
Solo 7.100 esemplari rimasti dell'animale più rapido sulla Terra, che sfreccia fino a 120 all'ora. Gli sceicchi pagano 10.000 dollari per sfoggiarlo sugli yacht, i bracconieri lo uccidono per le pellicce. L'80% dei cuccioli muore a causa dell'impoverimento genetico.Passa da 0 a 64 chilometri all'ora in tre falciate. Ed è capace di toccare i 120 chilometri orari. Il ghepardo (Acinonyx jubatus) è l'animale terrestre più veloce, ma la sua straordinaria capacità di corsa non dipende, come si credeva finora, solo dai muscoli slanciati e scattanti, dalla flessibilità dell'ossatura, dal cuore potente, dalle grandi narici che gli permettono di inalare tanto ossigeno, dalla coda usata come fosse il timone di una nave, per sterzare e mantenere l'equilibrio. Un altro suo segreto, come ha svelato un recente studio pubblicato su Scientific Reports, si cela nell'orecchio interno. Se si guarda al rallentatore un ghepardo che corre, si può notare che tende a tenere la testa ferma e gli occhi puntati sulla preda anche mentre viaggia a 100 all'ora. Com'è possibile? Per capirlo, i biologi dell'American museum of natural history hanno indagato il suo orecchio interno, cruciale per il mantenimento dell'equilibrio e della postura ferma della testa. E hanno scoperto che è diverso da quello di tutti gli altri felini viventi. I ghepardi hanno un sistema vestibolare che occupa più volume nell'orecchio interno, e canali semicircolari allungati, che permettono una più rapida risposta ai movimenti della testa. Ciò gli consente di tenere lo sguardo sulla preda anche mentre tutto il resto del suo corpo si muove. E tenendo la testa ferma riesce a essere ancora più veloce. Si tratta di un adattamento alla caccia piuttosto recente. I ghepardi estinti non avevano le stesse caratteristiche anatomiche. Come ha spiegato Camille Grohé, a capo dello studio, «la competizione con altri predatori, in particolare i grandi panterini e le tigri dai denti a sciabola, ha costretto il ghepardo a evolvere una strategia per cacciare ad alta velocità». Lo scatto da Formula 1, tuttavia, non basta al felino per sfuggire al suo nemico numero uno: l'estinzione. Secondo uno studio della Zoological society di Londra, di fatto l'ultimo censimento della popolazione dei ghepardi che sopravvivono allo stato selvatico, ne sono rimasti solo 7.100 e solo in sei nazioni dell'Africa meridionale. Il che significa che questi mammiferi sono stati cacciati dal 91% del loro territorio. In Zimbabwe il dato più impressionante: in 16 anni la popolazione di ghepardi è crollata da 1.200 esemplari a soli 170. Il pericolo arriva da più fronti. I bracconieri, per esempio, che li cacciano per le loro pellicce. Gli allevatori che li uccidono per proteggere il bestiame. Il traffico illegale che in alcune aree del Golfo persico spinge ricchi acquirenti a pagare fino a 10.000 dollari per tenere in casa o sfoggiare sugli yacht un esemplare come animale da compagnia (il felino maculato, docile e mansueto, può essere addomesticato con facilità). Secondo il Fondo per la protezione dei ghepardi, almeno 1.200 cuccioli sono stati portati via dall'Africa negli ultimi 10 anni, e circa l'85% è morto durante il viaggio. Il ghepardo è a rischio estinzione anche per via del danneggiamento del suo patrimonio genetico, avvenuto durante la lunga migrazione che dal Nord America, dove è apparso 3,5 milioni di anni fa, lo portò in Africa. La lunga migrazione, iniziata circa 100.000 anni fa, ha provocato infatti un limitato flusso genetico dovuto al fatto che gli individui erano pochi e distribuiti su un territorio vastissimo, fenomeni che hanno accresciuto le nascite tra esemplari imparentati e consanguinei. Oggi questa specie deve far fronte a un forte impoverimento della propria variabilità genetica (pari a circa il 90-99% di quella tipica osservata nei mammiferi allo stato selvatico) che porta al danneggiamento dello sviluppo dello sperma, e di conseguenza mette a rischio il successo riproduttivo. Molti cuccioli muoiono a causa delle forti anomalie nello sviluppo degli spermatozoi (fino all'80%) e per la vulnerabilità alle malattie infettive. Oltretutto, nonostante il ghepardo sia il più forte velocista della terra, neanche nutrirsi è impresa facile. Durante la caccia, che avviene all'alba al tramonto, con uno scatto fulmineo si lancia all'inseguimento della preda (in genere una gazzella o un'antilope) e con un balzo finale la atterra, mordendola alla gola. Qualche volta, però, è così esausto per la corsa, spinta alle massime possibilità, che iene e leoni riescono a sottrargli la preda appena catturata. E a volte lo uccidono.In Namibia la zoologa americana Laurie Marker, ribattezzata «la donna che sussurra ai ghepardi», da oltre 30 anni vive e si batte per i felini maculati. Il suo Cheetah conservation fund si occupa, oltre che di assistere animali feriti, anche di educare i pastori a una convivenza con i predatori. Nel centro c'è un piccolo allevamento di cani pastore dell'Anatolia, che «sono in grado di allontanare i ghepardi dal gregge. Questi cani sviluppano uno stretto legame con il gregge, lo proteggono. Così non è più necessario uccidere i predatori». Il Cheetah conservation fund è anche un luogo «dove i visitatori possono venire a conoscere da vicino la magnificenza e la grazia dei ghepardi. Abbiamo perso il 90% della popolazione mondiale di ghepardi nell'ultimo secolo, e se vogliamo vedere ancora ghepardi nei prossimi 100 anni, dobbiamo agire ora per fermare la perdita di habitat, il conflitto uomo-animale e il commercio illegale di animali. Dobbiamo vincere la corsa per salvare il ghepardo».
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