2022-03-21
Il cortocircuito iraniano di Biden
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Il presidente americano ha comminato dure sanzioni finanziarie ed energetiche alla Russia. Tuttavia sta contemporaneamente offrendo a Mosca delle scappatoie grazie all’accordo sul nucleare iraniano: un cortocircuito pericoloso. In conseguenza dell’invasione russa dell’Ucraina, l’amministrazione Biden ha comminato severe sanzioni a Mosca: in particolare, le misure adottate dalla Casa Bianca vanno da provvedimenti di natura finanziaria all’embargo energetico. Una linea dura, insomma. Non è del resto un mistero che per la Russia l’export di gas e petrolio costituisce un fronte particolarmente sensibile. A livello generale, questa strategia potrebbe quindi avere un senso, per indebolire Mosca nel pieno delle operazioni belliche in Ucraina. Il problema risiede tuttavia nel fatto che l’attuale presidente americano si sta in realtà rendendo responsabile di un imbarazzante cortocircuito geopolitico. Un cortocircuito che riguarda principalmente il tentativo di rilancio del controverso accordo sul nucleare con l’Iran. Siglata da Barack Obama nel 2015, tale intesa venne abbandonata da Donald Trump nel 2018. Nel corso della campagna elettorale per le presidenziali americane, Joe Biden promise a più riprese che avrebbe riesumato quel trattato. In tal senso, appena entrato in carica, l’attuale inquilino della Casa Bianca raffreddò i rapporti con l’Arabia Saudita e, nell’aprile del 2021, avviò negoziati indiretti a Vienna con l’Iran, dando quindi sostanzialmente il via a una sorta di distensione nei confronti di Teheran. Una distensione che, si badi bene, non è stata interrotta, mentre la crisi ucraina cominciava a montare dallo scorso novembre. A fine dicembre, la Casa Bianca e il Cremlino ribadirono infatti congiuntamente il loro impegno nel rilanciare l’accordo. Va notato che Biden ha sempre considerato la Russia una sponda fondamentale, per conseguire questo obiettivo: non solo Mosca è infatti strettamente legata a Teheran dal punto di vista politico, ma – nel 2015 – il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, fu uno dei principali artefici dell’intesa sul nucleare. Già a prima vista, si palesa dunque un evidente problema. Che senso ha, da parte di Biden, comminare sanzioni alla Russia se, al contempo, punta ad allentare la pressione su uno suo strettissimo alleato come l’Iran? Si potrebbe pensare che le cose siano mutate dopo l’avvio dell’invasione russa, lo scorso 24 febbraio. Ma non è così. Il 16 marzo, il sito Axios ha rivelato che la Casa Bianca starebbe seriamente considerando l’ipotesi di togliere le Guardie della rivoluzione islamica dalla lista delle organizzazioni terroristiche: una notizia che ha turbato profondamente Israele. Inoltre, venendo specificamente all’accordo sul nucleare, anche qui si continua a registrare una vera e propria distensione. “Ovviamente non sanzioneremo la partecipazione russa a progetti nucleari che fanno parte della ripresa della piena attuazione del Jcpoa [l’accordo sul nucleare, ndr]. Non possiamo e non lo faremo, e non abbiamo fornito assicurazioni oltre a questo alla Russia”, ha dichiarato appena pochi giorni fa il portavoce del Dipartimento di Stato americano, Ned Price. “Abbiamo ricevuto garanzie scritte: sono incluse nel testo stesso dell'accordo sul rilancio del Jcpoa, e in questi testi c'è una difesa affidabile di tutti i progetti previsti dal Jcpoa e di tali attività (compreso il collegamento dei nostri aziende e specialisti)”, ha affermato la settimana scorsa lo stesso Lavrov. Al di là delle parole, bisogna guardare ai fatti. Secondo quanto rivelato la scorsa settimana dal Washington Free Beacon, Rosatom – grazie al Jcpoa – blinderà un contratto da 10 miliardi di dollari, per espandere la (controversa) centrale nucleare iraniana di Bushehr. Se la rivelazione fosse confermata, è chiaro che l’amministrazione Biden sarebbe pronta a concedere di fatto alla Russia una significativa scappatoia alle sanzioni occidentali proprio attraverso le attività di Rosatom in Iran. Del resto, la stessa Teheran ha recentemente affermato di voler sostenere Mosca nel fronteggiare le sanzioni occidentali. Lo scorso 17 marzo, il ministro iraniano del petrolio, Javad Owji, si è recato in visita ufficiale nella capitale russa, affermando: “La Russia ci è stata vicina quando siamo stati sottoposti a sanzioni e, pertanto, consideriamo nostro obbligo oggi sostenere la Russia in queste difficili condizioni”. Dal canto suo, il Jerusalem Post ha sottolineato che, togliendo le guardie della rivoluzione dalla lista delle organizzazioni terroristiche, Biden di fatto consentirà a società straniere di fare affari con questa realtà, rafforzando così l’Iran e conseguentemente la sua possibilità di spalleggiare Mosca. Insomma, da una parte Biden impone sanzioni alla Russia e dall’altra le offre contemporaneamente delle scappatoie, pur di rilanciare l’accordo sul nucleare. Quale sarebbe di grazia il senso di tutto questo?
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