2020-02-07
Il fisco ha condonato la multa agli Agnelli
Chiuso il contenzioso per l'acquisizione di Chrysler. Intanto la Ragioneria avvisa: nella manovra primo buco da 217 milioni.Taglio del cuneo: il sistema creato da Roberto Gualtieri ha un effetto distorsivo sulle aliquote marginali effettive. Le tasse saliranno in modo significativo per chi riuscirà a guadagnare qualcosa in più, magari con gli straordinari. La vera soluzione sarebbe una riforma radicale del fisco.Lo speciale contiene due articoli.Dopo aver presentato i conti del 2019 con utili superiori a 2,7 miliardi, i vertici di Fca hanno tenuto a precisare che se il coronavirus dovesse permanere chiuderanno uno stabilimento in Europa. Dove? In Italia? Non si sa, ma la conferenza stampa si è conclusa con un dettaglio non irrilevante per il fisco del nostro Paese. Il direttore finanziario, Richard Palmer, ha riferito che il contenzioso con l'Agenzia delle entrate è stato chiuso con una transazione. L'Erario contestava a Fca di aver sottostimato le attività Usa di Chrysler (al tempo della ristrutturazione e acquisizione nel 2014) per 5,1 miliardi di imponibile e chiedeva di pagare 1,3 miliardi di euro tra multa e mancate tasse. L'accordo, invece, prevede che il futuro imponibile aumenterà di 2,5 miliardi e le maggiori tasse saranno compensate da 400 milioni di perdite fiscali e altri 2,1 miliardi di perdite fiscali sugli asset italiani. Tradotto l'accerto finalizzato è su un perimetro di 2,6 miliardi e l'ammontare riconosciuto al fisco si ferma a 730 milioni. Come però ha confermato ieri sera Palmer non ci sarà alcun esborso cash e nessuna multa o sanzione è stata comminata. Un bel colpo per Fca, nel pieno delle opportunità legali concesse da una transazione. Prima dell'azienda controllata dalla famiglia Agnelli ci sono stati numerosi precedenti. Alcuni più soft altri decisamente più hard. Stona però un dettaglio (non da poco) nella scelta dell'Agenzia delle entrate: l'assenza totale di sanzioni. L'ultimo dei contribuenti non potrà mai sperare di vedersele cancellare. È cosa insita nel poter accedere a una transazione. Solo che al Paese servono soldi. E Fca è ormai azienda straniera. A dimostrare quanto ci servono soldi se non bastassero i dati del Pil, c'è il fatto che la notizia cade nel peggiore dei giorni. Ieri la Ragioneria generale dello Stato ha ammesso quello che è il primo buco di bilancio dovuto alla manovra 2020. Sono 217 milioni legati allo slittamento dell'entrata in vigore dell'obbligo della moneta virtuale per le detrazioni Irpef. Un brutto inizio per un governo che da subito ha sbandierato novità mirabolanti. Il bonus asili e la lotta al contante attraverso l'obbligo dei Pos sono stati infatti i pilastri sui quali il Conte bis ha poggiato le proprie promesse fiscali. Sugli asili si è passati da posti per tutti agli incentivi, per finire a dicembre 2019 con la mancata erogazione dei bonus. I soldi erano finiti. Il mese scorso i contribuenti hanno ricominciato a incassare le agevolazioni, probabilmente il governo ha deciso di erodere il budget del 2020. E questo è niente, perché l'altro pilastro -l'uso forzato della valuta virtuale - si sta già dimostrando un boomerang. Per spingere nella direzione opposta al contante, il governo ha deciso di legare le detrazioni Irpef (almeno quelle al 19%) alla doppia tracciabilità delle operazioni. Cioè, non basta pagare in contanti con la ricevuta, bisogna usare il bancomat o la carta di credito. Secondo gli esperti del Mef, la novità avrebbe subito spinto giù l'asticella dell'evasione fiscale. Una speranza comunque necessaria per far quadrare i conti della manovra 2020. Solo per l'anno in corso l'esecutivo ha dichiarato di recuperare più di 3 miliardi di euro dal contrasto all'illegalità fiscale. Il sogno è stato infranto ieri dalla Ragioneria generale dello Stato che ha fatto presente alle forze politiche che lo slittamento dell'entrata in vigore dell'obbligo della moneta virtuale per le detrazioni Irpef al primo aprile causa subito un buco di bilancio di 217 milioni di euro. Il paradosso sta anche nel fatto che i tecnici del Mef avevano calcolato l'avvio della novità fiscale già dal primo gennaio, in barba allo statuto del contribuente e alle norme dell'Agenzia che prevedono tra l'ok del Parlamento e la ricaduta pratica almeno 90 giorni. Al di là dei dettagli, in soli due giorni il governo ha già stracciato due volte la carta che dovrebbe tutelare i contribuenti. Purtroppo non è una novità. Tutti i governi l'hanno fatto con la differenza che ci mettevano la faccia. Ogni volta che veniva partorito un decreto o una legge contraria allo statuto, il testo prevedeva almeno la dicitura «in deroga allo statuto del contribuente». Ora, nemmeno la fatica della postilla. L'altro problema a cui si va incontro è l'inaffidabilità delle previsioni. Siamo solo a febbraio, è il buco da finto recupero dell'evasione è già a 217 milioni, a luglio verranno al pettine gli altri nodi. La strategia (anche se numericamente infondata) si basa sulla stretta della circolazione delle banconote. La Bce ha pesantemente redarguito il governo sostenendo che il limite al contante sia una forzatura ingiustificata. Il pressing è in atto e molto probabilmente salterà, trascinando con sé tutta l'impalcatura che nasconde l'illusione del contrasto all'evasione fiscale. A quel punto i gaillorossi dovranno correre per tappare i buchi di bilancio e dovranno spremere ancor di più i contribuenti. E nessuno di questi potrà appellarsi a transazioni internazionali, farsi abbonare sanzioni o multe. Come ha spuntato dal canto suo Fca.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/il-fisco-grazia-fca-nessuna-sanzione-conto-da-1-3-miliardi-scende-a-730-milioni-2645057373.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="il-taglio-del-cuneo-frega-6-milioni-di-italiani" data-post-id="2645057373" data-published-at="1758062174" data-use-pagination="False"> Il taglio del cuneo frega 6 milioni di italiani Dopo quella per gli autonomi, arriva la fregatura anche per 6 milioni di lavoratori subordinati. Secondo la maggior parte degli osservatori, e come ha scritto La Verità, il governo Conte bis ha virato verso politiche fiscali «punitive» nei confronti degli autonomi. A suggerirlo è anzitutto la cancellazione della previsione del precedente governo gialloblù di estendere ai redditi fino a 100.000 euro l'applicazione della tassa piatta e nell'aver introdotto correttivi che, di fatto, costringeranno un quarto degli attuali beneficiari ad abbandonare il regime forfettario. Nelle pieghe della manovra, poi, si rinvengono innumerevoli aggiustamenti penalizzanti per la libera impresa: molti mascherati, altri palesi, altri da sperimentare, ma comunque finalizzati a inasprire l'incidenza impositiva per le cosiddette partite Iva. Con la firma appena apposta dal presidente della Repubblica al Dl sulla riduzione del cosiddetto cuneo fiscale, anche chi basa il proprio reddito sul lavoro dipendente e sulla pensione non può stare tranquillo. Il ministro Roberto Gualtieri ha inteso ridurre il costo del lavoro attraverso due diversi meccanismi: per i redditi sino a 28.000 euro, si potenzia lo sperimentato meccanismo del «bonus» renziano, mentre per i redditi superiori si introduce una detrazione fiscale decrescente pari a zero per redditi pari o superiori a 40.000 euro. Il bonus attualmente in vigore ha un costo di 9 miliardi e mezzo di euro. La riforma del «cuneo» di Gualtieri, applicata per 12 mesi, costerebbe 16 miliardi circa. La differenza è di 7 miliardi, più dello stanziamento a regime per il 2021, che è di 5. Il costo stimato è quindi superiore allo stanziamento per il 2020 (di soli 3 miliardi per 6 mesi) e per il 2021 (di 6 miliardi per l'anno intero). Al di là della insufficienza degli stanziamenti, le sorprese giungono al momento di simulare l'applicazione del nuovo meccanismo. Se si considera l'intero anno fiscale di un lavoratore dipendente single, ci accorgiamo di pesanti distorsioni e inefficienze applicative. Il contribuente che ha un'imposta minore della detrazione per lavoro dipendente continuerà a beneficiare molto marginalmente della riduzione (circa 20 euro mensili), mentre i maggiori beneficiari saranno quelli con reddito intorno ai 27-28.000 euro, con percepibili benefici per i redditi fino a 36-37.000. Ciò crea una grave distorsione che, per una platea ragguardevole di contribuenti, rischia di rendere la misura vana se non nociva. L'effetto «distorsivo» è nascosto nelle cosiddette «aliquote marginali effettive»: l'aliquota marginale è l'aliquota applicata allo scaglione di reddito, quella «nominale» è quella prevista dalla legge, mentre quella «effettiva» è quella che risulta dalla applicazione di tutti i meccanismi di deduzione, detrazione o bonus fiscali. Con il Dl di Gualtieri, fino a 14.000 euro di reddito le aliquote marginali effettive sono pari al 27,5% (contro il 23 applicato dalla norma), da 15 a 23.000 sono pari al 31,5 (contro il 27), intorno a 24.000 di reddito il 41,1 (sempre contro il 27), intorno a 25.000 il 55,5% (contro il 27). Tale effetto non è questione di poco conto: riguarderebbe una platea di circa 6 milioni di contribuenti, che si vedrebbero tassati eventuali incrementi di reddito con un paradossale incoraggiamento indiretto all'evasione. Ad esempio, se un contribuente con reddito di 25.000 euro si trovasse nella condizione di guadagnare ulteriori 4.000 euro, la tassazione per questo reddito «incrementale» sarebbe pari a circa 2.300 euro (contro i 1.100 circa senza le mani di Gualtieri). In altre parole, se un lavoratore dipendente in quella fascia di reddito dovesse decidere se fare o meno straordinari per guadagnare 1.000 euro in più, dovrebbe tener conto che in tasca gli resterebbero solo 450 euro. Un governo ideologicamente lontano da quello di oggi al potere potrebbe intervenire con una revisione complessiva delle detrazioni per lavoro. Evitando il cumularsi di strumenti di detrazione, deduzione e bonus che complicano il sistema fiscale, e decidendo una radicale e snella riforma del sistema. Ma l'impossibilità di tale soluzione è nella premessa: forte è la paura di rivedere il bonus renziano, mentre un esecutivo tenuto insieme per miracolo è il disincentivo principale a occuparsi complessivamente di un sistema fiscale fortemente depressivo.