2021-06-10
Il Csm trova il diversivo: la funivia
Il Consiglio indagherà sulla sostituzione del gip che gestiva il procedimento sulla strage. Silenzio invece sugli altri scandali della categoria: dai dossier anonimi alla massoneriaDi cosa si preoccupa il Csm? Della presunta loggia Ungheria? Degli strani dossier arrivati nelle redazioni dei giornali? Dello strapotere delle correnti? Macché. Finora, il parlamentino dei giudici ha provato semplicemente a conservare lo status quo. Adesso che, però, l'opinione pubblica preme per avere un segnale, esso si fionda su una vicenda molto mediatica, con un'iniziativa ai limiti del populismo giudiziario: la richiesta di indagare sulla sostituzione del gip di Verbania, Donatella Banci Buonamici, che aveva in mano il fascicolo sulla strage del Mottarone.La carica l'hanno suonata i due consiglieri Sebastiano Ardita e Nino Di Matteo, entrambi pm, che ieri mattina hanno chiesto di investire «con immediatezza la commissione competente e subito dopo l'assemblea plenaria, affinché si intervenga con massima tempestività per valutare la correttezza della decisione adottata e la sua eventuale incidenza sui principi in tema di precostituzione del giudice». Nel corso della giornata, all'esortazione di Ardita e Di Matteo si sono aggiunti anche i consiglieri togati di Magistratura indipendente, Loredana Miccichè, Paola Braggion, Antonio D'Amato e Maria Teresa Balduini.La Banci Buonamici aveva glissato sul cambio in corsa, lasciando però trasparire tutto il suo disappunto: «Parlerò nelle sedi istituzionali». La sua collega, Elena Ceriotti, è ora chiamata a valutare la richiesta di incidente probatorio, avanzata dalla difesa di Gabriele Tadini, il tecnico della funivia che aveva ammesso di aver lasciato il forchettone sulla cabina precipitata, sostenendo però che il gestore Luigi Nerini e il direttore dell'impianto, Enrico Perocchio, fossero a conoscenza dello stratagemma, impiegato per bypassare il freno d'emergenza.Nel frattempo, il procuratore generale di Torino, Francesco Saluzzo, è intervenuto per manifestare il proprio disappunto, dinanzi all'accusa di aver esercitato pressioni e interferenze affinché presidente del tribunale di Verbania, Luigi Montefusco, sostituisse il gip che aveva scarcerato i tre indagati per la tragedia sulla funivia. «Non ho alcun titolo per intervenire sugli uffici giudicanti», ha replicato, «non ho la competenza e l'attribuzione ordinamentale, che spetta alla Corte d'appello, e mantengo un sacro rispetto nei riguardi della magistratura giudicante».Saluzzo ha liquidato come «false e ridicole» le insinuazioni sul suo conto, perché «la cosa fa torto anche al presidente del tribunale di Verbania, indicato, implicitamente, come disponibile a farsi, con facilità, condizionare da un altro magistrato». Secondo la ricostruzione del pg, che mette la mani avanti rispetto all'eventuale indagine del Csm, la decisione di sostituire il gip «riguarda dinamiche interne a quell'ufficio giudicante e la sua aderenza alla organizzazione tabellare, cioè predeterminata e rigida per dare attuazione ai principi del giudice naturale e precostituito». In sostanza, una scelta puramente tecnica, che sarà valutata «dal Consiglio superiore della magistratura». Il quale, evidentemente, ha nel suo repertorio raffinate tecniche diversive.In sé, è legittima la volontà di fare chiarezza. Nondimeno, è curioso che l'interesse dei consiglieri sia solleticato proprio da una vicenda sulla quale sono accesi tutti i riflettori dei media. A pensar male si fa peccato, ma si vien colti dal sospetto che qualcuno, a Palazzo dei Marescialli, mentre si discute di riforma della giustizia e c'è una richiesta di referendum Lega-radicali, tenti di inviare un messaggio, utilizzando un palcoscenico che garantisce adeguata visibilità: siamo cambiati, emendiamo i mali della magistratura, siamo vicini alla sensibilità della gente comune. E intanto, proseguono i silenzi imbarazzati sulle rivelazioni, vere o false che siano, di Piero Amara, restano in piedi le storture correntizie che hanno partorito il sistema Palamara. Ma il Csm non si migliora con un maquillage.
Matteo Salvini e Giorgia Meloni (Ansa)
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