2022-06-26
Il corpo è mio soltanto quando decidono loro
I vari Gianni Riotta, Concita De Gregorio e Roberto Speranza sono paladini dell’idea tutta progressista che l’autodeterminazione di una persona valga solo se ci si vuole suicidare o si desidera abortire. Ma quando ci ha imposto i vaccini, al ministro dei diritti non importava nulla. Infastidisce, ma in fondo non stupisce per niente, il rigetto per la democrazia che i progressisti italici non perdono occasione d’esibire: dopo tutto, sono gli stessi che insistono con l’invio di armi all’Ucraina benché la grande maggioranza dei nostri connazionali sia contraria. A ben vedere, non sorprendono nemmeno certi editoriali sull’America letti in queste ore sui giornali. Gli Stati Uniti, per i liberal nostrani, vanno benissimo se, possibilmente guidati da un democratico, esportano la libertà con bombe e mitragliatori o disseminano ovunque i deliri politicamente corretti, ma non appena spuntano idee un filo conservatrici, ecco che il Nuovo Mondo ridiventa l’orrido terriccio in cui prosperano le «lobby evangeliche» (così Gianni Riotta, per un dì ritornato agli antichi fasti) e gli ottusi tifosi del «ritorno al Medioevo» (così le varie Concite De Gregorio di ogni genere e grado che ieri si sono esibite sul tema dell’aborto). Alla doppia morale, all’arroganza e alla spocchia siamo da tempo abituati, non ci aspettiamo niente di diverso. Le reazioni dei cosiddetti dem alla sentenza della Corte suprema Usa erano prevedibili con giorni d’anticipo, le loro argomentazioni suonavano vecchie ancor prima che qualcuno le scandisse. La solfa è la solita: ciò che piace a sinistra è giusto, ciò che lì non piace è fascista e dunque intollerabile. Tutto secondo un copione che non varrebbe neppure la pena di commentare, se non fosse che anche la più robusta pazienza ha un limite. E tale limite è stato superato nel momento in cui alcuni dei nostri illustri sinistrati hanno iniziato a blaterare di autodeterminazione. Per la precisione, la soglia della decenza è stata varcata quando Roberto Speranza si è messo a concionare sui diritti. «La sentenza della Corte suprema americana», ha detto il ministro della Salute, «cancella mezzo secolo di battaglie per i diritti delle donne. Ci dice che non dobbiamo mai considerare un progresso come acquisito per sempre. Dobbiamo continuare a batterci ogni giorno perché non si torni mai più indietro». Posto, come abbiamo già ampiamente argomentato, che la Corte Usa non ha cancellato un bel nulla, se c’è sul pianeta qualcuno che dovrebbe, per dignità, astenersi dal parlare di diritti negati, quello è esattamente Speranza. Costui è l’uomo che, ovviamente supportato da numerosi presunti esperti e dalla gran parte dei giornalisti, ha inteso privare gli italiani, per mesi, della libertà di movimento. È l’uomo che ha fatto strame dell’autodeterminazione dei corpi, ricattando milioni di connazionali per obbligarli alla vaccinazione, pena la perdita del posto di lavoro e di alcune garanzie fondamentali. Sì: dei «diritti delle donne», al ministro, non sembrava importare granché quando a queste veniva impedito di salire sui mezzi pubblici (benché sane) poiché non vaccinate. La salute delle donne (e degli uomini) non pareva dargli pensiero quando negava con ostinazione l’esistenza di cure precoci per il Covid o quando i medici di base non uscivano a visitare i pazienti. Non l’abbiamo visto sbracciarsi troppo nemmeno quando certi medici solerti negavano gli esami e le operazioni ai non vaccinati. Va detto, a sua difesa, che Roberto è coerente. Fu lui infatti, nel 2020 quindi in piena pandemia, mentre l’Italia era priva di un piano pandemico oltre che di posti in ospedale, a elaborare nuove linee guida sulla distribuzione della pillola abortiva. Ricordate? Speranza ribadì con orgoglio che le sue indicazioni si basavano «sull’evidenza scientifica» e che sarebbe stato opportuno consentire «l’interruzione volontaria di gravidanza con metodo farmacologico in day hospital e fino alla nona settimana». Ecco, è precisamente questa spietata speculazione sui diritti che non riusciamo proprio a tollerare. L’idea progressista per cui il possesso del corpo valga soltanto qualora ci si voglia suicidare o si desideri porre fine a una gravidanza (caso, quest’ultimo, in cui i corpi coinvolti sono almeno due se non tre, il che rende decisamente opinabili le tirate sull’autodeterminazione). Per quanto riguarda la sentenza della Corte suprema, in aggiunta, la speculazione è particolarmente odiosa perché si accompagna a una potente mistificazione. Come ha giustamente ricordato anche Giorgia Meloni, la legislazione italiana e quella statunitense sono notevolmente diverse. Eppure i simpatici liberal nostrani cercano di proiettare sulla nostra nazione l’inquietante ombra delle «Forze oscure della reazione in agguato», parlano di una temibile destra americana liberticida e la sovrappongono alla destra dei nostri paraggi. Il fatto è che in Italia il diritto all’aborto non è mai stato presente nella Costituzione. A regolamentare la pratica è la legge 194, che è stata votata dal Parlamento e che nessuno, manco la «destra pro life», chiede di cambiare. In Italia il «diritto all’aborto» non viene negato. Semmai, partiti e movimenti di sinistra cercano di far credere che lo sia, al fine di promuovere un maggiore ricorso alla pillola abortiva. Il clamore mediatico suscitato dalla vicenda americana viene sfruttato proprio a questo scopo: per far ripartire la polemica farlocca sulla mancata applicazione della 194. Associazioni di sponda radicale e intellettuali «femministe» di varia estrazione lamentano che in alcune regioni d’Italia la pillola abortiva non venga somministrata in ambulatorio o consultorio, Emma Bonino dichiara che «anche qui stiamo tornando indietro». Ovvio: costoro vorrebbero che le donne potessero assumere la Ru486 senza nemmeno sottoporsi al day hospital (cioè a un breve ricovero che tutela la salute femminile, di certo non la danneggia) e, soprattutto, vorrebbero contrastare l’obiezione di coscienza. Di nuovo, gli unici intenzionati a negare un diritto (quello, di cui sempre più medici si avvalgono, a non praticare aborti) sono proprio i sedicenti democratici. I quali sarebbero felici di sanzionare i professionisti che rifiutano di praticare interruzioni di gravidanza. E Sarebbero felici di cacciare dagli ospedali e persino dalle vie intorno agli ospedali i gruppi pro vita, il cui unico obiettivo è di mostrare alle donne l’esistenza di una possibilità che non sia lo spegnimento di una vita. Sempre a proposito di diritti, se in Italia oggi ne manca uno è precisamente quello di portare a termine una gravidanza con serenità, senza angosce per il futuro. Come ebbe a scrivere la regista femminista Cristina Comencini, sarebbe ora di tutelare anche il diritto di essere madri. Ma ai cari progressisti, con tutta evidenza, tale diritto non interessa, proprio come non interessa il diritto al lavoro di chi rifiuta il vaccino. Ora sono preoccupati per la libertà, poverini: temono di non poter comandare abbastanza.