I sottosegretari Sileri e Costa parlano di fine dell’emergenza. Intanto, ieri è scattato l’ennesimo inasprimento. Gli esercenti fanno i poliziotti, la gente è nel pallone. E in molti non riescono nemmeno a scaricare la tessera.
I sottosegretari Sileri e Costa parlano di fine dell’emergenza. Intanto, ieri è scattato l’ennesimo inasprimento. Gli esercenti fanno i poliziotti, la gente è nel pallone. E in molti non riescono nemmeno a scaricare la tessera.«Transizione verso la normalità», annuncia il sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri. Meraviglioso! Ma intanto ti serve il tampone per andare a ritirare la pensione alle Poste. «Basta limiti per i positivi asintomatici», chiede l’omologo, Andrea Costa. Sacrosanto! Ma intanto, se hai più di 50 anni e rifiuti di porgere il braccio, ti becchi la multa. «Lo stato d’emergenza non va prorogato oltre il 31 marzo», pontificano il governo e le virostar. Finalmente! Ma intanto devi continuare a indossare le mascherine all’aperto. Servono? Non servono? «Non importa se scientificamente ha senso» imporle, spiegò, già nel 2020, Alberto Villani del Cts: esse sono comunque «un segnale». Il segnale che ci stanno prendendo per i fondelli? Ieri, con mezzo mondo che ormai cammina ad ampie falcate verso la fase di coesistenza pacifica col virus, in Italia è entrata in vigore un’altra tornata di regole deliranti. Sono scattate le sanzioni di 100 euro agli ultracinquantenni renitenti. I quali, tra due settimane, avranno l’obbligo di esporre il certificato Covid rafforzato sul posto di lavoro. Ai dipendenti più giovani, basterà quello base, quello che si ottiene con il test. E che serve anche per andare dal barbiere, dall’estetista, dal tabaccaio, negli uffici pubblici, in banca. Attenzione, però: se lo sportello Inps non è a portata di passeggiata e occorrono i mezzi, sappiate che per salire sull’autobus, o sulla metro, o sul tram, ci vuole di nuovo il super green pass. Che è richiesto anche nel bar dove, chi invece si muove a piedi, potrebbe sostare per sorseggiare un caffè. Prima dell’ennesima «stretta», come la chiamano giornali e tg, si poteva consumare liberamente una bevanda al bancone, o seduti fuori; adesso, scriverebbe Repubblica, «la ricreazione è finita». La tesserina per soli guariti e vaccinati è necessaria altresì nei ristoranti, negli hotel, nelle piscine, nelle palestre, nei cinema, nei teatri, nelle sale gioco, nei musei. Niente documento solo in alimentari e farmacie. Vi siete persi nei meandri delle disposizioni governative? Non vi allarmate: non siete duri di comprendonio voi, sono completamente matti loro. E stanno facendo impazzire anche gli italiani.Prendete il povero Cristo - è il caso di dirlo - di Bolano (La Spezia), che doveva semplicemente pagare le bollette. Una giornata di ordinaria amministrazione si è trasformata in una giornata di ordinaria follia. Il sacerdote Piero Corsi è stato irremovibile: io, il green pass alle Poste non lo mostro. Il don si è barricato nella filiale, abbarbicato allo sportello, finché non sono arrivati i carabinieri a trascinarlo fuori. Puntuale, è partita la denigrazione mediatica del personaggio. Il prete ha precedenti scabrosi, è in odore di sovranismo antivaccinale: litigò con un clochard, pubblicò vignette anti islamiche sui social e un post del sito Pontifex che, spiega Rai news, «attribuiva la colpa dei femminicidi alle donne». Persino chi vorrebbe essere obbediente, comunque, finisce per fare i conti con la deriva kafkiana della Covid-burocrazia. È il caso del toscano Rino Mastronardi, pilota automobilistico, sempre in giro per il mondo: si è ammalato durante un soggiorno ad Abu Dhabi, è rientrato dopo la guarigione, è vaccinato e, tuttavia, non riesce a ottenere il lasciapassare. Non l’ha presa bene: ha presentato una denuncia-querela contro Asl e Regione.Guai molto simili stanno capitando alle migliaia di sardi che, tra il 24 e il 28 gennaio, si sono recati fedelmente all’hub. La piattaforma nazionale è in tilt e i tempi per ricevere il certificato verde si sono dilatati: non arriva sullo smartphone nemmeno il cosiddetto Authcode, la stringa di lettere che va inserita sul sito del dicastero per scaricare il pass. E così, mentre a Roma si blatera di ritorno alla normalità, a Cagliari gli inoculati vengono trattati alla stregua di eversori no vax: niente mirto al bar, niente scommessina al punto Snai, niente lavoro e stipendio se, malauguratamente, gli esodati della card hanno già superato il mezzo secolo. L’assessorato alla Sanità, accertato che i disguidi riguardano pure altre Regioni, ha sollecitato Poste italiane, che gestisce il database telematico. «Risulta», è la giustificazione ufficiale, «un problema tecnico sul sistema dell’Anagrafe nazionale vaccini del ministero della Salute». Sintesi plastica della situazione: l’uomo del palazzo vede la luce in fondo al tunnel; l’uomo della strada inciampa sul «problema tecnico».Certo, si fatica a non lasciarsi contagiare dall’entusiasmo di Sileri. «Ne stiamo uscendo», giura, siamo allo svincolo «che porterà alla progressiva rimozione delle restrizioni». Il diavolo sta nei dettagli: quanto tempo richiede codesta «progressività»? Il collega Costa preconizza un’estate senza vincoli «se si è positivi asintomatici». Lo stato d’emergenza, assicurano entrambi, cesserà effettivamente il 31 marzo. Inoltre, sempre Costa, ammette che «vi è stato un incremento sicuramente eccessivo dell’utilizzo dei tamponi», quindi, «dobbiamo arrivare a riservare il tampone per chi ha sintomi», se l’obiettivo «è di arrivare a una fase endemica». Un tandem libertario che, stranamente, spunta in corrispondenza con il picco draconiano. Quasi come festeggiare la fine della guerra, mentre fuori dalla finestra ancora sibilano i proiettili. D’altro canto, non è che il Paese lo stia celebrando, l’ennesimo inasprimento. Per riparare alla comprensibile confusione mentale dei clienti, a Firenze i negozi hanno dovuto esporre un riepilogo delle regole in vetrina. A Napoli, al solito, sono più scafati: online era spuntata la lista dei locali no pass, che promettevano di chiudere un occhio, anzi, entrambi gli occhi, sui controlli del codice a barre. A Bari, Confesercenti lamenta: «I commercianti non possono sostituirsi alle forze dell’ordine». E un sondaggio commissionato dall’associazione certifica la prevedibile beffa dell’ecommerce: 1,9 milioni di nostri connazionali schiveranno l’obbligo di carta verde comprando online. In ogni caso, guai a fiatare: ora, «silenzio e serietà», direbbe Gustavo Zagrebelsky. O, al massimo, si parli solo per ricordare che «il green pass è uno strumento di libertà». E che la guerra è pace. E che l’ignoranza è forza. In Italia c’è il lockdown di fatto, ma Roberto Speranza lo chiama «restare prudenti». Noi, prudentemente, ci siamo rotti i cosiddetti.
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Marcello Degni ha rinverdito i suoi post social contro l’esecutivo, difendendo la bocciatura del progetto del Ponte sullo Stretto e invitando a votare «no» al referendum sulla riforma Nordio. La collega Franchi è stata consulente di Bellanova e Patuanelli.
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Sulla sentenza con cui la Corte dei Conti ha bocciato il Ponte sullo Stretto ci sono le impronte digitali di quella parte della magistratura che si oppone a qualsiasi riforma, in particolare a quella della giustizia, ma anche a quella che coinvolge proprio i giudici contabili.






