Nell'ultimo trimestre la produzione cala dello 0,3% rispetto ai tre mesi precedenti e la crescita tende a zero. Il Conte 1 aveva peggiorato il deficit ma creato spinte espansive, ora invece si va dritti verso la recessione.
Nell'ultimo trimestre la produzione cala dello 0,3% rispetto ai tre mesi precedenti e la crescita tende a zero. Il Conte 1 aveva peggiorato il deficit ma creato spinte espansive, ora invece si va dritti verso la recessione.L'Istat ha dato i numeri. E purtroppo sono peggio di quanto molti analisti si attendevano. L'altro ieri la notizia di un peggioramento del dato sull'occupazione e ieri la situazione preliminare del Pil. L'economia rallenta nell'ultimo trimestre del 2019. Il Pil cala dello 0,3% rispetto alla prima parte del semestre. Siamo di fronte all'inchiodata più brusca dal 2013, anche per il semplice fatto che se spostiamo lo zoom sul tasso tendenziale arriviamo a una crescita nulla. Mentre nel trimestre precedente avevamo un segno positivo dello 0,5%. Se l'economia è andata male nel 2019 non è certo solo colpa del governo. I fattori sono numerosi. Alcuni esogeni e altri invece legati alla precedente gestione, che è quella del Conte uno. Gli effetti di Quota 100 sono stati positivi e hanno comunque permesso minori spese rispetto all'impatto previsto sul deficit. Quota 100 ha generato un buon ricambio di occupazione, ma così buono come si era paventato. Al contrario il reddito di cittadinanza si è rivelato un nuovo ammortizzatore sociale (un costo) e non una leva per creare posti di lavoro (un investimento). Però è innegabile che la manovra del governo giallorosso aveva in sé spinte espansive con una buona tenuta sul rapporto deficit/Pil e un effetto non buono sul debito strutturale. Motivo per cui l'Ue ha sparato a pallettoni contro il governo, o meglio contro la Lega. Ma questo è il passato. Il dato negativo diffuso ieri dall'Istat deve invece farci rizzare le orecchie per gli enormi rischi che proietta sul futuro. Anche se Bruxelles e Fondo monetario internazionale hanno dedicato alla manovra 2020 parole di elogio (anche se tiepido), la realtà è che la legge di bilancio licenziata dal governo giallorosso è una bomba recessiva. Con la stima diffusa ieri del Pil (espresso in valori concatenati e corretto per il calendario e la stagionalità), si può tracciare anche un primo bilancio, sempre preliminare, per l'intero 2019. La crescita si attesterebbe allo 0,2%, in frenata rispetto al +0,8% del 2018. Il dato però, ricorda l'Istat, va utilizzato solo come riferimento in attesa del bilancio finale che arriverà a marzo. Congelando la situazione si potrebbe immaginare che il 2020 si chiuda con il medesimo valore di +0,2%. Purtroppo la stima tiene conto delle dichiarazioni d'intento del Mef e di Palazzo Chigi. Queste però hanno alcuni bachi all'origine. Dal momento che l'obiettivo di deficit è pari al 2,2% (a fronte di un 2,9% reale se fossero scattate le clausole di salvaguardia Iva) sono necessarie tasse per uno 0,7% del Pil. Ben 12 miliardi di euro suddivisi per imposte sui giochi, plastica, strizzate varie e pochissima spending review. Di questo 0,7% purtroppo uno 0,3% va sotto la voce di lotta all'evasione e sappiamo già (lo insegna anche la storia) che il governo dovrà coprire il mancato gettito con altre tasse sulle attività produttive che nei fatti andranno ad ammazzare quel già misero effetto sui consumi che dovrebbe derivare dal taglio del cuneo fiscale. In questo caso la medesima cifra (3 miliardi) sarebbe destinata a infilare tra i 20 e i 100 euro in più in tassa a circa 4 milioni di lavoratori dipendenti. Ricordiamo che il taglio del cuneo praticato da Romano Prodi aveva il doppio delle risorse e in pratica non sollevò in alcun modo il Pil. Messe in fila tutte queste tasse si capisce quanto la manovra 2020 sarà recessiva e zavorrerà anche quella del 2021. «Il rapporto tra deficit e Pil è vicino al 3% e per questo la manovra sarà restrittiva per 8 miliardi di euro senza considerare i 23,1 miliardi di clausole di salvaguardia», ha dichiarato lo scorso ottobre l'allora capo dell'ufficio studi di Confindustria, Andrea Montanino, che ha concluso: «Non ci sono molte risorse per fare altro». Riportiamo la frase perché Confindustria non è certo una associazione ostile al governo né al Pd. Purtoppo dallo scorso ottobre la situazione è peggiorata. Per evitare di far crollare il governo per via delle spaccature ideologiche tra Pd e 5 stelle e tra 5 stelle-Pd e Italia viva, quella che era già una brutta manovra è diventata pessima. Sono state alleggerite alcune voci e la pressione fiscale è stata spostata sulle partite Iva e sulla filiere del manifatturiero. Gli incentivi per l'industria sono stati depotenziati e al tempo stesso le parziali riforme del codice degli appalti hanno aggiunto altra burocrazia a quella già esistente. La possibilità di produrre ricchezza, già ai minimi, con questa frammentazione di tasse andrà sottozero. A quel punto sarebbe forse stato meno recessivo alzare l'Iva di una fettina, tagliare più cuneo e non bastonare le partite Iva. L'area dem non sembra però capire (d'altronde c'è sempre da scontare il dna comunista) che se nessuno produce ricchezza non servirà a nulla mettere le patrimoniali. Gli italiani si ritroveranno tutti più poveri e la fase due del governo sarà solo un modo per spingere in là nel tempo l'agonia.
Un frame del video dell'aggressione a Costanza Tosi (nel riquadro) nella macelleria islamica di Roubaix
Giornalista di «Fuori dal coro», sequestrata in Francia nel ghetto musulmano di Roubaix.
Sequestrata in una macelleria da un gruppo di musulmani. Minacciata, irrisa, costretta a chiedere scusa senza una colpa. È durato più di un’ora l’incubo di Costanza Tosi, giornalista e inviata per la trasmissione Fuori dal coro, a Roubaix, in Francia, una città dove il credo islamico ha ormai sostituito la cultura occidentale.
Scontri fra pro-Pal e Polizia a Torino. Nel riquadro, Walter Mazzetti (Ansa)
La tenuità del reato vale anche se la vittima è un uomo in divisa. La Corte sconfessa il principio della sua ex presidente Cartabia.
Ennesima umiliazione per le forze dell’ordine. Sarà contenta l’eurodeputata Ilaria Salis, la quale non perde mai occasione per difendere i violenti e condannare gli agenti. La mano dello Stato contro chi aggredisce poliziotti o carabinieri non è mai stata pesante, ma da oggi potrebbe diventare una piuma. A dare il colpo di grazia ai servitori dello Stato che ogni giorno vengono aggrediti da delinquenti o facinorosi è una sentenza fresca di stampa, destinata a far discutere.
Mohamed Shahin (Ansa). Nel riquadro, il vescovo di Pinerolo Derio Olivero (Imagoeconomica)
Per il Viminale, Mohamed Shahin è una persona radicalizzata che rappresenta una minaccia per lo Stato. Sulle stragi di Hamas disse: «Non è violenza». Monsignor Olivero lo difende: «Ha solo espresso un’opinione».
Per il Viminale è un pericoloso estremista. Per la sinistra e la Chiesa un simbolo da difendere. Dalla Cgil al Pd, da Avs al Movimento 5 stelle, dal vescovo di Pinerolo ai rappresentanti della Chiesa valdese, un’alleanza trasversale e influente è scesa in campo a sostegno di un imam che è in attesa di essere espulso per «ragioni di sicurezza dello Stato e prevenzione del terrorismo». Un personaggio a cui, già l’8 novembre 2023, le autorità negarono la cittadinanza italiana per «ragioni di sicurezza dello Stato». Addirittura un nutrito gruppo di antagonisti, anche in suo nome, ha dato l’assalto alla redazione della Stampa. Una saldatura tra mondi diversi che non promette niente di buono.
Nei riquadri, Letizia Martina prima e dopo il vaccino (IStock)
Letizia Martini, oggi ventiduenne, ha già sintomi in seguito alla prima dose, ma per fiducia nel sistema li sottovaluta. Con la seconda, la situazione precipita: a causa di una malattia neurologica certificata ora non cammina più.
«Io avevo 18 anni e stavo bene. Vivevo una vita normale. Mi allenavo. Ero in forma. Mi sono vaccinata ad agosto del 2021 e dieci giorni dopo la seconda dose ho iniziato a stare malissimo e da quel momento in poi sono peggiorata sempre di più. Adesso praticamente non riesco a fare più niente, riesco a stare in piedi a malapena qualche minuto e a fare qualche passo in casa, ma poi ho bisogno della sedia a rotelle, perché se mi sforzo mi vengono dolori lancinanti. Non riesco neppure ad asciugarmi i capelli perché le braccia non mi reggono…». Letizia Martini, di Rimini, oggi ha 22 anni e la vita rovinata a causa degli effetti collaterali neurologici del vaccino Pfizer. Già subito dopo la prima dose aveva avvertito i primi sintomi della malattia, che poi si è manifestata con violenza dopo la seconda puntura, tant’è che adesso Letizia è stata riconosciuta invalida all’80%.






