2025-01-31
Il Csm si muove su Lo Voi, il «moderato» finito a Roma grazie alle «toghe rosse»
I laici di Palazzo Bachelet chiedono una pratica disciplinare per l’inchiesta sulla Meloni. Nella carriera del magistrato, l’aiuto di Palamara e Pignatone e i voti dei progressisti.Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella tace. Di fronte alla guerra con pochi precedenti tra il governo e la Procura di Roma non ha trovato il tempo di dire nulla. Il procuratore Franco Lo Voi si è rivolto alla sua augusta persona con un ricorso straordinario per poter riprendere a viaggiare sulla tratta Roma-Palerm con il volo di Stato del Trentunesimo stormo dell’Aeronautica militare. Una comodità che il sottosegretario di Stato, Alfredo Mantovano, delegato in materia da Palazzo Chigi, gli ha negato. Il ricorso è del luglio del 2023 e il pronunciamento, vergato dal Consiglio di Stato per conto del presidente, non è ancora arrivato. Lo stesso Mantovano probabilmente riferirà al Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica sulla strana fuga di notizie riguardanti una nota riservata dei servizi segreti, depositata dalla Procura in un fascicolo in cui sono indagati quattro giornalisti del Domani, i quali, grazie al grazioso cadeau, hanno ottenuto un potente scoop da sparare contro il governo.Anche su questa fuga di notizie autogenerata dalla Procura il presidente non proferisce verbo. Come non lo fa sulla decisione davvero originale di Lo Voi di iscrivere, a tempo di record, sul registro degli indagati Giorgia Meloni e tre ministri sulla scorta di una denuncia senza nomi presentata da un avvocato con un passato da politico e persino da membro del gabinetto Prodi. Ma adesso Mattarella dovrà prendere posizione visto che i cinque laici del centro-destra del Consiglio superiore della magistratura hanno inviato al comitato di presidenza da lui presieduto la richiesta di apertura di una pratica sulla contestata iscrizione. Isabella Bertolini, Claudia Eccher, Daniela Bianchini, Enrico Aimi e Felice Giuffrè hanno ricordato che non esiste un «automatismo tra ricevimento della notizia e iscrizione nel registro» degli indagati, soprattutto dopo l’intervento della riforma Cartabia che «prevede che l’iscrizione riguardi “un fatto determinato e non inverosimile” e che risultino “indizi a carico”». I consiglieri ricordano pure un’importante sentenza della Cassazione e la circolare dell’ex procuratore di Roma Giuseppe Pignatone che ha ispirato la modifica della norma sulle iscrizioni. Tale documento, datato 2017, sottolinea che un’iscrizione «è soggetta a essere sollecitata per ragione di carattere strumentale» e stigmatizza le «iscrizioni non necessarie» e una «concezione formalistica» di queste registrazioni. Principi che Lo Voi sembra aver dimenticato. Per i laici del Csm questa considerazione di Pignatone, grande sponsor di Lo Voi, «porta innanzitutto a escludere che l’iscrizione di un nominativo rappresenti un “atto dovuto”», come, da più parti, in magistratura stanno provando a far credere. Persino una delibera del plenum di Palazzo Bachelet, nel 2021, evidenziò come, in vista di un’iscrizione, «sia ineliminabile una componente di discrezionalità valutativa del pm». Infine, nel 2009, le Sezioni unite del Palazzaccio, stabilirono che «l’obbligo di iscrizione si genera» quando «sia superata la soglia del mero sospetto e l’attribuibilità del reato all’indagato assuma una certa pregnanza». Che nel caso di specie, certamente, manca. Per questo i consiglieri, nella loro istanza, «chiedono l’apertura di una pratica in prima commissione» e presso eventuali altre articolazioni del parlamentino «al fine di eventuali profili disciplinari in relazione alle modalità e ai tempi (rapidissimi, ndr) dell’iscrizione», considerata non conforme alle norme vigenti e alla prassi, a partire da quella dettata dalla stessa Procura di Roma.La cosa incredibile è che a inguaiare Lo Voi sia stata una richiesta di arresto del procuratore della Corte penale internazionale Karim Khan. Infatti per quel posto l’Italia (all’epoca il Paese era guidato dal governo giallo-rosso) aveva candidato proprio Lo Voi, descrivendolo come un vero e proprio superman della giustizia. La Rappresentanza permanente dell'Italia presso le Nazioni Unite lo definì «persona di altissima moralità» e ne esaltò «la vasta esperienza» trentennale di pm che con le sue «indagini complesse» aveva assicurato «l’arresto e la condanna di centinaia di criminali». Nonostante questo «santino», alla fine, il sessantasettenne magistrato palermitano era uscito sconfitto dalla contesa. Oggi chi prova a disinnescare le accuse di strumentalizzazione piovute su di lui, sventola la storica appartenenza del procuratore di Roma alla corrente conservatrice di Magistratura indipendente. Ma di acqua ne è passata sotto i ponti e in realtà, come era successo a Pignatone, il procuratore «moderato» si è circondato di collaboratori in buona parte d’orientamento progressista. Un approdo che non era scontato, visti i precedenti. Per esempio nel 2014 la corrente di sinistra di Area si oppone alla nomina di Lo Voi a procuratore di Palermo, considerandolo inidoneo per la mancanza di esperienza, avendo trascorso parte della sua carriera nell’organismo internazionale di Eurojust e non avendo mai ricoperto incarichi direttivi. Un consigliere di sinistra del Csm arriva a definirlo «uno che dorme in hotel 5 stelle mentre i suoi colleghi sono qui in trincea a spalare fango». Ma Lo Voi deve vincere. E i motivi li spiega Luca Palamara nei suoi libri: il candidato della corrente centrista di Unicost, la stessa dell’ex ras delle nomine, Guido Lo Forte, all’epoca, è «considerato un magistrato sostenitore dell’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia, che come noto lambiva, per usare un eufemismo, il Quirinale». Per questo un pezzo da novanta di Unicost come l’ex procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone, che «nel frattempo aveva allacciato un ottimo rapporto con il presidente Giorgio Napolitano», cambia «cavallo» nonostante fosse «molto amico di Lo Forte» e sprona Palamara con queste parole: «Si va su Lo Voi». Palamara, «da uomo di mondo», si mette subito all’opera insieme con l’ex vicepresidente del Csm Giovanni Legnini, pure lui folgorato sulla via di Damasco dalla candidatura di Lo Voi: «La trattativa è drammatica, la ricordo come uno dei momenti più difficili della mia carriera. È dura perché io sto facendo il doppio gioco. Per tenere calme le acque faccio credere a Lo Forte che-come da promessa-non lo mollerò, ma mi invento un trucco concordato con le altre correnti». Il 17 dicembre 2014, al primo turno, Lo Forte si ferma a cinque preferenze, mentre Sergio Lari, sostenuto da Area, raccoglie sette voti. A quel punto i commentatori sono convinti che i due gruppi alleati (Unicost e Area) convergano su uno dei due. Invece Palamara trasforma Lo Forte in un candidato di bandiera e accetta la sconfitta. Al ballottaggio tutti i laici, anche quelli di sinistra, votano per Lo Voi, nonostante sia espressione dell’ala conservatrice. Alla fine il candidato totalizza 13 voti e vince a sorpresa: è il più giovane dei contendenti e l’unico a non aver mai diretto un ufficio giudiziario (gli altri erano stati già procuratore e Lari anche procuratore generale). Legnini, deve allontanare i sospetti di un intervento del Quirinale, negando «condizionamenti esterni». Il giudice di sinistra Nicola Clivio, durante il plenum del Csm, commenta sconsolato: «Signori sono venuto a Roma per vedere come funziona il potere. Non avrei mai detto che Lo Voi, che ha molti meno titoli degli altri, potesse vincere la sfida per Palermo. Oggi ho capito come funziona il potere e sono rimasto sconvolto». Nel gennaio del 2015 Lari e Lo Forte impugnano la delibera e il 25 maggio il Tar del Lazio annulla la nomina di Lo Voi. A quanto risulta alla Verità Palamara, il 26 maggio, si reca personalmente a Palermo dove incontra il procuratore sub judice a una cena. Sono ore decisive per il ricorso al Consiglio di Stato contro l’annullamento della nomina. La chat tra i due si riempie di messaggi che l’ex presidente dell’Anm definisce cifrati. Per esempio il 4 giugno 2015 l’ex leader di Unicost chiede: «Caro Franco ancora non sono arrivati gli inviti. Sai dirmi esattamente quando?». La replica di Lo Voi pare coinvolgere Pignatone: «Giuseppe lo sa. Parla con lui». Il 5 giugno Palamara conferma: «Grazie è arrivato l’invito. A presto un abbraccio». L’ex pm romano racconta che, proprio in quei giorni di giugno, a casa sua si tiene un incontro tra Riccardo Virgilio, il presidente della quarta sezione del Consiglio di Stato che ha in carico la pratica, e lo stesso Pignatone, una colazione a base di croissant in cui i due avrebbero parlato «in maniera molto fitta e riservata». Che cosa si siano detti non è dato sapere, quel che è certo è che, a metà giugno, il Consiglio di Stato sospende la sentenza del Tar e, nel gennaio del 2016, la stessa sezione ribalta definitivamente la decisione dei giudici amministrativi e conferma Lo Voi sulla poltrona di procuratore di Palermo. Il presidente Virgilio è un vecchio amico di Pignatone, mentre il giudice estensore e relatore della sentenza è Nicola Russo. Nei mesi successivi finiscono entrambi sotto inchiesta per corruzione in atti giudiziari proprio in relazione ad alcune sentenze del Consiglio di Stato (non quella su Lo Voi) e successivamente vengono rinviati a giudizio. Nel 2018, davanti al gip, Russo dichiara «di avere ricevuto diverse segnalazioni su procedimenti a lui assegnati», anche da noti pm. Ma non aggiunge altro. Pamalara, intercettato, fa diversi riferimenti a quell’operazione: «Lo Voi lo fa fa Pignatone... il ricorso di Lo Forte c’è pure Pignatone in mezzo...» dice a un membro del Csm. «Io sono stato uno dei fautori per aiutare Pignatone a portare Lo Voi a Palermo» spiega a un vescovo. «E loro perché stanno a fa’ i patti per Lo Voi (in quel momento candidato alla Procura di Roma dalla sinistra giudiziaria, ndr)? Che faccio, mi metto a parlare di Lo Voi io? Io non mi posso mettere a parlare di Lo Voi eh!» aggiunge in un’altra conversazione. Siamo nel maggio del 2019, sono giorni frenetici in cui si deve scegliere il nuovo procuratore di Roma. Pignatone ha appena designato come suo successore Lo Voi, per dare continuità al proprio lavoro. In commissione, però, vince il vero candidato della destra, Marcello Viola, scombinando i piani. Pochi giorni dopo esplode il caso Palamara, che formalmente appoggia Giuseppe Creazzo, ma non disdegna Viola. Basta questo a invalidare la votazione. Quando la giostra riparte vince un candidato nuovo, Michele Prestipino, che non era rimasto invischiato nelle chat palamaresche. Ma, nel 2021, il Consiglio di Stato manda a casa pure lui per mancanza di titoli e torna in pista Lo Voi, il quale, nel dicembre 2021, mette d’accordo quasi tutto il Csm sul proprio nome. Il campione della sinistra nel parlamentino dei giudici, Giuseppe Cascini, seppur rammaricato per la defenestrazione di Prestipino, annuncia il voto favorevole della sinistra: «Ritengo la scelta del dottor Lo Voi, per il quale voterò, un’ottima scelta. Sono sicuro che farà bene a Roma così come ha fatto bene fino ad oggi a Palermo».Da allora il «moderato» Lo Voi e la sinistra sono andati di pari passo. Sino allo scontro di questi giorni contro il governo e la sua riforma della Giustizia.