
Rimosso il cartellone anti aborto davanti alla clinica Mangiagalli di Milano. Per il Pd era «una terribile provocazione» da cancellare subito. Curioso: era appeso da settembre e non aveva suscitato sconcerto.Lo hanno definito «crudele e insultante». Hanno detto che il gonfalone pagato dalle associazioni Pro vita e Ora et labora offendeva donne già provate dalla decisione di interrompere la gravidanza. Emanuele Fiano del Pd, disperato, ha gridato che si trattava di una «provocazione», di un «fatto terribile». Alessandra Kustermann, primario della clinica ginecologica Mangiagalli, ha bollato l'iniziativa come «inaccettabile e stigmatizzante». L'agenzia di stampa Agi, ieri, ha dato conto dello sdegno della dottoressa: «Quando Alessandra Kustermann ha alzato gli occhi e visto il manifesto», si legge nell'articolo, «si è così indignata che ha deciso di raggruppare, domenica sera, una trentina di persone per oscurare il ritenuto affronto alle sue pazienti». Già: quando, domenica, la Kustermann ha alzato gli occhi e ha visto il manifesto, si è proprio infuriata. Piccolo problema: quel manifesto era lì da circa cinque mesi, e nessuno ha mai detto niente, nemmeno lo stimatissimo primario. A quanto pare, il cartellone era così insultante, così sconvolgente e offensivo che nessuno - passandoci davanti - lo ha notato e si è scandalizzato. Tra l'altro, non ci risulta che, da settembre a oggi, il numero di aborti alla Mangiagalli si sia ridotto a zero perché le donne fuggivano disperate...Giorgio Celsi di Ora et Labora conferma: il manifesto anti aborto è stato posizionato di fronte all'entrata della celebre clinica milanese il 15 settembre del 2018. Se ne stava lì, appeso a un pilone, ogni giorno con lo stesso slogan e le stesse immagini: una madre che abbraccia un bimbo e la scritta «Non fermare il suo cuore. Avrà il tuo sguardo, il tuo sorriso e sarà coraggioso perché tu lo sei». Domenica il gonfalone è stato preso d'assalto da un bel gruppo di attivisti di sinistra, tra gli applausi del Pd di Milano. Lo hanno coperto con un drappo, lo hanno censurato posizionandogli sopra un altro cartello con la scritta «Viva la libertà». Ieri, infine, la rimozione definitiva. La concessionaria di pubblicità che si era occupata dell'affissione ha deciso di togliere il cartellone. I responsabili di Ora et labora hanno chiesto spiegazioni, ma nessuno ha dato loro risposte. E dire che avevano già pagato la prima rata trimestrale e si apprestavano a versano la seconda... Alessandra Kustermann è apparsa trionfante: «Mi assumo tutta la responsabilità morale della rimozione», ha detto. Contenta lei... Viene da chiedersi come mai non abbia notato prima il cartellone. A quanto pare ha dovuto attendere che un quotidiano ne pubblicasse una foto su Internet prima di chiamare a raccolta le truppe cammellate pro aborto. Ora, che quel cartellone non fosse offensivo era evidente a tutti: basta guardarlo per rendersi conto che non attacca né insulta nessuno. Ma il fatto che anche i sinceri democratici non si siano mobilitati per mesi e mesi la dice lunghissima. Hanno dovuto attendere lo sguardo dei media prima di organizzare il teatrino politico. Da qualunque punto la si guardi, questa storia appare grottesca. Non a caso suscita un po' ovunque parecchia confusione. Paola Bonzi, responsabile del Centro di aiuto alla vita della Mangiagalli - una donna che da 34 anni lotta contro l'aborto e ha contribuito a far nascere 22.150 bambini - trova che quella del manifesto sia un'idea sbagliata. «Ha suscitato una reazione sproporzionata», dice, «ma io non lo avrei messo. Sarebbe meglio evitare le polemiche e occuparsi di aiutare le donne in difficoltà, quelle che non hanno alloggio o non sanno come portare il cibo in tavola». A sorpresa, è favorevole alla rimozione pure Giulio Gallera, assessore al Welfare di Regione Lombardia: «Collocare un manifesto del genere vicino a un ospedale», spiega alla Verità, «rischia di essere intrusivo. Credo che sia stato un errore metterlo lì, ed è stato giusto rimuoverlo». Silvia Piani, assessore alle Politiche per la famiglia, ha un'opinione ben diversa: «Se il manifesto è stato affisso rispettando tutti i regolamenti e con i necessari permessi, non trovo corretto limitare la possibilità di espressione di un'associazione che legittimamente diffonde un messaggio di sensibilizzazione, peraltro privo di qualsivoglia contenuto offensivo». Della stessa idea è pure il governatore lombardo, Attilio Fontana, che alla Verità ribadisce: «Se sono state rispettate tutte le norme, era legittimo che il cartellone stesse lì, e credo che abbiano fatto male a rimuoverlo. La democrazia prevede che tutti possano esprimere la loro opinione. Per altro, se uno è sicuro delle proprie idee, non credo che abbia bisogno di cancellare quelle degli altri». Il problema, purtroppo, è proprio questo. I sinceri democratici di sinistra sono così spaventati dalle idee degli altri da dover ricorrere alla censura. Stavolta, semplicemente, ci hanno messo qualche mese in più del solito, giusto per aggiungere un tocco di farsa alla tragedia.
Massimo Doris (Imagoeconomica)
Secondo la sinistra, Tajani sarebbe contrario alla tassa sulle banche perché Fininvest detiene il 30% del capitale della società. Ma Doris attacca: «Le critiche? Ridicole». Intanto l’utile netto cresce dell’8% nei primi nove mesi, si va verso un 2025 da record.
Nessun cortocircuito tra Forza Italia e Banca Mediolanum a proposito della tassa sugli extraprofitti. Massimo Doris, amministratore delegato del gruppo, coglie l’occasione dei conti al 30 settembre per fare chiarezza. «Le critiche sono ridicole», dice, parlando più ai mercati che alla politica. Seguendo l’esempio del padre Ennio si tiene lontano dal teatrino romano. Spiega: «L’anno scorso abbiamo pagato circa 740 milioni di dividendi complessivi, e Fininvest ha portato a casa quasi 240 milioni. Forza Italia terrebbe in piedi la polemica solo per evitare che la famiglia Berlusconi incassi qualche milione in meno? Ho qualche dubbio».
Giovanni Pitruzzella (Ansa)
Il giudice della Consulta Giovanni Pitruzzella: «Non c’è un popolo europeo: la politica democratica resta ancorata alla dimensione nazionale. L’Unione deve prendere sul serio i problemi urgenti, anche quando urtano il pensiero dominante».
Due anni fa il professor Giovanni Pitruzzella, già presidente dell’Autorià garante della concorrenza e del mercato e membro della Corte di giustizia dell’Unione europea, è stato designato giudice della Corte costituzionale dal presidente della Repubblica. Ha accettato questo lungo colloquio con La Verità a margine di una lezione tenuta al convegno annuale dell’Associazione italiana dei costituzionalisti, dal titolo «Il problema della democrazia europea».
Ansa
Maurizio Marrone, assessore alla casa della Regione Piemonte in quota Fdi, ricorda che esiste una legge a tutela degli italiani nei bandi. Ma Avs la vuole disapplicare.
In Italia non è possibile dare più case agli italiani. Non appena qualcuno prova a farlo, subito si scatena una opposizione feroce, politici, avvocati, attivisti e media si mobilitano gridando alla discriminazione. Decisamente emblematico quello che sta avvenendo in Piemonte in queste ore. Una donna algerina sposata con un italiano si è vista negare una casa popolare perché non ha un lavoro regolare. Supportata dall’Asgi, associazione di avvocati di area sorosiana sempre in prima fila nelle battaglie pro immigrazione, la donna si è rivolta al tribunale di Torino che la ha dato ragione disapplicando la legge e ridandole la casa. Ora la palla passa alla Corte costituzionale, che dovrà decidere sulla legittimità delle norme abitative piemontesi.
Henry Winkler (Getty Images)
In onda dal 9 novembre su History Channel, la serie condotta da Henry Winkler riscopre con ironia le stranezze e gli errori del passato: giochi pericolosi, pubblicità assurde e invenzioni folli che mostrano quanto poco, in fondo, l’uomo sia cambiato.
Il tono è lontano da quello accademico che, di norma, definisce il documentario. Non perché manchi una parte di divulgazione o il tentativo di informare chi stia seduto a guardare, ma perché Una storia pericolosa (in onda dalle 21.30 di domenica 9 novembre su History Channel, ai canali 118 e 409 di Sky) riesce a trovare una sua leggerezza: un'ironia sottile, che permetta di guardare al passato senza eccessivo spirito critico, solo con lo sguardo e il disincanto di chi, oggi, abbia consapevolezze che all'epoca non potevano esistere.






