualmente la sua approssimazione e il suo caos.Una storia suggestiva e appassionante, molto «umana, troppo umana». E tuttavia: strano, la denuncia di irrazionalità congenita al fondo dell'operare scientifico presuppone una nozione di ordine, di coerenza razionale, che è quella appunto che si è imposta a noi in base ai «pezzi separati» costituiti dai saperi scientifici specialistici. Sono essi che stabiliscono, certamente solo a cose fatte, come si deve condurre l'esperimento e la ricerca, secondo oggettività universali costruite a posteriori, ma rivelatesi nel corso di esperienze precarie e contingenze imprevedibili, quelle della vita reale, della esistenza concreta e delle sue vicende contraddittorie, immaginarie, tortuose, tormentate, spesso neppure onestamente riferite, insomma tutto, fuorché qualcosa di cosiddetto «razionale» (detto appunto così dalle nostre «logiche» specialistiche costruite a tavolino). Anche la scienza è irrazionale, o ha l'irrazionalità, peraltro spesso feconda, dei suoi «sonnambuli» cultori, santi ed eroi, dalle vite non esenti, come quelle di tutti, da meschinità, errori e quotidiane miserie.Ma, osservava Heidegger, bisognerebbe prima definire chiaramente che cosa è ragione, per sostenere che qualcosa è «irrazionale». Forse la nuova unità del sapere, il suo senso «umano» transdisciplinare, è celato al nostro sguardo proprio là dove non guardiamo mai o preferiamo non guardare: al concreto mondo della vita e alle sue provvisorie operazioni, alle sue esistenziali «biografie», ogni volta contingenti, ogni volta in problematico cammino tra le stelle, da cui balenano ordini provvisori ed esiti imprevedibili, sensi meramente possibili. Certo, non una «scienza», ma forse un nuovo «sapere» complessivo del mondo della esperienza di tutti e della sua storia di «pratiche» intrecciate e complesse in cammino. Il libro di Koestler rivela in tal senso tutta la sua importanza.
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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