2018-09-26
Il governo inventa i Cir per vendere più Btp agli italiani. Le banche stanno alla finestra
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Dopo la moda dei Piani individuali di risparmio arrivati sul mercato nel 2016, ora potrebbero arrivare i Conti individuali di risparmio, meglio noti come Cir. L'idea, a firma di Armando Siri (padre della flat tax leghista e sottosegretario alle Infrastrutture), è quella di riuscire a portare questo strumento sul mercato il prima possibile. Ma se gli istituti non avranno un ritorno economico sui prodotti potrebbero decidere di non promuoverli.Al momento, non essendo ancora pronto il progetto di legge, i dettagli tecnici su questi prodotti potrebbero cambiare.Ciò che si sa è che si tratta di strumenti nati per incentivare gli investimenti in titoli di Stato, come i Btp. Un modo per garantire flussi di cassa per lo Stato, “ingolosendo" le persone fisiche residenti in Italia con un incentivo a livello fiscale. Questo significa che le aziende e le persone giuridiche non potranno farvi affidamento. Detto in parole povere, chi sottoscriverà i Cir potrà investire nel debito italiano puntando su interessi cedolari esenti dalla tassa sulle plusvalenze. Un risparmio “secco", quindi, del 12,5%, il livello di tassazione imposto dal governo Renzi per chi investe nel reddito fisso. Secondo le regole che si conoscono, possono essere compresi in un Cir tutti i titoli di Stato emessi dal Tesoro italiano a partire dal 2019. Conditio sine qua non è che le obbligazioni dovranno essere mantenute fino alla loro scadenza e non potranno essere date in garanzia per altre operazioni (come succede con i pronti contro termine). I gestori, inoltre, non potranno utilizzarli per operazioni short in titoli di Stato (ossia vendite allo scoperto). «Lo strumento dei Cir», dice Claudia Segre, presidente Global Thinking Foundation, alla Verità, «rappresenta un'ulteriore opportunità rispetto ai Pir e per gli investitori al dettaglio per godere di agevolazioni fiscali su prodotti legati a un diretto sostegno allo sviluppo del Paese. L'attuale situazione che evidenzia un'elevata volatilità sullo spread incide direttamente sulla parte a breve della curva dei tassi e quindi potrebbe scoraggiare proprio gli acquisti sulle scadenze fino ai cinque anni», spiega.Non è ancora chiaro se verrà inserito nel progetto di legge ma, secondo le indiscrezioni, al vaglio ci sarebbe poi l'ipotesi di inserire nei Cir anche altre tipologie di investimento come quella in azioni o in obbligazioni societarie (con una percentuale bassa tra il 5 e il 10% del valore dell'intero Cir). Secondo le attuali indiscrezioni, poi, nei Cir è possibile investire una cifra compresa tra i 30 e i 900.000 euro all'anno. Inoltre, anche in caso di fallimento, questi strumenti non possono essere pignorati. Attenzione, però, dice Claudia Segre. «Non c'è dubbio che tutti i prodotti che il governo propone per i piccoli risparmiatori possono però essere anche considerati alla stregua della solita soluzione di breve termine», continua l'esperta. «Cercare», però, «di aiutare una cittadinanza presso la quale scarseggiano le competenze economiche e finanziarie con prodotti di facile attrazione, invece di investire su una educazione finanziaria che porti i risparmiatori italiani a fare scelte consapevoli con maggiore sicurezza e senso di salvaguardia dei propri interessi», può non essere di grande aiuto.Per quanto riguarda i costi, all'interno della legge sui Cir lo Stato imporrà dei paletti chiari agli intermediari finanziari che li distribuiranno sul mercato. Il costo annuo massimo sarà legato alle commissioni di amministrazione, consulenza e gestione per un tetto che non potrà superare lo 0,15% del valore totale dell'investimento. Per il resto il prodotto sarà a tasso zero, esentasse e, anzi, all'ingresso garantirà un credito d'imposta del 3,5%.Oltre al vantaggio fiscale per i risparmiatori e la possibilità di garantire nuovi afflussi per le casse dello Stato, il ritorno verso investimenti di massa sulle obbligazioni sovrane avrebbe anche il non trascurabile vantaggio di abbassare la tensione sui titoli del debito pubblico e stabilizzarne le fluttuazioni. Con chiari benefici sullo spread e sulla capacità di indebitamento del Paese.Ma, anche se i dettagli non sono ancora stati svelati, c'è già chi fa emergere alcuni dubbi sui Cir. «Oggi la quota del debito pubblico detenuta direttamente dalle famiglie rappresenta poco più del 5% contro circa il 57% alla fine degli anni Ottanta», sottolinea Salvatore Gaziano, direttore investimenti di SoldiExpert Scf. «In un mercato del risparmio che in Italia è guidato dall'offerta e non dalla domanda, i Cir difficilmente sfonderanno se le banche e le reti di vendita non troveranno il modo di guadagnarci qualcosa di comparabile a quanto ricavano dalla vendita di altri strumenti», evidenzia. «Difficile quindi pensare che i Cir possano ripetere il successo dei Pir su cui sono confluiti 14,4 miliardi di risparmi degli italiani tra gennaio 2018 e giugno 2018 grazie al sostegno di banche e reti, motivate dalla possibilità di guadagnare su questi prodotti elevate commissioni di gestione e performance».Questo sarà sicuramente un punto fondamentale. Se questi prodotti non remunereranno adeguatamente le banche, allora saranno davvero pochi i risparmiatori che potranno vederli all'interno dei loro portafogli. Fiscalmente vantaggiosi o meno, così funziona il mercato italiano della distribuzione finanziaria.
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