2019-06-12
Il gay pride inneggia alla rivolta omo contro madre e padre sui documenti
La richiesta nel manifesto politico: «Via il decreto Salvini». A Venezia battaglia per la carta d'identità di una bimba.«Oggi i «pride» che conosciamo sono marce festose e civili, ma non dobbiamo mai abbandonare quella vena di lotta e di rivoluzione che ha dato vita al nostro movimento, esattamente 50 anni fa. Oggi dobbiamo recuperare quella grinta, quella forza, quella determinazione che ci ha portato ad alzare la testa, a decidere che eravamo definitivamente stanchi di essere discriminati e maltrattati». Appare piuttosto bellicoso il «documento politico» diffuso dagli organizzatori del gay pride di Milano (previsto il 29 giugno al termine di una settimana di «orgoglio»). E in effetti l'edizione 2019 della manifestazione ha come titolo «La prima volta fu rivolta». Leggendo la dichiarazione d'intenti di cui sopra è evidente che ormai la sfilata arcobaleno non ha più a che fare con l'abbattimento delle discriminazioni, ma è una vera e propria marcia politica, che avanza - per altro con durezza - rivendicazioni molto precise. Viene da chiedersi se gli esponenti del Partito democratico (che da giorni fanno pubblicità ai vari pride) le abbiano lette e le condividano. E se, soprattutto, condividano l'afflato «rivoluzionario» che permea il documento. obiettivi chiari In ogni caso, appoggio del Pd o meno, gli attivisti Lgbt hanno obiettivi molto chiari. Tra questi c'è l'abolizione della dicitura «padre» e «madre» sui documenti ufficiali. «È dei primi giorni di aprile», scrivono gli organizzatori del Milano pride, «il decreto interministeriale che obbliga le anagrafi a tornare ad usare i termini “padre" e “madre" sui documenti d'identità dei minori. Tale decreto rispecchia la volontà discriminatoria e la totale mancanza di rispetto che questo governo rivolge ai nostri percorsi affettivi, genitoriali e familiari, violando il diritto del minore a vedersi riconosciuta la propria identità e la propria origine. Esigiamo pertanto», concludono gli attivisti, «che il decreto venga immediatamente ritirato o modificato, e che sia in grado di garantire il pieno rispetto delle persone, chiunque esse siano e qualsiasi storia esse abbiano». La battaglia contro madre e padre non viene combattuta soltanto a parole o durante le sfilate. Riguarda anche casi concreti, e proprio per questo si preannuncia aspra. Ieri i principali siti d'informazione hanno riportato - tutti allo stesso modo - una notizia riguardate una bambina veneziana.tutti in coro «A Venezia c'è una bimba senza identità», scrive il Corriere della Sera. «Almeno così sembrerebbe apparire agli occhi degli impiegati dell'ufficio anagrafe della municipalità di Favaro Veneto, che dal mese scorso non sanno come compilare il documento». «L'anagrafe non sa cosa scrivere su “padre" e “madre": negata carta d'identità alla figlia di coppia gay», tuona l'Huffington Post. Ovviamente, tutti puntano il dito contro la decisione di Matteo Salvini (pubblicata a fine aprile in Gazzetta ufficiale) di reintrodurre le diciture «padre» e «madre» sui documenti d'identità dei minorenni. A causa di tale sciagurato provvedimento, una povera bimba sarebbe addirittura «priva di identità». In verità, le cose non stanno proprio così. La piccola in questione ha 7 anni. La madre biologica ha una relazione con una donna a cui, nel 2018, è stato consentito dal tribunale per i minorenni di Venezia di adottare la bambina. Un caso di «stepchild adoption», insomma. Il giudice, per altro, al momento di concedere l'adozione si premurò di precisare che alla piccola fosse garantita «l'opportunità di relazionarsi con persone a orientamento non omosessuale».Il mese scorso, le due mamme - guarda caso proprio mentre la norma salviniana entrava in vigore - hanno deciso di richiedere la carta d'identità per la figlioletta. «Gli impiegati dell'anagrafe si sono dimostrati collaborativi ma, dopo qualche telefonata andata a vuoto, non sapevano come compilare i dati anagrafici», ha spiegato la madre biologica al Corriere della Sera. «Inserire un nome palesemente femminile di fronte alla dicitura “padre", tanto voluta da Salvini, rischierebbe infatti di trasformare quel documento in un falso». La povera bimba, dunque, sarebbe priva di documento, anzi di «identità» e gravemente discriminata. nessun allarmeI funzionari dell'anagrafe di Favaro Veneto, sentiti ieri dalla Verità, sembrano decisamente meno allarmati. Sono certi che il caso verrà risolto in tempi brevi, e sono già pronti a fornire alla bimba una carta d'identità cartacea. Non solo: spiegano che la piccola non ha alcun bisogno di indicare i nomi di entrambi i genitori onde ottenere il documento. Può farlo comunque, basta il nominativo della madre biologica e il gioco è fatto. Quanto alla madre adottiva, i tecnici del ministero dell'Interno sono al lavoro per fornire una soluzione univoca che riguardi tutti i casi analoghi con protagoniste coppie arcobaleno. Pare di capire, quindi, che questa vicenda veneziana sia sostanzialmente un'occasione di lotta politica, un modo per ribadire che in Italia gli omosessuali sono discriminati e perseguitati. Come stiano le cose, tuttavia, è limpido. La bimba di Venezia (a cui auguriamo di aver al più presto ogni documento necessario) non ha «due madri». Ha una madre biologica e una adottiva. E ha un padre. Solo che quel padre è un donatore anonimo reperito all'estero. Una figura che gli attivisti Lgbt pretendono di cancellare con un tratto di penna. Quel padre non è più un uomo, ma un fornitore di materiale biologico. In nome del progresso e dei diritti, ovviamente.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)