2019-01-05
Il fiuto di Houellebecq per la rabbia sorda della Francia rurale
Finito diversi mesi fa, Serotonina, il nuovo lavoro di Michel Houellebecq ha il destino di essere il romanzo dei gilet gialli. E nel mirino ha la globalizzazione.«E ora ero lì, uomo occidentale nel bel mezzo della sua età, al riparo dal bisogno per qualche anno, senza amici o familiari, privo di progetti personali e di veri interessi, profondamente deluso dalla sua precedente vita professionale, dopo aver già sperimentato sul piano sentimentale esperienze diverse ma con il punto in comune di interrompersi, privato al fine di ragioni per vivere e per morire». Benvenuti nel mondo di Michel Houellebecq, benvenuti nell'incubo dolce alla serotonina. Al neurotrasmettitore che regola il nostro buonumore, il più grande scrittore francese vivente dedica il suo nuovo romanzo, uscito ieri in Francia e in arrivo, tra una manciata di giorni, anche in Italia, per i tipi di La nave di Teseo. Ieri, al di là delle Alpi, Sérotonine (Flammarion) è andato a ruba, con un fenomeno di isteria collettiva che ha ormai pochi eguali nella letteratura contemporanea. Librerie assaltate, persino a Niort, la città del dipartimento delle Deux-Sèvres definita nel romanzo «una delle più disgustose che sia stato dato di vedere» al protagonista, con conseguente coro di proteste locali di cui Houellebecq, giustamente, se ne sbatte. Chissà cosa succederà quando gli olandesi o i giapponesi leggeranno cosa lo scrittore pensa di loro... Houellebecq arriva a pubblicare Serotonina con la fama del profeta, un po' per fortuna, un po' per furbizia, un po' perché è vero. Il 3 settembre 2001 usciva in Francia Piattaforma: una settimana dopo, le certezze di quell'Occidente messo alla berlina crollavano insieme alle due torri. Il 7 gennaio 2015 arrivava negli scaffali Sottomissione, proprio nelle ore in cui un commando islamista faceva strage nella sede di Charlie hebdo. L'evento di cui Serotonina dovrebbe essere presagio, tuttavia, è già avvenuto nell'arco di tempo tra la consegna del manoscritto e la sua pubblicazione. Il libro ha infatti il destino già scritto di essere «il romanzo dei gilet gialli». È vero in parte, anche se la presenza nel libro di una protesta di popolo con tanto di blocchi stradali, la stessa modalità con cui è iniziata la manifestazione che ancora cinge d'assedio Emmanuel Macron, fa in effetti baluginare il bagliore della preveggenza. Il blocco sociale in rivolta nel romanzo, tuttavia, è più nettamente definito, si tratta della Francia rurale, dei contadini, degli allevatori. La stessa Francia profonda che da qualche anno il geografo Christophe Guilluy racconta nei suoi saggi. Ma è allora vera profezia quella che racconta semplicemente le fratture sociali della realtà? In assoluto no, ma appare come tale nella bolla mediatica, dove l'eco della sofferenza dei reietti arriva attutita, mentre la lama affilata di uno scrittore, avvertita come linguaggio affine, si sente eccome.Florent-Claude Labrouste, l'agronomo di 46 anni che è voce narrante di Serotonina, finisce a contatto con la rabbia sorda della Francia periferica nel corso di un viaggio errabondo senza una meta precisa. Lui, ex tecnico del ministero dell'Agricoltura, ex dipendente della Monsanto, finisce così per guardare in faccia quel mondo agricolo di cui, per ragioni professionali, è stato nemico oggettivo. Agli allevatori che cominciano ad armarsi, Labrouste spiega che «ciò che sta accadendo in questo momento con l'agricoltura in Francia è un enorme piano sociale, il più grande piano sociale in corso in questo momento, ma è un piano segreto, invisibile, in cui la gente sparisce individualmente, nel suo angoletto, senza mai fornire materiale per un'inchiesta della televisione». Il fantasma della sostituzione etnica diventa qui sostituzione sociale. E tutto questo per cosa? Per degli interessi, certo. Ma soprattutto per dei dogmi ideologici. Il narratore, ricordando i suoi anni ai tavoli delle negoziazioni, spiega: «I miei interlocutori non si battevano per i loro interessi e nemmeno per gli interessi che dovevano presuntamente difendere, sarebbe un errore crederlo: si battevano per delle idee; nel corso degli anni, mi ero confrontato con persone che sarebbero state pronte a morire per la libertà del commercio». A tale ferocia ideologica, e alla collera degli allevatori, fa invece da contraltare l'esistenza decadente di Labrouste, tipico personaggio alla Houellebecq: un cittadino triste del villaggio globale, le cui ansie hanno come fuoco una sessualità ossessiva senza essere né gioiosa né realmente perversa, bensì algida e meccanica (riusciamo en passant a imbatterci in episodi di zoofilia e di pedofilia). E mentre tutto crolla, lo Stato, gelido mostro di zaratustriana memoria, sa presentarsi solo attraverso divieti assurdi, moralistici, oppressivi. È un'altra sottotrama di Serotonina: Houellebecq se la prende con i limiti di velocità, con i rilevatori di fumo, con la raccolta differenziata. «Dal punto di vista dell'amministrazione, un buon amministrato è un amministrato morto». È pur vero che, in mezzo a questo incubo ad aria condizionata, tra le descrizioni tecniche di una buona fellatio e il freddo calcolo dei pro e dei contro di un femminicidio programmato, compare in qualche squarcio radioso persino l'amore, oasi di senso nella palude. O forse era solo l'effetto della serotonina.
Rod Dreher (Getty Images)