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2020-11-21
Il governo si è accorto del pasticcio sugli aiuti alle aziende. Ma ora è tardi
Roberto Gualtieri (Ansa)
Avete presente il Titanic? Con l'orchestrina che ancora suonava nel salone, mentre la terza classe era sott'acqua e la nave già inclinata? È l'immagine del naufragio che sta per accadere sul fronte degli aiuti alle imprese. La magnifica corazzata della «potenza di fuoco» varata tra marzo e maggio sta facendo acqua da tutte le parti. L'orchestrina la dirige il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri che l'altro ieri - di fronte alla precisa domanda del senatore Alberto Bagnai, finalizzata a sapere ci fosse pericolo di restituzione degli aiuti statali eccedenti 800.000 euro - con spavalda sicumera dichiarava in audizione al Senato che «tale pericolo non sussiste». Quindi possono stare tranquilli tutti gli imprenditori italiani che in questi giorni si consultano con i loro commercialisti e avvocati per cercare di reperire aiuti muovendosi nella selva di quasi 800 articoli disseminati in 6 decreti dal Cura Italia di marzo al Ristori bis di qualche giorno fa.
Invece noi, forse perché più vicini alla terza classe già sott'acqua, vediamo bene sia lo squarcio nella fiancata e sia l'acqua che entra impetuosa. E lo facciamo basandoci, come al solito, sugli atti. Dopo averne scritto diffusamente per tre giorni nella scorsa settimana, da ultimo, ci rifacciamo alla risposta fornita dal Mef a una interrogazione presentata lunedì 16 dagli onorevoli di Fratelli d'Italia Galeazzo Bignami e Marco Osnato. Con tale domanda si chiedeva se il governo avesse avviato una interlocuzione con la Commissione Ue al fine di evitare la restituzione degli aiuti eventualmente eccedenti il tetto di 800.000 euro previsto dal Temporary framework (Tf) del 19 marzo. Giova segnalare che, in molti casi, gli aiuti sono pure soggetti a tassazione, riducendo ancor più il beneficio netto ed aumentando lo sconcerto delle imprese.
Tale quesito era formulato a proposito di una delle tante norme che concorrono al raggiungimento di tale limite: lo stralcio del saldo e primo acconto Irap di cui all'articolo 24 del decreto Rilancio. La risposta del Mef è, a dir poco, imbarazzante. Dà infatti ormai per perso il negoziato con la Commissione relativamente alla definizione del beneficiario degli aiuti: non la singola persona giuridica, non l'«impresa unica» come definita ai fini del «de minimis», ma l'«unità economica», che è qualcosa che somiglia, ma nemmeno coincide perfettamente, con la definizione di gruppo societario. Insomma, un bel grattacapo per tutte le imprese italiane. Al Mef si sono resi conto della falla - di cui La Verità vi aveva già riferito in anteprima l'11 novembre, citando fonti riservate della Commissione - e nella risposta agli onorevoli, segnalano «che sono attualmente in corso contatti con i competenti servizi della Commissione europea» per ricondurre lo sgravio Irap entro il più alto limite di 3 milioni, consentito da una recente sezione del Tf (3.12). Con ciò segnalando le difficoltà in cui si dibattono e ammettendo candidamente che «tale iniziativa si è resa indispensabile in conseguenza della nozione di impresa unica ritenuta applicabile dalla Commissione europea anche alla disciplina di aiuti adottata mediante il richiamato Temporary framework». Viva la sincerità e «tutto molto bello», avrebbe detto Bruno Pizzul, se non fosse per due enormi macigni posti sulla strada di questo estremo tentativo dei tecnici di via XX Settembre: primo, lo sgravio Irap è stato concesso a tutte le imprese, senza condizioni, mentre la sezione 3.12 del Tf prevede che, per beneficiarne, ci sia stato un calo del fatturato (in un periodo del 2020 o fino al 30/6/2021) pari almeno al 30% rispetto ad un corrispondente periodo del 2019. Secondo, quella misura prevede un contributo commisurato ai costi fissi non coperti che, con lo sgravio Irap non c'entrano nulla.
Richiamando il 3.12 del Tf, il governo segna inoltre un clamoroso autogol. Ammette infatti l'esistenza di aiuti statali con limiti più alti che, nonostante la Commissione li abbia ammessi sin dal 13/10, non hanno trovato alcuno spazio nei due decreti «Ristori» adottati fino a oggi. Quindi lo strumento c'era, si poteva utilizzare e non lo si è fatto. A peggiorare il quadro, per il futuro il governo rimanda la palla nel campo delle Regioni, inserendo la facoltà di sfruttare la sezione 3.12 del Tf, nell'articolo 107 della legge di bilancio per il 2021, dove affiora pure la possibilità di rimborsare i contributi eccedenti entro il 30/6/2021. Segno che il problema esiste, checché ne dica Gualtieri. Il quale non ha avuto dubbi, sempre giovedì in audizione, sull'altro tema posto sempre su queste colonne: conveniva forse chiedere almeno una parte degli aiuti sotto la causale «calamità naturale/cause eccezionali», anziché «grave turbamento dell'economia», dove quest'ultima è soggetta ai limiti anzidetti? Secondo il ministro abbiamo scelto la seconda opzione, perché la prima è soggetta a «un regime più stringente» con gravosi oneri di rendicontazione. Allora Gualtieri ci dovrebbe spiegare perché la Danimarca, il 20 marzo (stesso giorno della pubblicazione in Gazzetta ufficiale del Tf, che straordinario tempismo!) notificava alla Commissione una norma che concedeva aiuti alle imprese, a condizione che avessero perso almeno il 40% del fatturato, a partire dal 25% fino al 100% dei costi fissi (affitti, interessi, altre spese non rinegoziabili, ecc…), con ciò inondando con 5,4 miliardi di euro di aiuti un Paese che ha un'economia pari a un sesto della nostra. La decisione di approvazione di questo aiuto, è stata adottata dalla Commissione l'8 aprile, esattamente 3 mesi prima della decisione a favore dell'Italia per il contributo a fondo perduto che stanziava 6,2 miliardi di aiuti. In essa è spiegato per filo e per segno perché il Covid è una causa eccezionale che giustifica aiuti adeguati. Loro l'hanno fatto, noi abbiamo fatto tardi e poco. Sono i numeri che parlano da soli.
Altri (pochi) soldi al decreto Ristori
Il ministro del Tesoro Roberto Gualtieri metterà nuove risorse, circa 1,3-1,4 miliardi di euro, per finanziare le aziende che perderanno fatturato a seguito del peggioramento della fascia in cui risiedono.
Lo ha detto ieri il numero uno di via XX Settembre a Omibus su La7 precisando che i soldi sarebbero stati stanziati nel Consiglio dei ministri che si è tenuto ieri. «Metteremo altre risorse, circa 1,3-1,4 nel fondo che consente di finanziare i ristori in automatico alle regioni che peggiorano di fascia», ha detto. «Poi», ha proseguito Gualtieri, «per poter usare un'altra parte di risorse dovuta ad un andamento economico un po' migliore delle previsioni, chiederemo al Parlamento l'autorizzazione a uno scostamento che ci darà alcuni miliardi aggiuntivi per rafforzare le misure di sostegno economico e accompagnare l'economia nella fine d'anno».
Viene però da chiedersi, viste le cifre già stanziate, come mai il governo continui a stanziare per il decreto Ristori cifre tanto esigue. Il governo ha da poco fatto sapere che per coprire i fondi necessari fino a fine anni avrebbe stanziato altri sette miliardi.
È chiaro a tutti, dunque, che il miliardo e poco più dichiarato da Gualtieri, che molto probabilmente servirà da base per il decreto Ristori ter, non sarà sufficiente e servirà, ancora una volta, mettere mano al portafoglio.
Al momento, quindi, la prospettiva sembra essere quella di un decreto Ristori ter in arrivo a inizio 2021 e la probabile messa in cantiere di un decreto Ristori quater che andrà finanziato con altro deficit.
«Quando abbiamo fatto gli scostamenti per 100 miliardi saremmo dovuti andare a un deficit al 10,8%. Adesso», continua il ministro, «con tutta la riduzione delle entrate, con gli 1,4 miliardi che metteremo nel decreto di oggi (ieri per chi legge, ndr) che ci porta a 100 miliardi spesi, al netto delle risorse già messe nei decreti ristori uno e due, stiamo sotto il 10,8% di circa 6 miliardi».
Come ha spiegato ieri Gualtieri, «con cento miliardi di spesa il deficit è più basso perché abbiamo avuto più entrate. Le stime ci dicono che ci sarà una riduzione delle entrate, ma questo non fa saltare i conti, anzi abbiamo ancora margine rispetto a quanto ci eravamo dati precedentemente».
Gualtieri ieri ha sottolineato che per le nuove risorse non servirà un nuovo scostamento, anche se nei primi mesi del 2021 sarà comunque necessaria una nuova operazione di bilancio. Su questa Gualtieri spera di non trovare ostacoli da parte dell'opposizione.
Sempre nella giornata di ieri, il Movimento 5 stelle ha presentato un emendamento al decreto Ristori per regolamentare l'intera filiera della canapa, con anche la liberalizzazione della cannabis light, che ha un contenuto di principio attivo (Thc) al di sotto dello 0,5%. L'obiettivo della proposta è anche quello di regolare l'indotto distributivo, garantendo trasparenza delle informazioni e delle indicazioni relative ai prodotti commercializzati.
Resta il fatto che l'esecutivo pare andare avanti sempre con la stessa ricetta, quando si parla di ristori. Annunciare cifre esigue, per poi rifare i conti e scoprire che i fondi che servono sono ben di più di quelli previsti. È successo così per il primo e il secondo decreto Ristori e ora nulla lascia intendere che sarà diverso per i decreti ter e quater.
Proprio in un momento di difficoltà come quello che sta vivendo il Paese, sarebbe invece meglio avere le idee chiare sin da subito. Ma questo potrebbe non piacere agli elettori.
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Malgrado le rassicurazioni di Roberto Gualtieri, il Mef si arrende e ammette che sul «tetto» di 800.000 euro si è fatta confusione, come già spiegato dalla «Verità». Tecnici al lavoro, però la trattativa è in salitaIl ministro annuncia nuove risorse, circa 1,4 miliardi, per le imprese danneggiate dalla «retrocessione» della regione di appartenenza. Neppure queste basterannoLo speciale contiene due articoliAvete presente il Titanic? Con l'orchestrina che ancora suonava nel salone, mentre la terza classe era sott'acqua e la nave già inclinata? È l'immagine del naufragio che sta per accadere sul fronte degli aiuti alle imprese. La magnifica corazzata della «potenza di fuoco» varata tra marzo e maggio sta facendo acqua da tutte le parti. L'orchestrina la dirige il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri che l'altro ieri - di fronte alla precisa domanda del senatore Alberto Bagnai, finalizzata a sapere ci fosse pericolo di restituzione degli aiuti statali eccedenti 800.000 euro - con spavalda sicumera dichiarava in audizione al Senato che «tale pericolo non sussiste». Quindi possono stare tranquilli tutti gli imprenditori italiani che in questi giorni si consultano con i loro commercialisti e avvocati per cercare di reperire aiuti muovendosi nella selva di quasi 800 articoli disseminati in 6 decreti dal Cura Italia di marzo al Ristori bis di qualche giorno fa.Invece noi, forse perché più vicini alla terza classe già sott'acqua, vediamo bene sia lo squarcio nella fiancata e sia l'acqua che entra impetuosa. E lo facciamo basandoci, come al solito, sugli atti. Dopo averne scritto diffusamente per tre giorni nella scorsa settimana, da ultimo, ci rifacciamo alla risposta fornita dal Mef a una interrogazione presentata lunedì 16 dagli onorevoli di Fratelli d'Italia Galeazzo Bignami e Marco Osnato. Con tale domanda si chiedeva se il governo avesse avviato una interlocuzione con la Commissione Ue al fine di evitare la restituzione degli aiuti eventualmente eccedenti il tetto di 800.000 euro previsto dal Temporary framework (Tf) del 19 marzo. Giova segnalare che, in molti casi, gli aiuti sono pure soggetti a tassazione, riducendo ancor più il beneficio netto ed aumentando lo sconcerto delle imprese.Tale quesito era formulato a proposito di una delle tante norme che concorrono al raggiungimento di tale limite: lo stralcio del saldo e primo acconto Irap di cui all'articolo 24 del decreto Rilancio. La risposta del Mef è, a dir poco, imbarazzante. Dà infatti ormai per perso il negoziato con la Commissione relativamente alla definizione del beneficiario degli aiuti: non la singola persona giuridica, non l'«impresa unica» come definita ai fini del «de minimis», ma l'«unità economica», che è qualcosa che somiglia, ma nemmeno coincide perfettamente, con la definizione di gruppo societario. Insomma, un bel grattacapo per tutte le imprese italiane. Al Mef si sono resi conto della falla - di cui La Verità vi aveva già riferito in anteprima l'11 novembre, citando fonti riservate della Commissione - e nella risposta agli onorevoli, segnalano «che sono attualmente in corso contatti con i competenti servizi della Commissione europea» per ricondurre lo sgravio Irap entro il più alto limite di 3 milioni, consentito da una recente sezione del Tf (3.12). Con ciò segnalando le difficoltà in cui si dibattono e ammettendo candidamente che «tale iniziativa si è resa indispensabile in conseguenza della nozione di impresa unica ritenuta applicabile dalla Commissione europea anche alla disciplina di aiuti adottata mediante il richiamato Temporary framework». Viva la sincerità e «tutto molto bello», avrebbe detto Bruno Pizzul, se non fosse per due enormi macigni posti sulla strada di questo estremo tentativo dei tecnici di via XX Settembre: primo, lo sgravio Irap è stato concesso a tutte le imprese, senza condizioni, mentre la sezione 3.12 del Tf prevede che, per beneficiarne, ci sia stato un calo del fatturato (in un periodo del 2020 o fino al 30/6/2021) pari almeno al 30% rispetto ad un corrispondente periodo del 2019. Secondo, quella misura prevede un contributo commisurato ai costi fissi non coperti che, con lo sgravio Irap non c'entrano nulla.Richiamando il 3.12 del Tf, il governo segna inoltre un clamoroso autogol. Ammette infatti l'esistenza di aiuti statali con limiti più alti che, nonostante la Commissione li abbia ammessi sin dal 13/10, non hanno trovato alcuno spazio nei due decreti «Ristori» adottati fino a oggi. Quindi lo strumento c'era, si poteva utilizzare e non lo si è fatto. A peggiorare il quadro, per il futuro il governo rimanda la palla nel campo delle Regioni, inserendo la facoltà di sfruttare la sezione 3.12 del Tf, nell'articolo 107 della legge di bilancio per il 2021, dove affiora pure la possibilità di rimborsare i contributi eccedenti entro il 30/6/2021. Segno che il problema esiste, checché ne dica Gualtieri. Il quale non ha avuto dubbi, sempre giovedì in audizione, sull'altro tema posto sempre su queste colonne: conveniva forse chiedere almeno una parte degli aiuti sotto la causale «calamità naturale/cause eccezionali», anziché «grave turbamento dell'economia», dove quest'ultima è soggetta ai limiti anzidetti? Secondo il ministro abbiamo scelto la seconda opzione, perché la prima è soggetta a «un regime più stringente» con gravosi oneri di rendicontazione. Allora Gualtieri ci dovrebbe spiegare perché la Danimarca, il 20 marzo (stesso giorno della pubblicazione in Gazzetta ufficiale del Tf, che straordinario tempismo!) notificava alla Commissione una norma che concedeva aiuti alle imprese, a condizione che avessero perso almeno il 40% del fatturato, a partire dal 25% fino al 100% dei costi fissi (affitti, interessi, altre spese non rinegoziabili, ecc…), con ciò inondando con 5,4 miliardi di euro di aiuti un Paese che ha un'economia pari a un sesto della nostra. La decisione di approvazione di questo aiuto, è stata adottata dalla Commissione l'8 aprile, esattamente 3 mesi prima della decisione a favore dell'Italia per il contributo a fondo perduto che stanziava 6,2 miliardi di aiuti. In essa è spiegato per filo e per segno perché il Covid è una causa eccezionale che giustifica aiuti adeguati. Loro l'hanno fatto, noi abbiamo fatto tardi e poco. Sono i numeri che parlano da soli.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/il-governo-si-e-accorto-del-pasticcio-sugli-aiuti-alle-aziende-ma-ora-e-tardi-2648998716.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="altri-pochi-soldi-al-decreto-ristori" data-post-id="2648998716" data-published-at="1605909619" data-use-pagination="False"> Altri (pochi) soldi al decreto Ristori Il ministro del Tesoro Roberto Gualtieri metterà nuove risorse, circa 1,3-1,4 miliardi di euro, per finanziare le aziende che perderanno fatturato a seguito del peggioramento della fascia in cui risiedono. Lo ha detto ieri il numero uno di via XX Settembre a Omibus su La7 precisando che i soldi sarebbero stati stanziati nel Consiglio dei ministri che si è tenuto ieri. «Metteremo altre risorse, circa 1,3-1,4 nel fondo che consente di finanziare i ristori in automatico alle regioni che peggiorano di fascia», ha detto. «Poi», ha proseguito Gualtieri, «per poter usare un'altra parte di risorse dovuta ad un andamento economico un po' migliore delle previsioni, chiederemo al Parlamento l'autorizzazione a uno scostamento che ci darà alcuni miliardi aggiuntivi per rafforzare le misure di sostegno economico e accompagnare l'economia nella fine d'anno». Viene però da chiedersi, viste le cifre già stanziate, come mai il governo continui a stanziare per il decreto Ristori cifre tanto esigue. Il governo ha da poco fatto sapere che per coprire i fondi necessari fino a fine anni avrebbe stanziato altri sette miliardi. È chiaro a tutti, dunque, che il miliardo e poco più dichiarato da Gualtieri, che molto probabilmente servirà da base per il decreto Ristori ter, non sarà sufficiente e servirà, ancora una volta, mettere mano al portafoglio. Al momento, quindi, la prospettiva sembra essere quella di un decreto Ristori ter in arrivo a inizio 2021 e la probabile messa in cantiere di un decreto Ristori quater che andrà finanziato con altro deficit. «Quando abbiamo fatto gli scostamenti per 100 miliardi saremmo dovuti andare a un deficit al 10,8%. Adesso», continua il ministro, «con tutta la riduzione delle entrate, con gli 1,4 miliardi che metteremo nel decreto di oggi (ieri per chi legge, ndr) che ci porta a 100 miliardi spesi, al netto delle risorse già messe nei decreti ristori uno e due, stiamo sotto il 10,8% di circa 6 miliardi». Come ha spiegato ieri Gualtieri, «con cento miliardi di spesa il deficit è più basso perché abbiamo avuto più entrate. Le stime ci dicono che ci sarà una riduzione delle entrate, ma questo non fa saltare i conti, anzi abbiamo ancora margine rispetto a quanto ci eravamo dati precedentemente». Gualtieri ieri ha sottolineato che per le nuove risorse non servirà un nuovo scostamento, anche se nei primi mesi del 2021 sarà comunque necessaria una nuova operazione di bilancio. Su questa Gualtieri spera di non trovare ostacoli da parte dell'opposizione. Sempre nella giornata di ieri, il Movimento 5 stelle ha presentato un emendamento al decreto Ristori per regolamentare l'intera filiera della canapa, con anche la liberalizzazione della cannabis light, che ha un contenuto di principio attivo (Thc) al di sotto dello 0,5%. L'obiettivo della proposta è anche quello di regolare l'indotto distributivo, garantendo trasparenza delle informazioni e delle indicazioni relative ai prodotti commercializzati. Resta il fatto che l'esecutivo pare andare avanti sempre con la stessa ricetta, quando si parla di ristori. Annunciare cifre esigue, per poi rifare i conti e scoprire che i fondi che servono sono ben di più di quelli previsti. È successo così per il primo e il secondo decreto Ristori e ora nulla lascia intendere che sarà diverso per i decreti ter e quater. Proprio in un momento di difficoltà come quello che sta vivendo il Paese, sarebbe invece meglio avere le idee chiare sin da subito. Ma questo potrebbe non piacere agli elettori.
Il presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani, risponde al Maestro Riccardo Muti e si impegna a lavorare con il ministero degli Esteri per avviare contatti ai più alti livelli con la Francia per riportare a Firenze le spoglie del grande compositore Cherubini.
Michele Emiliano (Ansa)
Fino ad oggi, però, nessun risultato. Forse la comunicazione non è stata così «forte» come fu la lettera che proprio l’allora governatore dem inviò a tutti i dirigenti e dipendenti della Regione, delle sue agenzie e società partecipate, invitandoli a interrompere i rapporti con il governo di Netanyahu «a causa del genocidio di inermi palestinesi e con tutti quei soggetti ad esso riconducibili che non siano apertamente e dichiaratamente motivati dalla volontà di organizzare iniziative per far cessare il massacro nella Striscia di Gaza».
Ora, dopo l’addio di Emiliano e l’arrivo del neo governatore Antonio Decaro, gli sprechi non sarebbero stati eliminati dalle sette società nel mirino, parzialmente o interamente controllate dalla Regione Puglia: Acquedotto spa, InnovaPuglia, Aeroporti di Puglia, Puglia valore immobiliare, Terme di Santa Cesarea, Puglia sviluppo e Aseco. Infatti, secondo il report approdato in giunta regionale nel corso dell’ultima seduta, è stato evidenziato che non c’è stata riduzione di spesa di funzionamento in nessuna di queste, anzi in tre hanno addirittura superato i limiti per consulenze (Puglia sviluppo, Acquedotto e Terme di Santa Cesarea), mentre il dato peggiore è sulle spese di acquisto, manutenzione, noleggio delle auto o di acquisto di buoni taxi. Quattro società non hanno comunicato alcun dato, mentre Aeroporti ha certificato lo sforamento. Nel dettaglio, Acquedotto pugliese, anziché contenere le spese di funzionamento, le ha incrementate di 17 milioni di euro rispetto al 2024. La giustificazione? Il maggior costo del personale «riconducibile al rinnovo del contratto collettivo nazionale», ma pure «l’incremento delle risorse in forza alla società, spese legali, assicurazioni, convegni, pubblicità e marketing, buoni pasto, costi postali non ribaltabili all’utenza nell’ambito della tariffa del Servizio idrico integrato».
Per quanto riguarda le consulenze, invece, Aqp sostiene che, essendo entrati i Comuni nell’assetto societario, nella fase di trasformazione sono stati necessari 639.000 euro per le consulenze.
Aeroporti di Puglia attribuisce l’aumento di spese all’organizzazione del G7, anche se l’incremento dell’8,44%, secondo la società, «è comunque inferiore all’aumento del traffico registrato nel 2024 rispetto al 2023 (+10,51%) e quindi dei ricavi. Spese superate, alla faccia del risparmio, anche per auto e taxi: 120.000 euro in più. Costi lievitati anche per InnovaPuglia, la controllata che si occupa di programmazione strategica a sostegno dell’innovazione: 12 milioni di euro nel 2024 a fronte dei 7 milioni del 2023, passando, in termini percentuali sul valore della produzione, dal 18,21% al 43,68%. Di Aseco, la società in house controllata da Aqp e Ager che si occupa di smaltimento di fanghi e frazione organica dei rifiuti urbani, non si hanno dati aggiornati al punto che è stata sollecitata dalla stessa Regione a comunicarli.
Insomma, secondo la Regione, se aumentano i costi vanno ridotti i servizi poiché il Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica prevede quella di contenere le spese di funzionamento individuando specifici obiettivi di spesa come quelli per il personale e quelli per consulenze, studi e ricerche. E la stessa Regione, che ha potere di vigilanza e di controllo, dove accerta «il mancato e ingiustificato raggiungimento degli obiettivi di contenimento della spesa» può «revocare gli incarichi degli organi di direzione, amministrazione e controllo nominati nelle società». La palla passa a Decaro.
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