2020-06-24
Il governo resta sempre in ritardo. Corsa ai decreti per tappare i buchi
Pronto il dl Semplificazione e, a fine mese, il Cura Italia bis per rabboccare i fondi estivi della Cig e dei bonus Zingaretti celebra il taglio delle tasse a 16 milioni di lavoratori, ma scorda chi ha perso il posto per il Covid.Promesso quasi due mesi fa, il decreto Semplificazioni è previsto nel corso della settimana che si conclude venerdì 10 luglio. Dentro, il governo vorrebbe inserire un nuovo Codice dei contratti. Non c'è però ancora nulla di definitivo, perché Pd e 5 stelle non sono allineati sulle strade da percorrere. I secondi vorrebbero replicare il «modello Polcevera» (utilizzato per ricostruire il ponte Morandi), con una sospensione per due anni di tutto il Codice dei contratti e l'affidamento a commissari di tutte le opere pubbliche strategiche. L'area dem, invece, vorrebbe rivedere passo dopo passo il Codice stesso, modificando le norme del subappalto, della qualificazione delle stazioni appaltanti, delle società in house e del partenariato tra pubblico e privato.I lavori sul testo del decreto procedono, e sono stati accelerati per dare l'idea che il governo riesca a infilare in Gazzetta almeno un decreto al mese. Questo sulle semplificazioni burocratiche è infatti prodromico al testo che uscirà dal Cdm a fine luglio. Per quella data, i giallorossi lavorano a una sorta di Cura Italia bis. Con l'obiettivo di erogare nuova spesa a copertura della cassa integrazione e dei bonus Inps destinati alle famiglie e ai lavoratori autonomi. Pure su questo Pd e 5 stelle sono del tutto allineati. L'intento sembra quello di di prolungare l'agonia del Paese, e attendere che le aziende falliscano per poi erogare sussidi. Aggiungere qua e là budget per la cassa integrazione e risorse per i bonus. L'esecutivo giallorosso non studia, infatti, il modo per evitare i fallimenti, ma basa tutta la strategia elettorale sul sostegno a chi il lavoro non ce l'ha. Al grido di allarme di Carlo Sangalli lanciato durante gli Stati generali per le 270.000 piccole imprese a rischio crac si potrebbe rispondere concretamente nell'arco di pochi giorni. Il prossimo decreto avrebbe potuto contenere 50 miliardi di deficit ed essere tutto destinato a tagliare le tasse di chi produce. Tagliare il cuneo fiscale e l'Irap. Purtroppo non sarà così. Il governo di Conte mira ad altro, e si nutre di tavoli di crisi. Ciò che lascia perplessi è il passo della politica, che appare sempre indietro rispetto alla realtà. Quando è scoppiata la pandemia, molti analisti e qualche giornale tra cui La Verità, hanno sottolineato che per avere un'idea dell'entità delle misure da mettere in campo sarebbe bastato calcolare il Pil perso durante il lockdown e proiettare la somma nel corso del 2020. Almeno 200 miliardi, per stare larghi 300. Invece le prime proiezioni di Roberto Gualtieri sono state di 3,6 miliardi, specificando che l'importante sarebbe stato mantenere subito dopo i conti in ordine. Poi il decreto Cura Italia ha sforato per 25 miliardi. A seguire il dl Rilancio, con altri 55 di extradeficit e, in aggiunta, 100 come saldo netto a finanziare. E ora si rincorrono le lancette perché a Ferragosto i soldi (debiti, per essere precisi) saranno terminati. Così si realizza la Fase 3 di Conte: tappare i buchi delle due fasi precedenti. Il dramma è che il governo dovrà tornare in Aula e chiedere un nuovo sforamento, che durerà ben poco. Nel frattempo, ministeri come quello dei Trasporti lanciano piani di sviluppo e interventi drastici sulle infrastrutture del Paese. Con quali risorse? Se tutto lo stanziabile viene bruciato dalle fiamme della cassa integrazione e dai sussidi, e se il denaro del Recovery fund arriverà a fine 2021 - come molto probabile - nel frattempo il Paese dovrà infilarsi in un frigorifero e aspettare. Forse una nuova ondata, così il governo potrà chiedere l'aiuto del fondo Salvastati destinato alle emergenze. Ovviamente, è un paradosso. Ma attenzione: non c'è da escludere che qualcuno nella maggioranza possa aver pensato la stessa cosa. Scandoloso, ma c'è di peggio.Per esempio, il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, vive chino sulle slide convinto di essere rimasto a dicembre del 2019 a ripetere la stessa manfrina elettorale. «Le tasse? Noi le abbiamo abbassate. Dal 1° luglio ci saranno stipendi più alti per 16 milioni di lavoratori, grazie alla determinazione del Pd per la legge di bilancio del 2020. Da settembre non ci sarà più il superticket sulla sanità. Questo governo ha già abbassato le tasse e aumentato i salari», scrive su Facebook il fratello del noto attore. Gli è solo sfuggito che la manovra 2020 conteneva originariamente 12 miliardi di tasse, che si sono ridotte di un 20% solo perché il Covid ha travolto tutto. È vero, prevedeva un taglio del cuneo fiscale di circa 3 miliardi, che avrebbe aiutato circa 16 milioni di lavoratori - inclusi gli 11 che già godevano del bonus Renzi. Ma soprattutto Zingaretti dimentica che nel frattempo il Covid ha sterminato famiglie e posti di lavoro. Solo a marzo e aprile sono rimasti senza stipendio poco più di un milione di lavoratori in più. Di questi, oltre 400.000 hanno perso il posto: questi non godranno di alcun taglio del cuneo fiscale. Per rispetto nei loro confronti sarebbe meglio aggiornare il post su Facebook.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)