2020-02-01
Il crac di Pop Bari: «500 milioni inventati a bilancio»
Arrestati Marco e Gianluca Jacobini, per anni ai vertici I pm: liquidità inesistente. Dubbi sull'operato della Vigilanza. I criteri con cui la Commissione ha dato l'ok per NordLb non avallano l'intervento di Mcc. La parabola di Vincenzo De Bustis, «jolly scaduto» e interdetto. “Lo speciale contiene tre articoli. Scattano le manette nell'inchiesta sul crac della Banca popolare di Bari. E l'indagine rischia di allargarsi. Intanto imbarazza la vigilanza della Banca d'Italia guidata da Ignazio Visco, in carica dal novembre 2011. Lo si scopre leggendo le 400 pagine di ordinanza di custodia cautelare dove si spiegano i motivi degli arresti domiciliari (reati di falso in bilancio, falso in prospetto e ostacolo alla vigilanza) di Marco e Gianluca Jacobini, padre e figlio, per anni ai vertici dell'istituto. Il lavoro dei magistrati lascia diversi interrogativi. Perché Bankitalia non aveva mosso rilievi di incompatibilità sul nuovo chief risk officer Luca Sabetta nel luglio 2013 e invece lo farà solo a dicembre, proprio dopo le prime tensioni sull'operazione Tercas? Non solo. C'è un altro aspetto inquietante sull'ammontare delle perdite sui crediti degli anni 2015-18. In particolare, quello del 2016 è meno della metà del dato 2015 e un terzo del dato 2018. Aspetto particolare perché il 2016 fu l'anno di ispezione di Bankitalia sul credito. Per di più, secondo i magistrati, l'operazione di cartolarizzazione del 2017 con il fondo Chariot sarebbe un evidente falso in bilancio, con una liquidità di 500 milioni di euro inesistente. Se i pm hanno ragione, Bankitalia con che criteri ha valutato quel bilancio? Ai domiciliari finisce anche Elia Circelli, fino a ieri responsabile della direzione operations della Pop Bari e quindi, secondo il gip, Francesco Pellacchia, ancora capace «di nascondere i dati contabili al fine di evitare che emerga la falsità dei precedenti bilanci». Viene interdetto per 12 mesi «da attività di dirigente di istituti bancari e di uffici direttivi di imprese», Vincenzo De Bustis Figarola, storico direttore generale della banca dal 2011 al 2015 e dal dicembre 2018 fino al commissariamento il 13 dicembre 2019. Le indagini della Procura di Bari, coordinate dal procuratore aggiunto Roberto Rossi, ruotano soprattutto intorno alle denunce presentate da Sabetta, l'ex chief risk officer che arrivò nel luglio del 2013 dopo che tra gennaio e aprile c'erano già stati due accertamenti ispettivi da parte dell'autorità di vigilanza di Banca d'Italia. «A tal proposito» si legge nelle carte dell'ordinanza «proprio De Bustis aveva riferito in via informale a Sabetta che il responsabile del team ispettivo della Banca d'Italia (il dottor Angelo Rivieccio) aveva rappresentato informalmente al direttore generale, prima di formulare le contestazioni, la necessità che venisse inserita una persona esterna [...]». Ma se dopo la nomina di Sabetta l'impressione è che Pop Bari voglia «davvero un cambio di passo», in realtà il sospetto degli investigatori è che proprio allora sia incominciato «il reale progetto ordito dai vertici della Pop Bari» in frode alla Banca d'Italia e in danno di Sabetta, che «non verrà mai messo nelle condizioni di svolgere in concreto e al meglio il proprio compito». La comunicazione del nuovo incarico avviene due mesi dopo. È un periodo critico per l'istituto di credito del mezzogiorno, tra le 10 maggiori banche popolari italiane, con più di 70.000 soci. Ci sono infatti sul tavolo, l'acquisizione di Banca Tercas (Cassa di risparmio di Teramo); la valutazione dell'aumento di capitale, destinato a rafforzare il patrimonio di gruppo; la revisione del sistema dei controlli interni e le controdeduzioni da inviare alla Banca d'Italia. Sabetta non tocca palla. E agli incontri su Tercas, con Bankitalia e Consob, va al suo posto Antonio Zullo, l'ex responsabile del risk management. Per di più a nemmeno un mese dall'assunzione, De Bustis propone a Sabetta un posto proprio in Tercas che a breve sarà sotto il controllo di Bari. Sabetta è spiazzato, ma si interessa dell'operazione. La banca teramana, commissariata dal 2012, ha un buco di 600 milioni di euro. Sabetta scopre che i crediti a rischio di Banca Tercas erano pari a 3,46 miliardi, oltre il 50% dei derivati di rischio di Banca popolare di Bari. Decide di presentarsi da De Bustis con un registratore. Gli spiega la delicatezza dell'operazione Tercas che ha già ricevuto 480 milioni da Bankitalia tramite Ela (emergency liquidity assistance). Dopo quell'incontro il 9 dicembre Sabetta invia una mail con una richiesta di due diligence sull'operazione Tercas a Luigi Jacobini. il 13 dicembre De Bustis lo convoca in ufficio. Per dirgli cosa? Il responsabile del dipartimento di Vigilanza di palazzo Koch, Carmelo Barbagallo, gli avrebbe parlato - stando agli atti dell'ordinanza - del possibile conflitto di interessi tra di loro, perché in passato avevano lavorato in alcune aziende comuni tra cui Mps, aspetto che era stato escluso da De Bustis . Un mese dopo Sabetta viene demansionato. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/il-crac-di-pop-bari-500-milioni-inventati-a-bilancio-2644993316.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="la-parabola-di-de-burtis-jolly-scaduto-e-interdetto" data-post-id="2644993316" data-published-at="1763763778" data-use-pagination="False"> La parabola di De Burtis, «jolly scaduto» e interdetto <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/il-crac-di-pop-bari-500-milioni-inventati-a-bilancio-2644993316.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="la-ricapitalizzazione-dell-istituto-e-a-rischio-ue" data-post-id="2644993316" data-published-at="1763763778" data-use-pagination="False"> La ricapitalizzazione dell'istituto è a rischio Ue
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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