
Lettera aperta al presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici Filippo Anelli: «Finalmente si ribadisce una verità spesso dimenticata: il nostro obiettivo è curare». Caro presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici, ho letto la tua dichiarazione in risposta al Ministro Eugenia Roccella sul tema della maternità surrogata reato «universale» e ruolo dei medici. Non entro nel merito del contenzioso, perché trovo molto più importante la tua affermazione che «il medico ha il dovere di curare: dovere che gli deriva dalla legge e dal Codice deontologico e prevale su ogni altro obbligo, facoltà o diritto». Finalmente, dopo decenni di colpevole silenzio e di asservimento al politicamente corretto, hai ricordato a tutta la società e al mondo medico, in particolare, che lo scopo della medicina è tutelare la vita, la salute e le persone bisognose, rifuggendo quella perversione ideologica - oggi tanto di moda - che vuole il medico come agente di morte. È profondamente vero e inoppugnabile quanto affermi: da Ippocrate ad oggi, e per sempre, la medicina ha e deve avere un solo scopo, curare, curare, curare! Come la mettiamo, dunque, con leggi come quella in discussione in questi mesi sul suicidio medicalmente assistito, che vogliono attribuire al medico il ruolo di esecutore di una volontà di morte? Non ho sentito (ma forse è una mia disattenzione e, dunque, sono pronto a chiedere venia se così fosse) altrettanta determinazione e chiarezza nel condannare - senza se e senza ma - un progetto di legge che esalta il diritto di morire, e carica il medico dell’ignobile dovere di porvi attuazione. Non ho sentito invocare con altrettanta fermezza il nostro Codice deontologico, che esclude ogni azione finalizzata alla morte del paziente. Non ho sentito affermare, pur con toni educati, pacati, per nulla aggressivi, che l’onore della disciplina medica impone che un medico non debba mai piegarsi a qualsiasi autorità che imponga il tradimento della deontologia (e dell’etica!) che anima ogni capitolo dell’agire medico. Si può chiedere ad un panettiere di impastare un pane avvelenato? O a un pompiere di alimentare un incendio in corso? Esagerazioni? Retorica inopportuna? Enfasi populistica? Purtroppo, non è affatto così e la prova-provata sta in leggi come la 194 o il ddl sul suicidio assistito che hanno stravolto lo statuto ontologico della medicina. Uccidere un bimbo nel grembo materno o somministrare la pozione letale al malato sono azioni che vanno nella direzione esattamente opposta rispetto alla ragione dell’esistenza stessa della medicina. La storia, anche recente, ha fortemente condannato medici indegni di questo nome che si sono fatti servi di ideologie disumane, nascosti dietro la maschera del «ho obbedito alla legge». Allora, come è accettabile o anche solo semplicemente giustificabile, che oggi si possa chiedere ai medici di tradire il giuramento che li vuole al servizio della vita e della salute? Aborto provocato, diagnosi prenatale eugenetica, eutanasia, suicidio assistito non possono diventare «etici o deontologicamente approvabili» per il solo fatto che una legge lo prevede! Caro presidente, il tuo sussulto deontologico e il tuo forte richiamo all’etica medica, sono certamente opportuni, ma devono essere a tutto tondo, se vogliono essere credibili. Un vecchio adagio dice che spesso corriamo il rischio di «filtrare il moscerino e ingoiare il cammello». Mi permetto di avanzare una proposta: smettiamo di ingoiare «cammelli», come aborto, eutanasia, suicidio assistito et similia, se vogliamo essere credibili quando invochiamo il «dovere di cura» di fronte ad altri aspetti dell’agire medico, a partire dal dovere di denuncia di fronte al reato di gestazione per altri.
Jose Mourinho (Getty Images)
Con l’esonero dal Fenerbahce, si è chiusa la sua parentesi da «Special One». Ma come in ogni suo divorzio calcistico, ha incassato una ricca buonuscita. In campo era un fiasco, in panchina un asso. Amava avere molti nemici. Anche se uno tentò di accoltellarlo.