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2018-11-08
Il decreto sicurezza passa al Senato, abolita la protezione umanitaria
ANSA
Una vittoria per Matteo Salvini, una grana per Luigi Di Maio. Alle ore 12,19 di ieri, il vicepremier leghista ha twittato: «Decreto sicurezza e immigrazione, il Senato approva!!! Decreto Salvini, giornata storica!». Finisce dunque la «pacchia» per i clandestini con lo stop al permesso umanitario, la riduzione degli Sprar, e via libera agli interventi per la pubblica sicurezza e contro la criminalità organizzata.
I cinque grillini dissidenti, grattacapo per l'alleato Di Maio, non hanno rovinato la giornata al ministro dell'Interno che prima del voto aveva assicurato: «Il governo non è assolutamente a rischio, manterrà uno per uno tutto gli impegni presi con gli italiani. Con buon senso e umiltà, si risolve tutto». All'orizzonte c'è la prescrizione che il M5s vuole tenere dentro il disegno di legge anticorruzione con il vicepremier Di Maio che, subito dopo l'approvazione del dl bandiera salviniana in una diretta Facebook ha ribadito: «La battaglia contro la prescrizione fa parte del Dna del M5s. Si raggiungerà un accordo con la Lega». Il leader del Carroccio, che ha incassato per primo l'ok a un suo pilastro del contratto, ha quasi tranquillizzando l'alleato pentastellato ribadendo: «Sulla prescrizione chiudiamo tra qualche ora. Tra persone ragionevoli una soluzione si trova sempre». Sicuramente sull'argomento c'è da far conciliare l'anima garantista della Lega e quella giustizialista del M5s, ma si sa, c'è un contratto da rispettare. Tornando al dl sicurezza, con una schiacciante maggioranza il Senato ha dato il via libera alla fiducia con 163 sì, 59 no e 19 astenuti. Il dl ora passa alla Camera, dove è stato calendarizzato per il 22 novembre.
I voti mancanti alla maggioranza di governo (che a giugno aveva ottenuto 171 voti) sono quelli dei grillini. Il gruppetto dei dissidenti si è allargato a cinque senatori: a Gregorio De Falco, Elena Fattori, Paola Nugnes e Matteo Mantero ha preferito disertare l'Aula anche Virginia La Mura (che aveva firmato alcuni emendamenti con De Falco). A loro, poi, si sono aggiunti Vittoria Bogo Deledda e Michele Giarrusso (in congedo, dunque assenti giustificati).
I vertici del Movimento ritengono il comportamento dei dissidenti «dannoso» e grave visto che si trattava di un voto di fiducia al governo e per questo nei loro confronti hanno avviato un'istruttoria ai probiviri. Probabilmente non saranno espulsi ma, dice un pentastellato, «di fatto si sono messi fuori dai gruppi».
No alla fiducia da Pd e da Leu. Fratelli d'Italia, che aveva assicurato il suo sì, si è invece astenuta perché contraria all'imposizione della fiducia. Neanche Forza Italia ha partecipato alla votazione e i senatori hanno protestato esponendo cartelli con la scritta «sì alla sicurezza, no al governo». E la Lega invece ha approfittato per attaccare le opposizioni: «Non ce la farete a rompere il collante Lega-Movimento 5 stelle». Il «carrarmato» Salvini, incassato il successo, non ha perso tempo: «Alle 12,32 ho la gioia di presentare questo strumento che prefetti sindaci e volontari veri e non mangioni avranno a disposizione. Chi vedeva l'immigrazione come mangiatoia oggi è a dieta, molti finti volontari non parteciperanno più a bandi, se invece di 35 euro ne porti a casa 19 non ci mangia più né mafia né 'ndrangheta, ma rimarranno volontari veri e sono convinto che molte cooperative si daranno alla macchia».
Infatti il decreto, malgrado qualche correzione e raccomandazione del presidente Sergio Mattarella, preoccupato del rispetto della Costituzione, impone una stretta in particolare sul diritto d'asilo per i migranti. Non esiste più il permesso di soggiorno per motivi umanitari che viene sostituito da permessi speciali temporanei, che possono essere concessi anche per meriti speciali e sono rinnovabili ogni due anni. Il periodo di tempo si allunga se ci sono gravi motivi sanitari. Viene invece prolungato il tempo di permanenza nei centri per i rimpatri che aumenta da tre a sei mesi.
Il decreto riserva esclusivamente ai titolari di protezione internazionale e ai minori non accompagnati i progetti di integrazione e inclusione sociale previsti dagli Sprar (Sistema protezione e richiedenti asilo e rifugiati) che saranno ridimensionati. I richiedenti asilo troveranno invece accoglienza nei Cara. La domanda di asilo viene sospesa in caso di condanna in primo grado per gravi reati (omicidio, violenza sessuale). Chi viene condannato in via definitiva per terrorismo perde la cittadinanza italiana. Novità anche sugli hotspot, ovvero i centri dove venivano accolti gli immigrati appena sbarcati: adesso sono sempre aperti (e quindi costosi) anche in assenza di ospiti. Col nuovo decreto ci sarà solo un responsabile, che nel giro di 8 ore dovrà aprire la struttura per i nuovi arrivati.
Più controlli e meno sprechi, come ha detto Salvini subito in conferenza stampa al Viminale, facendo una sintesi del «suo» decreto. Risparmi pur garantendo a tutti i servizi di base (vestiti, cibo, pulizia) parametrandoli a quelli erogati negli ospedali. Chi sbarca in Italia e chiede l'asilo, farà corsi di italiano e di orientamento solo se ha diritto a rimanere nel Paese. Previste sanzioni severe, fino alla revoca del contratto, per chi farà accoglienza senza rispettare le regole.
Ci sono poi tutta una serie di altre misure, dal taser (la pistola elettrica) anche ai vigili urbani alla stretta sui noleggi di auto e furgoni contro il terrorismo, dal Daspo urbano più severo ai quasi 360 milioni fino al 2025 per «contingenti e straordinarie esigenze» di polizia e vigili del fuoco. Ora l'obiettivo è rendere operativo il decreto entro la fine dell'anno, considerato che, come assicurato dal Viminale, non ci sono problemi di coperture.
La maggioranza barcolla ma regge l’urto
«Se sono single? Non sono sul mercato…»: poche ore dopo il voto di fiducia al Senato sul decreto sicurezza, Matteo Salvini se ne va sereno e tranquillo a farsi intervistare da Barbara D'Urso, a Pomeriggio 5, su Canale 5, e risponde così alla domanda delle domande, quella sulla fine della sua storia d'amore con Elisa Isoardi e sulla sua attuale situazione sentimentale. Non è sul mercato, Salvini, neanche dal punto di vista politico: possono mettersi il cuore in pace i gufi, l'alleanza Lega-M5s regge ed è destinata a durare, almeno fino a quando Luigi Di Maio riuscirà a tenere le redini del partito. Cinque dissidenti su un totale di 109 senatori del M5s sono una percentuale trascurabile, considerato che il dl sicurezza non è certamente strutturato secondo i canoni dell'ortodossia grillina.
Salvini esclude categoricamente l'ipotesi di elezioni anticipate: «Urne a marzo? No assolutamente», sottolinea il vicepremier, «quando prendo un impegno lo rispetto fino in fondo. Non riesco a fare tutto e subito, per rispettare gli impegni presi servono cinque anni, io non faccio saltare i governi perché i sondaggi dicono che la Lega è il primo partito. I giornali a volta scrivono cose incredibili. Con Di Maio e Conte si lavora bene. Sulla giustizia dobbiamo trovare la quadra, ma i processi devono avere un inizio e una fine».
«Troveremo la quadra»: chi l'avrebbe mai detto che Salvini avrebbe mutuato la frase resa celebre da Umberto Bossi, ai tempi delle coalizioni (e delle colazioni) con Silvio Berlusconi? Dimenticate contratti e votazioni on line: l'alleanza Lega-M5s è una coalizione vera e propria, e come ogni coalizione discute al suo interno e poi raggiunge un equilibrio.
È successo sempre, fino ad ora, e sempre succederà, anche sulla prescrizione: «La riforma della giustizia», dice Salvini a Stasera Italia su Rete 4, «è fondamentale, non ci possono essere milioni di italiani che attendono anni. La prescrizione è una di queste parti. C'è nel contratto la sua riforma, non verrà abolita. Vogliamo punire i furbetti che pagavano gli avvocati per tirare in lungo», aggiunge Salvini, «ma non possiamo tenere neanche 60 milioni di italiani ostaggio per anni e anni in processi che si sa quando iniziano ma non quando finiscono».
Non sembra pensarla allo stesso modo, Luigi Di Maio: «Il blocco della prescrizione è sacrosanto», dice il leader del M5s nel corso di una diretta Facebook, «è una battaglia di civiltà e sono sicuro che raggiungeremo il miglior accordo per i cittadini italiani. Combattere la prescrizione vuol dire fermare i furbetti, si tratta di un impegno scritto nel contratto». Sembrano distanti, quasi inconciliabili, le posizioni di Salvini e Di Maio, ma la realtà è diversa: il leader del M5s ha bisogno di dimostrare al suo elettorato, storicamente giustizialista, che le bandiere storiche del grillismo non sono state ammainate. Alla fine, si arriverà a un compromesso: la prescrizione verrà modificata, ma non abolita, e tutti saranno felici e contenti. Sul vertice a tre, Conte-Salvini-Di Maio, è in realtà nato un piccolo giallo: l'incontro è stato più volte rimandato, con il premier e il leader leghista che hanno addotto motivi «calcistici» (ieri sera hanno giocato Juve e Roma in Champions League). Ma le sensazioni sembravano comunque positive.
Dovrà rassegnarsi anche Alessandro Di Battista, che ieri è tornato a bombardare il governo: «So che il M5s», ha detto Di Battista, «in materia di anticorruzione deve andare avanti, deve essere molto duro, la prescrizione secondo me va sospesa con il rinvio a giudizio, neanche dopo la sentenza di primo grado. È un istituto che ha favorito solo i ladri e coloro che hanno a disposizione denari per pagare avvocati e allungare il brodo. Non si capisce», ha aggiunto Di Battista, «da che parte sta la Lega. Si sapeva che il reddito di cittadinanza e la riforma della Fornero li avrebbero accettati, ma la battaglia si vede sulla giustizia: si capirà a breve se la Lega sta pensando un minimo al Paese o se l'unico paese a cui pensa sia Arcore». Di Battista è l'unico del M5s che si impegni per far cadere il governo. Il fatto che sia anche l'unico ad essere rimasto fuori dal Parlamento è certamente una coincidenza.
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Riduci
Palazzo Madama, con voto di fiducia, vara il testo di legge su immigrazione e criminalità. Sono previsti più strumenti per le forze dell'ordine. Addio anche ai 35 euro. Cinque dissidenti M5s deferiti ai probiviri.Il leader leghista smentisce la rottura E fra i grillini i malumori restano contenuti.Lo speciale contiene due articoli.Una vittoria per Matteo Salvini, una grana per Luigi Di Maio. Alle ore 12,19 di ieri, il vicepremier leghista ha twittato: «Decreto sicurezza e immigrazione, il Senato approva!!! Decreto Salvini, giornata storica!». Finisce dunque la «pacchia» per i clandestini con lo stop al permesso umanitario, la riduzione degli Sprar, e via libera agli interventi per la pubblica sicurezza e contro la criminalità organizzata.I cinque grillini dissidenti, grattacapo per l'alleato Di Maio, non hanno rovinato la giornata al ministro dell'Interno che prima del voto aveva assicurato: «Il governo non è assolutamente a rischio, manterrà uno per uno tutto gli impegni presi con gli italiani. Con buon senso e umiltà, si risolve tutto». All'orizzonte c'è la prescrizione che il M5s vuole tenere dentro il disegno di legge anticorruzione con il vicepremier Di Maio che, subito dopo l'approvazione del dl bandiera salviniana in una diretta Facebook ha ribadito: «La battaglia contro la prescrizione fa parte del Dna del M5s. Si raggiungerà un accordo con la Lega». Il leader del Carroccio, che ha incassato per primo l'ok a un suo pilastro del contratto, ha quasi tranquillizzando l'alleato pentastellato ribadendo: «Sulla prescrizione chiudiamo tra qualche ora. Tra persone ragionevoli una soluzione si trova sempre». Sicuramente sull'argomento c'è da far conciliare l'anima garantista della Lega e quella giustizialista del M5s, ma si sa, c'è un contratto da rispettare. Tornando al dl sicurezza, con una schiacciante maggioranza il Senato ha dato il via libera alla fiducia con 163 sì, 59 no e 19 astenuti. Il dl ora passa alla Camera, dove è stato calendarizzato per il 22 novembre. I voti mancanti alla maggioranza di governo (che a giugno aveva ottenuto 171 voti) sono quelli dei grillini. Il gruppetto dei dissidenti si è allargato a cinque senatori: a Gregorio De Falco, Elena Fattori, Paola Nugnes e Matteo Mantero ha preferito disertare l'Aula anche Virginia La Mura (che aveva firmato alcuni emendamenti con De Falco). A loro, poi, si sono aggiunti Vittoria Bogo Deledda e Michele Giarrusso (in congedo, dunque assenti giustificati).I vertici del Movimento ritengono il comportamento dei dissidenti «dannoso» e grave visto che si trattava di un voto di fiducia al governo e per questo nei loro confronti hanno avviato un'istruttoria ai probiviri. Probabilmente non saranno espulsi ma, dice un pentastellato, «di fatto si sono messi fuori dai gruppi». No alla fiducia da Pd e da Leu. Fratelli d'Italia, che aveva assicurato il suo sì, si è invece astenuta perché contraria all'imposizione della fiducia. Neanche Forza Italia ha partecipato alla votazione e i senatori hanno protestato esponendo cartelli con la scritta «sì alla sicurezza, no al governo». E la Lega invece ha approfittato per attaccare le opposizioni: «Non ce la farete a rompere il collante Lega-Movimento 5 stelle». Il «carrarmato» Salvini, incassato il successo, non ha perso tempo: «Alle 12,32 ho la gioia di presentare questo strumento che prefetti sindaci e volontari veri e non mangioni avranno a disposizione. Chi vedeva l'immigrazione come mangiatoia oggi è a dieta, molti finti volontari non parteciperanno più a bandi, se invece di 35 euro ne porti a casa 19 non ci mangia più né mafia né 'ndrangheta, ma rimarranno volontari veri e sono convinto che molte cooperative si daranno alla macchia». Infatti il decreto, malgrado qualche correzione e raccomandazione del presidente Sergio Mattarella, preoccupato del rispetto della Costituzione, impone una stretta in particolare sul diritto d'asilo per i migranti. Non esiste più il permesso di soggiorno per motivi umanitari che viene sostituito da permessi speciali temporanei, che possono essere concessi anche per meriti speciali e sono rinnovabili ogni due anni. Il periodo di tempo si allunga se ci sono gravi motivi sanitari. Viene invece prolungato il tempo di permanenza nei centri per i rimpatri che aumenta da tre a sei mesi. Il decreto riserva esclusivamente ai titolari di protezione internazionale e ai minori non accompagnati i progetti di integrazione e inclusione sociale previsti dagli Sprar (Sistema protezione e richiedenti asilo e rifugiati) che saranno ridimensionati. I richiedenti asilo troveranno invece accoglienza nei Cara. La domanda di asilo viene sospesa in caso di condanna in primo grado per gravi reati (omicidio, violenza sessuale). Chi viene condannato in via definitiva per terrorismo perde la cittadinanza italiana. Novità anche sugli hotspot, ovvero i centri dove venivano accolti gli immigrati appena sbarcati: adesso sono sempre aperti (e quindi costosi) anche in assenza di ospiti. Col nuovo decreto ci sarà solo un responsabile, che nel giro di 8 ore dovrà aprire la struttura per i nuovi arrivati.Più controlli e meno sprechi, come ha detto Salvini subito in conferenza stampa al Viminale, facendo una sintesi del «suo» decreto. Risparmi pur garantendo a tutti i servizi di base (vestiti, cibo, pulizia) parametrandoli a quelli erogati negli ospedali. Chi sbarca in Italia e chiede l'asilo, farà corsi di italiano e di orientamento solo se ha diritto a rimanere nel Paese. Previste sanzioni severe, fino alla revoca del contratto, per chi farà accoglienza senza rispettare le regole.Ci sono poi tutta una serie di altre misure, dal taser (la pistola elettrica) anche ai vigili urbani alla stretta sui noleggi di auto e furgoni contro il terrorismo, dal Daspo urbano più severo ai quasi 360 milioni fino al 2025 per «contingenti e straordinarie esigenze» di polizia e vigili del fuoco. Ora l'obiettivo è rendere operativo il decreto entro la fine dell'anno, considerato che, come assicurato dal Viminale, non ci sono problemi di coperture.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/il-decreto-sicurezza-passa-al-senato-abolita-la-protezione-umanitaria-2618572492.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="la-maggioranza-barcolla-ma-regge-lurto" data-post-id="2618572492" data-published-at="1765429635" data-use-pagination="False"> La maggioranza barcolla ma regge l’urto «Se sono single? Non sono sul mercato…»: poche ore dopo il voto di fiducia al Senato sul decreto sicurezza, Matteo Salvini se ne va sereno e tranquillo a farsi intervistare da Barbara D'Urso, a Pomeriggio 5, su Canale 5, e risponde così alla domanda delle domande, quella sulla fine della sua storia d'amore con Elisa Isoardi e sulla sua attuale situazione sentimentale. Non è sul mercato, Salvini, neanche dal punto di vista politico: possono mettersi il cuore in pace i gufi, l'alleanza Lega-M5s regge ed è destinata a durare, almeno fino a quando Luigi Di Maio riuscirà a tenere le redini del partito. Cinque dissidenti su un totale di 109 senatori del M5s sono una percentuale trascurabile, considerato che il dl sicurezza non è certamente strutturato secondo i canoni dell'ortodossia grillina. Salvini esclude categoricamente l'ipotesi di elezioni anticipate: «Urne a marzo? No assolutamente», sottolinea il vicepremier, «quando prendo un impegno lo rispetto fino in fondo. Non riesco a fare tutto e subito, per rispettare gli impegni presi servono cinque anni, io non faccio saltare i governi perché i sondaggi dicono che la Lega è il primo partito. I giornali a volta scrivono cose incredibili. Con Di Maio e Conte si lavora bene. Sulla giustizia dobbiamo trovare la quadra, ma i processi devono avere un inizio e una fine». «Troveremo la quadra»: chi l'avrebbe mai detto che Salvini avrebbe mutuato la frase resa celebre da Umberto Bossi, ai tempi delle coalizioni (e delle colazioni) con Silvio Berlusconi? Dimenticate contratti e votazioni on line: l'alleanza Lega-M5s è una coalizione vera e propria, e come ogni coalizione discute al suo interno e poi raggiunge un equilibrio. È successo sempre, fino ad ora, e sempre succederà, anche sulla prescrizione: «La riforma della giustizia», dice Salvini a Stasera Italia su Rete 4, «è fondamentale, non ci possono essere milioni di italiani che attendono anni. La prescrizione è una di queste parti. C'è nel contratto la sua riforma, non verrà abolita. Vogliamo punire i furbetti che pagavano gli avvocati per tirare in lungo», aggiunge Salvini, «ma non possiamo tenere neanche 60 milioni di italiani ostaggio per anni e anni in processi che si sa quando iniziano ma non quando finiscono». Non sembra pensarla allo stesso modo, Luigi Di Maio: «Il blocco della prescrizione è sacrosanto», dice il leader del M5s nel corso di una diretta Facebook, «è una battaglia di civiltà e sono sicuro che raggiungeremo il miglior accordo per i cittadini italiani. Combattere la prescrizione vuol dire fermare i furbetti, si tratta di un impegno scritto nel contratto». Sembrano distanti, quasi inconciliabili, le posizioni di Salvini e Di Maio, ma la realtà è diversa: il leader del M5s ha bisogno di dimostrare al suo elettorato, storicamente giustizialista, che le bandiere storiche del grillismo non sono state ammainate. Alla fine, si arriverà a un compromesso: la prescrizione verrà modificata, ma non abolita, e tutti saranno felici e contenti. Sul vertice a tre, Conte-Salvini-Di Maio, è in realtà nato un piccolo giallo: l'incontro è stato più volte rimandato, con il premier e il leader leghista che hanno addotto motivi «calcistici» (ieri sera hanno giocato Juve e Roma in Champions League). Ma le sensazioni sembravano comunque positive. Dovrà rassegnarsi anche Alessandro Di Battista, che ieri è tornato a bombardare il governo: «So che il M5s», ha detto Di Battista, «in materia di anticorruzione deve andare avanti, deve essere molto duro, la prescrizione secondo me va sospesa con il rinvio a giudizio, neanche dopo la sentenza di primo grado. È un istituto che ha favorito solo i ladri e coloro che hanno a disposizione denari per pagare avvocati e allungare il brodo. Non si capisce», ha aggiunto Di Battista, «da che parte sta la Lega. Si sapeva che il reddito di cittadinanza e la riforma della Fornero li avrebbero accettati, ma la battaglia si vede sulla giustizia: si capirà a breve se la Lega sta pensando un minimo al Paese o se l'unico paese a cui pensa sia Arcore». Di Battista è l'unico del M5s che si impegni per far cadere il governo. Il fatto che sia anche l'unico ad essere rimasto fuori dal Parlamento è certamente una coincidenza.
Da sinistra: Bruno Migale, Ezio Simonelli, Vittorio Pisani, Luigi De Siervo, Diego Parente e Maurizio Improta
Questa mattina la Lega Serie A ha ricevuto il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, insieme ad altri vertici della Polizia, per un incontro dedicato alla sicurezza negli stadi e alla gestione dell’ordine pubblico. Obiettivo comune: sviluppare strumenti e iniziative per un calcio più sicuro, inclusivo e rispettoso.
Oggi, negli uffici milanesi della Lega Calcio Serie A, il mondo del calcio professionistico ha ospitato le istituzioni di pubblica sicurezza per un confronto diretto e costruttivo.
Il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, accompagnato da alcune delle figure chiave del dipartimento - il questore di Milano Bruno Migale, il dirigente generale di P.S. prefetto Diego Parente e il presidente dell’Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive Maurizio Improta - ha incontrato i vertici della Lega, guidati dal presidente Ezio Simonelli, dall’amministratore delegato Luigi De Siervo e dall’head of competitions Andrea Butti.
Al centro dell’incontro, durato circa un’ora, temi di grande rilevanza per il calcio italiano: la sicurezza negli stadi e la gestione dell’ordine pubblico durante le partite di Serie A. Secondo quanto emerso, si è trattato di un momento di dialogo concreto, volto a rafforzare la collaborazione tra istituzioni e club, con l’obiettivo di rendere le competizioni sportive sempre più sicure per tifosi, giocatori e operatori.
Il confronto ha permesso di condividere esperienze, criticità e prospettive future, aprendo la strada a un percorso comune per sviluppare strumenti e iniziative capaci di garantire un ambiente rispettoso e inclusivo. La volontà di entrambe le parti è chiara: non solo prevenire episodi di violenza o disordine, ma anche favorire la cultura del rispetto, elemento indispensabile per la crescita del calcio italiano e per la tutela dei tifosi.
«L’incontro di oggi rappresenta un passo importante nella collaborazione tra Lega e Forze dell’Ordine», si sottolinea nella nota ufficiale diffusa al termine della visita dalla Lega Serie A. L’intenzione condivisa è quella di creare un dialogo costante, capace di tradursi in azioni concrete, procedure aggiornate e interventi mirati negli stadi di tutta Italia.
In un contesto sportivo sempre più complesso, dove la passione dei tifosi può trasformarsi rapidamente in tensione, il dialogo tra Lega e Polizia appare strategico. La sfida, spiegano i partecipanti, è costruire una rete di sicurezza che sia preventiva, reattiva e sostenibile, tutelando chi partecipa agli eventi senza compromettere l’atmosfera che caratterizza il calcio italiano.
L’appuntamento di Milano conferma come la sicurezza negli stadi non sia solo un tema operativo, ma un valore condiviso: la Serie A e le forze dell’ordine intendono camminare insieme, passo dopo passo, verso un calcio sempre più sicuro, inclusivo e rispettoso.
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Riduci
Due bambini svaniti nel nulla. Mamma e papà non hanno potuto fargli neppure gli auguri di compleanno, qualche giorno fa, quando i due fratellini hanno compiuto 5 e 9 anni in comunità. Eppure una telefonata non si nega neanche al peggior delinquente. Dunque perché a questi genitori viene negato il diritto di vedere e sentire i loro figli? Qual è la grave colpa che avrebbero commesso visto che i bimbi stavano bene?
Un allontanamento che oggi mostra troppi lati oscuri. A partire dal modo in cui quel 16 ottobre i bimbi sono stati portati via con la forza, tra le urla strazianti. Alle ore 11.10, come denunciano le telecamere di sorveglianza della casa, i genitori vengono attirati fuori al cancello da due carabinieri. Alle 11.29 spuntano dal bosco una decina di agenti, armati di tutto punto e col giubbotto antiproiettile. E mentre gridano «Pigliali, pigliali tutti!» fanno irruzione nella casa, dove si trovano, da soli, i bambini. I due fratellini vengono portati fuori dagli agenti, il più piccolo messo a sedere, sulle scale, col pigiamino e senza scarpe. E solo quindici minuti dopo, alle 11,43, come registrano le telecamere, arrivano le assistenti sociali che portano via i bambini tra le urla disperate.
Una procedura al di fuori di ogni regola. Che però ottiene l’appoggio della giudice Nadia Todeschini, del Tribunale dei minori di Firenze. Come riferisce un ispettore ripreso dalle telecamere di sorveglianza della casa: «Ho telefonato alla giudice e le ho detto: “Dottoressa, l’operazione è andata bene. I bambini sono con i carabinieri. E adesso sono arrivati gli assistenti sociali”. E la giudice ha risposto: “Non so come ringraziarvi!”».
Dunque, chi ha dato l’ordine di agire in questo modo? E che trauma è stato inferto a questi bambini? Giriamo la domanda a Marina Terragni, Garante per l’infanzia e l’adolescenza. «Per la nostra Costituzione un bambino non può essere prelevato con la forza», conferma, «per di più se non è in borghese. Ci sono delle sentenze della Cassazione. Queste modalità non sono conformi allo Stato di diritto. Se il bambino non vuole andare, i servizi sociali si debbono fermare. Purtroppo ci stiamo abituando a qualcosa che è fuori legge».
Proviamo a chiedere spiegazioni ai servizi sociali dell’unione Montana dei comuni Valtiberina, ma l’accoglienza non è delle migliori. Prima minacciano di chiamare i carabinieri. Poi, la più giovane ci chiude la porta in faccia con un calcio. È Veronica Savignani, che quella mattina, come mostrano le telecamere, afferra il bimbo come un pacco. E mentre lui scalcia e grida disperato - «Aiuto! Lasciatemi andare» - lei lo rimprovera: «Ma perché urli?». Dopo un po’ i toni cambiano. Esce a parlarci Sara Spaterna. C’era anche lei quel giorno, con la collega Roberta Agostini, per portare via i bambini. Ma l’unica cosa di cui si preoccupa è che «è stata rovinata la sua immagine». E alle nostre domande ripete come una cantilena: «Non posso rispondere». Anche la responsabile dei servizi, Francesca Meazzini, contattata al telefono, si trincera dietro un «non posso dirle nulla».
Al Tribunale dei Minoridi Firenze, invece, parte lo scarica barile. La presidente, Silvia Chiarantini, dice che «l’allontanamento è avvenuto secondo le regole di legge». E ci conferma che i genitori possono vedere i figli in incontri protetti. E allora perché da due mesi a mamma e papà non è stata concessa neppure una telefonata? E chi pagherà per il trauma fatto a questi bambini?
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Riduci
Il premier: «Il governo ci ha creduto fin dall’inizio, impulso decisivo per nuovi traguardi».
«Il governo ha creduto fin dall’inizio in questa sfida e ha fatto la sua parte per raggiungere questo traguardo. Ringrazio i ministri Lollobrigida e Giuli che hanno seguito il dossier, ma è stata una partita che non abbiamo giocato da soli: abbiamo vinto questa sfida insieme al popolo italiano. Questo riconoscimento imprimerà al sistema Italia un impulso decisivo per raggiungere nuovi traguardi».
Lo ha detto la premier Giorgia Meloni in un videomessaggio celebrando l’entrata della cucina italiana nei patrimoni culturali immateriali dell’umanità. È la prima cucina al mondo a essere riconosciuta nella sua interezza. A deliberarlo, all’unanimità, è stato il Comitato intergovernativo dell’Unesco, riunito a New Delhi, in India.
Ansa
I vaccini a Rna messaggero contro il Covid favoriscono e velocizzano, se a dosi ripetute, la crescita di piccoli tumori già presenti nell’organismo e velocizzano la crescita di metastasi. È quanto emerge dalla letteratura scientifica e, in particolare, dagli esperimenti fatti in vitro sulle cellule e quelli sui topi, così come viene esposto nello studio pubblicato lo scorso 2 dicembre sulla rivista Mdpi da Ciro Isidoro, biologo, medico, patologo e oncologo sperimentale, nonché professore ordinario di patologia generale all’Università del Piemonte orientale di Novara. Lo studio è una review, ovvero una sintesi critica dei lavori scientifici pubblicati finora sull’argomento, e le conclusioni a cui arriva sono assai preoccupanti. Dai dati scientifici emerge che sia il vaccino a mRna contro il Covid sia lo stesso virus possono favorire la crescita di tumori e metastasi già esistenti. Inoltre, alla luce dei dati clinici a disposizione, emerge sempre più chiaramente che a questo rischio di tumori e metastasi «accelerati» appaiono più esposti i vaccinati con più dosi. Fa notare Isidoro: «Proprio a causa delle ripetute vaccinazioni i vaccinati sono più soggetti a contagiarsi e dunque - sebbene sia vero che il vaccino li protegge, ma temporaneamente, dal Covid grave - queste persone si ritrovano nella condizione di poter subire contemporaneamente i rischi oncologici provocati da vaccino e virus naturale messi insieme».
Sono diversi i meccanismi cellulari attraverso cui il vaccino può velocizzare l’andamento del cancro analizzati negli studi citati nella review di Isidoro, intitolata «Sars-Cov2 e vaccini anti-Covid-19 a mRna: Esiste un plausibile legame meccanicistico con il cancro?». Tra questi studi, alcuni rilevano che, in conseguenza della vaccinazione anti-Covid a mRna - e anche in conseguenza del Covid -, «si riduce Ace 2», enzima convertitore di una molecola chiamata angiotensina II, favorendo il permanere di questa molecola che favorisce a sua volta la proliferazione dei tumori. Altri dati analizzati nella review dimostrano inoltre che sia il virus che i vaccini di nuova generazione portano ad attivazione di geni e dunque all’attivazione di cellule tumorali. Altri dati ancora mostrano come sia il virus che il vaccino inibiscano l’espressione di proteine che proteggono dalle mutazioni del Dna.
Insomma, il vaccino anti-Covid, così come il virus, interferisce nei meccanismi cellulari di protezione dal cancro esponendo a maggiori rischi chi ha già una predisposizione genetica alla formazione di cellule tumorali e i malati oncologici con tumori dormienti, spiega Isidoro, facendo notare come i vaccinati con tre o più dosi si sono rivelati più esposti al contagio «perché il sistema immunitario in qualche modo viene ingannato e si adatta alla spike e dunque rende queste persone più suscettibili ad infettarsi».
Nella review anche alcune conferme agli esperimenti in vitro che arrivano dal mondo reale, come uno studio retrospettivo basato su un’ampia coorte di individui non vaccinati (595.007) e vaccinati (2.380.028) a Seul, che ha rilevato un’associazione tra vaccinazione e aumento del rischio di cancro alla tiroide, allo stomaco, al colon-retto, al polmone, al seno e alla prostata. «Questi dati se considerati nel loro insieme», spiega Isidoro, «convergono alla stessa conclusione: dovrebbero suscitare sospetti e stimolare una discussione nella comunità scientifica».
D’altra parte, anche Katalin Karikó, la biochimica vincitrice nel 2023 del Nobel per la Medicina proprio in virtù dei suoi studi sull’Rna applicati ai vaccini anti Covid, aveva parlato di questi possibili effetti collaterali di «acceleratore di tumori già esistenti». In particolare, in un’intervista rilasciata a Die Welt lo scorso gennaio, la ricercatrice ungherese aveva riferito della conversazione con una donna sulla quale, due giorni dopo l’inoculazione, era comparso «un grosso nodulo al seno». La signora aveva attribuito l’insorgenza del cancro al vaccino, mentre la scienziata lo escludeva ma tuttavia forniva una spiegazione del fenomeno: «Il cancro c’era già», spiegava Karikó, «e la vaccinazione ha dato una spinta in più al sistema immunitario, così che le cellule di difesa immunitaria si sono precipitate in gran numero sul nemico», sostenendo, infine, che il vaccino avrebbe consentito alla malcapitata di «scoprire più velocemente il cancro», affermazione che ha lasciato e ancor di più oggi lascia - alla luce di questo studio di Isidoro - irrisolti tanti interrogativi, soprattutto di fronte all’incremento in numero dei cosiddetti turbo-cancri e alla riattivazione di metastasi in malati oncologici, tutti eventi che si sono manifestati post vaccinazione anti- Covid e non hanno trovato altro tipo di plausibilità biologica diversa da una possibile correlazione con i preparati a mRna.
«Marginale il gabinetto di Speranza»
Mentre eravamo chiusi in casa durante il lockdown, il più lungo di tutti i Paesi occidentali, ognuno di noi era certo in cuor suo che i decisori che apparecchiavano ogni giorno alle 18 il tragico rito della lettura dei contagi e dei decessi sapessero ciò che stavano facendo. In realtà, al netto di un accettabile margine di impreparazione vista l’emergenza del tutto nuova, nelle tante stanze dei bottoni che il governo Pd-M5S di allora, guidato da Giuseppe Conte, aveva istituito, andavano tutti in ordine sparso. E l’audizione in commissione Covid del proctologo del San Raffaele Pierpaolo Sileri, allora viceministro alla Salute in quota 5 stelle, ha reso ancor più tangibile il livello d’improvvisazione e sciatteria di chi allora prese le decisioni e oggi è impegnato in tripli salti carpiati pur di rinnegarne la paternità. È il caso, ad esempio, del senatore Francesco Boccia del Pd, che ieri è intervenuto con zelante sollecitudine rivolgendo a Sileri alcune domande che son suonate più come ingannevoli asseverazioni. Una per tutte: «Io penso che il gabinetto del ministero della salute (guidato da Roberto Speranza, ndr) fosse assolutamente marginale, decidevano Protezione civile e coordinamento dei ministri». Il senso dell’intervento di Boccia non è difficile da cogliere: minimizzare le responsabilità del primo imputato della malagestione pandemica, Speranza, collega di partito di Boccia, e rovesciare gli oneri ora sul Cts, ora sulla Protezione civile, eventualmente sul governo ma in senso collegiale. «Puoi chiarire questi aspetti così li mettiamo a verbale?», ha chiesto Boccia a Sileri. L’ex sottosegretario alla salute, però, non ha dato la risposta desiderata: «Il mio ruolo era marginale», ha dichiarato Sileri, impegnato a sua volta a liberarsi del peso degli errori e delle omissioni in nome di un malcelato «io non c’ero, e se c’ero dormivo», «il Cts faceva la valutazione scientifica e la dava alla politica. Era il governo che poi decideva». Quello stesso governo dove Speranza, per forza di cose, allora era il componente più rilevante. Sileri ha dichiarato di essere stato isolato dai funzionari del ministero: «Alle riunioni non credo aver preso parte se non una volta» e «i Dpcm li ricevevo direttamente in aula, non ne avevo nemmeno una copia». Che questo racconto sia funzionale all’obiettivo di scaricare le responsabilità su altri, è un dato di fatto, ma l’immagine che ne esce è quella di decisori «inadeguati e tragicomici», come ebbe già ad ammettere l’altro sottosegretario Sandra Zampa (Pd).Anche sull’adozione dell’antiscientifica «terapia» a base di paracetamolo (Tachipirina) e vigile attesa, Sileri ha dichiarato di essere totalmente estraneo alla decisione: «Non so chi ha redatto la circolare del 30 novembre 2020 che dava agli antinfiammatori un ruolo marginale, ne ho scoperto l’esistenza soltanto dopo che era già uscita». Certo, ha ammesso, a novembre poteva essere dato maggiore spazio ai Fans perché «da marzo avevamo capito che non erano poi così malvagi». Bontà sua. Per Alice Buonguerrieri (Fdi) «è la conferma che la gestione del Covid affogasse nella confusione più assoluta». Boccia è tornato all’attacco anche sul piano pandemico: «Alcuni virologi hanno ribadito che era scientificamente impossibile averlo su Sars Cov-2, confermi?». «L'impatto era inatteso, ma ovviamente avere un piano pandemico aggiornato avrebbe fatto grosse differenze», ha replicato Sileri, che nel corso dell’audizione ha anche preso le distanze dalle misure suggerite dall’Oms che «aveva un grosso peso politico da parte dalla Cina». «I burocrati nominati da Speranza sono stati lasciati spadroneggiare per coprire le scelte errate dei vertici politici», è il commento di Antonella Zedda, vicepresidente dei senatori di Fratelli d’Italia, alla «chicca» emersa in commissione: un messaggio di fuoco che l’allora capo di gabinetto del ministero Goffredo Zaccardi indirizzò a Sileri («Stai buono o tiro fuori i dossier che ho nel cassetto», avrebbe scritto).In che mani siamo stati.
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