2021-02-09
Il Covid fa 30.000 morti tra chi non ha il Covid
(Lorenzo Palizzolo/Getty Images)
La pandemia ha bloccato gli ospedali e costretto molti pazienti a trascurare cure ed esami. Risultato: 2 milioni di test oncologici in meno, infarti presi in ritardo con mortalità aumentata, già a marzo scorso, di tre volte, e malattie mentali in vorticosa crescita.L'aumento dei decessi generati indirettamente dal Covid sarebbe pari a 30.000 unità: tanti sono i morti in più rilevati dall'Istat nel 2020 facendo un confronto con le medie dei cinque anni precedenti. Sul tema si è fatto sentire l'allarme dei dottori. «Questo dato ci preoccupa, perché può essere la conseguenza finale anche delle cosiddette malattie trascurate causa pandemia», ha dichiarato Filippo Anelli, presidente della Fnomceo, la Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e odontoiatri. Un timore non nuovo, espresso molte volte da oncologi ed esperti di malattie cardiovascolari, che da mesi segnalano i rischi e le pesanti conseguenze di una risposta sanitaria concentrata solo sui contagi da coronavirus. Adesso, il sospetto che i malati di altre patologie non siano stati più curati e salvati come prima diventa quasi una certezza nelle dichiarazioni di Anelli, che ha elencato i principali ritardi nella prevenzione, nella diagnosi, nella presa in carico e nei trattamenti soprattutto di tumori e malattie cardiovascolari. «Dati diffusi dall'associazione Salutequità (laboratorio italiano per l'analisi dell'andamento e dell'attuazione delle politiche sanitarie e sociali, ndr) mostrano come per esempio gli screening oncologici siano letteralmente crollati», ha ricordato all'Adnkronos salute il presidente Fnomceo, che ha una lunga esperienza come medico di famiglia. «Tanti colleghi oncologi mi dicono che al primo accesso dei pazienti vedono quadri di stadiazione dei tumori più avanzati, che non si vedevano da tanto tempo perché eravamo riusciti a fare diagnosi molto precoci», ha poi aggiunto. Lo studio Cero-19, ideato dal Barcelona clinic liver cancer - hospital clinic di Barcellona e dal Policlinico di Milano, da poco presentato al summit internazionale della società europea per lo studio del fegato (Easl), ha messo in luce gli effetti negativi dell'emergenza sanitaria Covid in 76 centri di tutto il mondo con alta specializzazione per le patologie epatiche. Durante la prima ondata «l'87% delle strutture ha dovuto modificare la gestione del paziente con tumore primitivo del fegato proprio a causa della pandemia», ha spiegato Massimo Iavarone, epatologo dell'unità di gastroenterologia ed epatologia del Policlinico di Milano e coordinatore italiano dello studio. Si sono così rallentate le procedure di screening, di diagnosi «potenzialmente riducendo l'accesso a terapie efficaci e quindi modificando la prognosi dei pazienti». Sul pesantissimo rallentamento della prevenzione precoce di tumori già avevamo avuto conferma dall'indagine dell'Osservatorio nazionale screening (Ons), i cui risultati mostrano un calo di 2 milioni di test oncologici tra il primo gennaio e il 30 settembre 2020, rispetto allo stesso periodo del 2019, in 20 regioni su 21. Tumori non diagnosticati nella fase iniziale possono significare lesioni ormai a uno stadio avanzato. Purtroppo anche vite che non si potranno salvare. Ma non c'è solo il cancro a preoccupare il presidente Fnomceo, che ha parlato di come vengono trascurate le «patologie cardiovascolari, in maniera particolare gli infarti» e che «i colleghi cardiologi ci dicono che i quadri che si vedono oggi in pronto soccorso sono di infarti in fase acuta». Ciro Indolfi, vicepresidente della Federazione degli oncologi, cardiologi e ematologi (Foce) e presidente della Società italiana di cardiologia (Sic) l'aveva detto: «Ogni 10 minuti di ritardo nella diagnosi e nel trattamento di un infarto miocardico grave, la mortalità aumenta del 3% e un intervento successivo ai 90 minuti dall'esordio dei sintomi può addirittura quadruplicare la mortalità». Purtroppo, nel mese di marzo di un anno fa si era registrata una mortalità «tre volte maggiore» rispetto al 2019, proprio per il depotenziamento delle cardiologie. «Ogni minuto perso equivale a una parte importante di tessuto cardiaco che muore», ricorda Filippo Anelli. E quando le conseguenze di interventi non tempestivi non sono il decesso, il ritardo comunque «ha effetti a lungo termine abbastanza drammatici per il recupero della persona». Tumori, malattie cardiache ma anche altre fragilità, quelle mentali, sono state elencate tra le patologie trascurate per dare spazio alle cure Covid. «Si parla di depressioni minori e maggiori», assieme ad altre forme di disagi psichiatrici perché, ha spiegato il medico, «in tutte le crisi di vario genere a livello mondiale queste tendono ad aumentare». Nello scenario prossimo futuro ci dobbiamo perciò aspettare «una riduzione dell'indice di sopravvivenza. Eravamo fra i Paesi più longevi al mondo», sottolinea Anelli, convinto che l'impatto della pandemia su «queste patologie comprometterà un risultato brillante raggiunto. Con un risvolto negativo anche sulla qualità di vita, che sarà più compromessa per via delle conseguenze aggravate di alcune malattie e richiederà ulteriore impegno sul piano socio assistenziale». Il presidente ha infatti sottolineato come il post Covid non sarà uguale per tutti, accentuando il problema delle diseguaglianze «anche nelle zone più sviluppate». «Chi avrà più risorse potrà superare con maggiore facilità i problemi legati alla malattia» e tornare alla vita normale mentre per altri «la stessa povertà diventa causa di malattia o peggioramento delle condizioni», soprattutto nelle persone della terza età. Anelli ha poi sollevato la questione del rientro a casa dopo la malattia da coronavirus, quello che succede quando i pazienti non riescono a star bene. Persone che «avranno bisogno di cure e controlli costanti» per lungo tempo.