2019-06-07
Il disastro Chernobyl. Una serie tv svela le colpe dei comunisti
Il telefilm sull'incidente alla centrale nucleare ucraina causato dai pasticci sovietici promette di essere il più gradito di sempreC'era un vago sentore metallico nell'aria, quella notte. Il cielo mandava strani bagliori e piccole particelle ballavano, in volo, la propria danza. I bambini, incantati, tenevano il naso all'insù, le braccia larghe, mentre i piedini scalpicciavano frenetici verso il ponte della ferrovia, dove una Pripyat sonnolenta s'era data appuntamento per godere insieme lo spettacolo della centrale in fiamme. Quando, il 26 aprile 1986, centoventi chilometri a Nord di Kiev, la quiete notturna è stata rotta dal suono di un'esplosione, la popolazione ucraina è scesa dal letto e si è riversata in strada. Sembrava non fosse nulla di grave, l'incendio del tetto della centrale nucleare di Chernobyl. Una cosa da niente, routine. Anatolij Djatlov, allora vicecapo della struttura, parlava di un accumulo di idrogeno nell'impianto di controllo del reattore numero 4. Nessun pericolo, nessuna contaminazione, diceva. E i cittadini, con gli occhi pieni dei colori che «l'incendio» aveva portato tra le nuvole, hanno creduto alla solfa che Djatlov ha raccontato loro.Il prezzo delle menzogneAppollaiati sul ponte, spettatori del peggior disastro nucleare che l'uomo avrebbe ricordato, sono morti uno ad uno. Ed è la meraviglia dipinta sui loro volti, le bugie che l'Unione sovietica ha propinato ai suoi abitanti ad essere raccontata nella prima puntata di Chernobyl, miniserie che, al debutto su Sky Atlantic (canale 110 del satellite) alle 21.15 di lunedì 10 giugno, ripercorre la cronaca della tragedia. L'inizio, l'episodio primo, è segnato dal suicidio di Valerij Legasov, dalla sua morte elegante, preparata con la cura e la dedizione che si riserverebbe alla venuta di un ospite. Legasov, lo scienziato che il Cremlino, all'indomani dell'esplosione, ha inviato in Ucraina per fare luce sull'accaduto, si è impiccato nel salotto di casa propria, quando l'orologio, alla 1.23 del 26 aprile 1988, ha marcato il secondo anniversario della tragedia. Prima, ha registrato le proprie colpe su sei audiocassette, ha spazzolato la sua giacca buona e lasciato al proprio gattino cibo a sufficienza per sopravvivere qualche giorno. Le ciotole, ordinate l'una accanto all'altra, hanno campeggiato qualche secondo sotto i piedi penzoloni dello scienziato, l'unico nell'Urss ad aver sostenuto che la colpa non fosse da imputare agli addetti di turno quella notte, bensì ad un errore di progettazione nell'impianto dovuto al governo sovietico. Poi, la linea temporale è tornata indietro, e la narrazione ha ripreso dall'incidente, dalla 1.23 del 26 aprile 1986.Allora, a Pripyat, la quiete notturna è stata rotta dal suono di un'esplosione. All'interno della centrale nucleare Vladimir I. Lenin, nota solo come centrale di Chernobyl, un test non è andato per il verso giusto. La temperatura all'interno del reattore numero 4 si è alzata tanto da provocare due diverse esplosioni. Una nuvola di materiale radioattivo si è levata dalla centrale, ammorbando tutto quel che ha trovato sul proprio cammino. Quella notte è stata la notte dei pompieri moribondi, chiamati a spegnere le fiamme che avevano preso a mangiare il tetto della centrale. È stata la notte degli ingegneri travolti dal vento radioattivo, dei cittadini appestati, dei loro bambini ridotti a scheletri. Ed è stata la notte in cui l'Unione sovietica ha cercato di mistificare la portata dell'incidente.Quel che la serie Sky, in cinque puntate, ha messo in evidenza sin dal primo episodio è stato l'orrore del comunismo, dove l'esigenza di tenere in piedi la forma, quella maschera di giustizia sociale e umana, ha prevalso sulla verità dei fatti. Nei primi giorni successivi al disastro, il Cremlino ha detto che i livelli di radiazioni erano minimi, che il nocciolo del reattore non era esploso, che la piccola Pripyat non aveva alcun bisogno di essere evacuata: i suoi abitanti sarebbero stati al sicuro. Chiunque, tra gli ingegneri, si fosse azzardato a sostenere il contrario, sarebbe stato messo a tacere. Doveva essere un segreto di Stato. «Ma qual è il prezzo delle menzogne?», si chiede, all'inizio di Chernobyl, la voce di Legasov, interpretato nella serie tv dal Jared Harris di Mad man.Il boom dei turistiLa domanda si risolve nel suicidio dell'uomo, ma la serie, nel cui cast compaiono anche Emily Watson e Stellan Skarsgård, le conseguenze della menzogna le mostra tutte. Senza giudizio, senza far pesare sullo spettatore la retorica di una lettura ex post, americana per di più. Chernobyl è storia. Una storia raccontata tanto bene da aver spinto gli spettatori ad indicare sul sito Imdb un indice di gradimento che non ha pari.La serie ha ottenuto online un punteggio di 9,7 su 10, surclassando Breaking bad (9,5), Planet Earth (9,4) e Game of thrones (9,3) e restituendo una volontà di conoscenza insita già nei numeri del turismo. Nel 2017, sono state più di 50.000 le persone che hanno superato i confini della Chernobyl exclusion zone, un'area di 30 chilometri il cui accesso, un tempo, era precluso ad anima viva. Il 60% di questi turisti, giunti in Ucraina per vedere con i propri occhi quel che resta della tragedia, si stima abbiano tra i 25 e i 40 anni e siano perciò «giovani», estranei per età all'esplosione del 1986.