2020-05-31
Il golden power bussa ad Autostrade Francesi e australiani sono avvertiti
Umesh Goswami/The The India Today Group via Getty Images
Il nuovo Dpcm consentirebbe al governo di mettere il veto sulle infrastrutture e potrebbe entrare a gamba tesa nel riassetto di Aspi e di Atlantia. Così per i Benetton verrebbe meno la spalla di Macquarie e Vinci.La prossima settimana dovrebbe portare la svolta definitiva nella quasi biennale partita tra il gruppo Atlantia e il governo. Iniziata dopo il crollo del ponte Morandi e il decesso di 43 automobilisti. Non a caso domani è fissata l'assemblea di Atlantia, la società che controlla Aspi (autostrade per l'Italia) durante la quale il gruppo cercherà di riorganizzare la cassaforte per parare le future decisioni del governo giallorosso. Con tale appuntamento in agenda, venerdì in tarda serata è stato reso noto il Dpcm che dà forma all'ultima versione del golden power, quella pubblicata in seno la dl Liquidità. Probabilmente la coincidenza temporale non è un caso. E l'ultima mossa del cdm sembra essere stata sventolata sotto il naso della famiglia Benetton per indicare agli imprenditori veneti il bivio forzato: accettare la revoca delle concessioni senza alcuna penale (ipotesi che in realtà il governo non vuole percorrere) oppure scendere a socio di minoranza di Autostrade, ma senza poter decidere chi saranno i partner di viaggio in futuro. Né per Aspi e nemmeno per Atlantia. In pratica, l'esercizio del golden power, cioè il potere di veto su operazioni considerate sensibili per la sicurezza nazionale, potrebbe estendersi anche a infrastrutture autostradali. A quel punto gli azionisti di Atlantia, la controllante, si troverebbero in un vero e proprio imbuto. Sopra avrebbero la minaccia della revoca e sotto la strettoia imposta dal governo. Dal quale dovrebbero ottenere il via libera prima di invitare nella compagine azionaria qualunque investitore. Al momento tutto è scritto sulla sabbia. Leggendo i testi, sia nel dl Liquidità che nel Dpcm appena partorito, non compare certo il nome di Atlantia o di Aspi. Siamo di fronte a norme abbastanza vaghe tutte da interpretare. Si parla infatti di poteri estesi alle società quotate e alle infrastrutture. Nel Dpcm c'è poi una lunga lista di attività o settori vigilati. Ad esempio il punto F dell'articolo 6 si sofferma sul trattamento dei dati relativi «al trasporto aereo, ferroviario e marittimo, rapido di massa e stradale e il monitoraggio dei flussi di passeggeri e merci». Il diavolo si nasconde nei dettaglio e il comma F potrebbe essere uno spunto diabolico per dare il via alla battaglia finale contro Ponzano Veneto. Almeno, ci immaginiamo in queste ore i legali dei Benetton intenti a studiare il Dpcm perché, anche se non c'è alcuna conferma sul fatto che il governo pensi concretamente di brandire il golden power, non sarebbe agevole imbarcarsi in un'altra causa dopo il contenzioso sulla concessione. E a volte l'effetto deterrente è la vera arma. Soprattutto quando le mosse degli scacchi si giocano su diversi piani. C'è infatti la partita di Autostrade dove Atlantia prima sembrava disposta a scendere sotto il 50% e poi avrebbe cambiato idea. Qui marcia compatto il duo F2i e Cdp, che dovrebbero e vorrebbero entrare come azionisti di maggioranza. Al di là delle dichiarazioni del gruppo Benetton, ai fianchi della partita si muove l'iper attivo fondo australiano, Macquarie. In Italia è rappresentato da Fulvio Conti, è seguito da Rothschild, il cui vice presidente è Paolo Scaroni, ed è consigliato da Claudio Costamagna che conosce da vicino la macchina di Cdp, avendola guidata per tre anni. Il fondo ha avuto accesso alla data room, ma le sue mosse imbarazzano il fisco italiano. Macquarie bank, infatti, ha visto l'avvio di un processo in Germania che la vede coinvolta, assieme a una decina di altri istituti, in una maxi frode all'erario europeo per un totale di 55 miliardi. L'accusa riguarda transazioni fraudolente risalenti agli anni Novanta e che avrebbero sottratto imposte a varie nazioni. Le perdite per il nostro erario sarebbero di circa 4 miliardi. Non c'è ancora la sentenza, ma gli australiani puntano comunque a una quota di minoranza e per lo Stato sarebbe complicato averli soci assieme a Cdp. Tanto più che esiste un precedente pure in Aeroporti di Roma, dove il fondo australiano è entrato e uscito con plusvalenza, nonostante le promesse di voler investire a lungo termine. È chiaro che il golden power potrebbe essere un messaggio chiaro e destinato al fondo della terra dei canguri. Ma lo stesso schema si presterebbe pure per l'altro piano parallelo, quello di Atlantia. I Benetton hanno fatto sapere di volersi diluire. Uno dei rumor in circolazione racconta di un possibile interesse di Vinci, il colosso francese con un giro d'affari di oltre 45 miliardi. Nelle ultime settimane il gruppo di Ponzano Veneto ha ventilato l'idea di partecipare a un gruppo paneuropeo. C'è chi ha visto il tentativo di rafforzarsi le spalle contro il governo: perdere quote in Autostrade e in cambio farsi un socio che parla francese. E che dialoga pure con Emmanuel Macron. Vedremo come finirà la partita a scacchi, ma la bandiera francese ora non salva dalla scure del nuovo golden power. Così sia francesi sia australiani sono avvertiti.