2021-06-22
Il flop delle primarie telecomandate. Ma Letta si gasa: «Avanti, popolo»
Sono lontani i tempi delle adunate democratiche: affluenza giù a Bologna e nel capoluogo piemontese A Roma, Marino e Calenda smascherano il Pd che annunciava 48.000 partecipanti: non arrivano a 37.000 E così, oltre a Romano Prodi (81), che almeno si mantiene giovane sognando ancora il Quirinale, sono invecchiate anche le famose primarie di Prodi. A quindici anni di distanza dalla loro prima edizione, con quattro milioni di votanti per eleggere il candidato premier della coalizione di centrosinistra che avrebbe dovuto sfidare Silvio Berlusconi, i gazebo di Bologna, Roma e Torino hanno certificato lo svuotamento ideologico (e perfino funzionale) di uno strumento nato per «dare voce al popolo» e finito per bollinare le scelte grigie dell'apparato piddino.Dell'affluenza si era già discusso nell'ultima settimana, dopo l'imbarazzante esito del voto «popolare» andato in scena a Torino, dove in una città di un milione di abitanti il Pd, due domeniche fa, ha portato al voto 12.000 persone scarse. Ovvero, a stento, gli abitanti della Collina torinese. A Bologna, ieri, le primarie per il candidato sindaco hanno registrato la partecipazione di 26.369 elettori, mentre a Roma, secondo gli organizzatori, avrebbero votato in 48.624 persone. Ma c'è chi dice, a cominciare da Carlo Calenda e dall'ex sindaco Ignazio Marino, che in realtà sono stati un bel po' di meno, ovvero non più di 37.000 persone. In ogni caso, al di là delle poco edificanti polemiche sulle operazioni di voto nella Capitale, resta il fatto che alle primarie del 2013, vinte dal chirurgo Marino, si presentarono in 110.000, ovvero quasi il triplo dello scorso weekend. E tuttavia, nonostante la preparazione da economista avvezzo a numeri e tendenze , Enrico Letta esulta. Anche se esulta per contratto, visto che è segretario del partito ed è pur sempre un figlioccio politico di Prodi. «Bene! La prima scommessa è vinta. Le primarie a Roma e Bologna sono un successo di popolo e pur in epoca Covid hanno affluenza come preCovid», racconta via Twitter. E poi, finalino da leader coreano: «Il successo di Lepore e Gualtieri dimostra che abbiamo avuto ragione a non aver paura a farle perché il popolo di centrosinistra è con noi. Avanti!» Ok, Avanti, ma senza voltarsi indietro per controllare in quanti sono alle spalle. Anche perché queste primarie, al di là del dubbio «successo di popolo», forse aprono più problemi di quanti ne risolvano.Il pasticcio più evidente è quello di Roma, dove cinque anni fa il Pd di Orfini e Renzi fu stracciato da Virginia Raggi e rischia nuovamente di sottovalutare la capacità del sindaco uscente dei 5 stelle di non farsi odiare e di navigare a vista nella mediocrità del quotidiano. Il candidato del partito è il dalemiano Roberto Gualtieri, sfrattato dal ministero dell'Economia per fare posto a Daniele Franco. L'ex ministro non è esattamente una macchina da voti o un leader capace di infiammare le piazze, nonostante tiri fuori la chitarra e l'amore per Roberto Falcao e Francesco Totti ogni volta che può. Anche perché se parlasse di Patto di Stabilità (che venera) e scostamento di bilancio, i romani lo guarderebbero strano. E sul piano tattico, con una destra che nella Capitale potrebbe piazzare il colpaccio, il fatto che l'ex ministro continui a escludere un apparentamento con i 5 stelle al secondo turno rischia di costare decisamente caro a Letta e compagnia. Una compagnia frammentata e che a Roma rischia la solita pugnalata tra compagni, visto che la benedizione di D'Alema a Gualtieri divide e Carlo Calenda, tutto sommato, piace a molta parte del Pd. In ogni caso, ieri non poteva non farsi vivo il Pugnalato per antonomasia, ovvero quell'Ignazio Marino che il Pd mandò a casa per far felici i poteri forti cittadini che volevano Alfio Marchini, salvo invece farsi travolgere dai grillini. L'ex sindaco, via Facebook, ha raccontato: «Secondo alcuni riscontri siamo sotto i 37.000 c'è chi dice 45.000, e parla di successo. In realtà, siamo ben lontani dai 110.000 Romani che votarono alle Primarie nel 2013 ed è un peccato perché è evidente che limitando il dibattito e usando espressioni come “candidato unico" si è anche limitata la motivazione ad esprimersi dei cittadini». E Calenda, candidato senza primarie, ne ha approfittato per lamentare un deficit di trasparenza, che invece sarebbe necessaria almeno «per rispetto della buona fede di chi partecipa».A Bologna, le primarie del centrosinistra le ha vinte l'assessore uscente alla Cultura, Matteo Lepore, con il 59% dei voti, contro il 40% della sfidante Isabella Conti, che è sindaco della vicina San Lazzaro. Qui, grazie ai 5.000 voti online, si è raggiunta quota 26.455 votanti, che in fondo sono appena 2.000 in meno del 2011, quando vinse il futuro sindaco Virginio Merola. Qui il problema è di rivalità interna, con la renziana Conti che ha una storia di indipendenza dal vecchio asse tra Pci-Pds e cooperative rosse, se non addirittura di conflittualità. Mentre Lepore, sostenuto dalla «ditta» bersanian-dalemiana e da Letta, non dispiace addirittura a Giuseppe Conte.Alla luce dei consensi di Gualtieri (60%) e Lepore (59%), il risultato di Torino è ancora più disastroso di quanto sia sembrato una settimana fa. Qui, il «vincitore» è stato il grigio segretario locale Stefano Lo Russo, con appena il 37%. Intanto, Chiara Appendino potrebbe cambiare idea e ricandidarsi, ma tra gli esponenti del Pd torinese era proprio Lo Russo quello più contrario a patti con il M5s. E il candidato del centrodestra, l'imprenditore Paolo Damilano, fa campagna da settimane in splendida solitudine, con il grosso della Torino moderata che amava Sergio Chiamparino che si chiede perché il Pd dei Lo Russo se lo sia fatto scappare.
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Un uomo ha travolto pedoni e ciclisti gridando «Allahu Akbar» sull’isola d’Oléron, nella Francia occidentale. Dieci feriti, tre gravi. Arrestato dopo aver tentato di incendiare l’auto con bombole di gas. Indagine per tentato omicidio, esclusa per ora la pista terroristica.