2025-06-17
Il coro dei commentatori moralisti mostra il cortocircuito su Putin
Molti di coloro che oggi si schierano contro Teheran ieri difendevano l’Ucraina. A farla da padrone come sempre è il doppiopesismo. Piuttosto che cercare cavalieri bianchi, difendiamo l’interesse nazionale.Ed ecco che la fortuna benevola ci dona un altro pretesto per scannarci, dividerci in consorterie e sbudellarci a vicenda. Le risse catodiche su Gaza e Ucraina sono superate, o meglio ricomprese nel nuovo terreno di conflitto. La scelta di campo deve essere fulminea e totale, indietro non si torna. E guai a sbagliare. Se dici che l’Iran, minacciando Israele, foraggiando i suoi avversari e bramandone la distruzione, un po’ si è andato a cercare le bombe, parte della folla ti sbraita che sei un filosionista maledetto complice del genocidio. Se, al contrario, ti permetti di avanzare qualche obiezione sull’opportunità dell’attacco a Teheran, ecco che divieni un antisemita servo degli ayatollah, nemico dell’Occidente e idiota autodistruttivo. Va detto che sulla grande stampa predomina leggermente questa seconda versione dell’aggressione mediatica. In ogni caso, la doppia morale e i cortocircuiti dominano praticamente ovunque. A tale proposito era istruttiva ieri la lettura dell’editoriale di Antonio Polito sul Corriere della Sera, che se la prendeva con la «malafede e ingenuità» dei pacifisti. «Quelli che Netanyahu è un pazzo guerrafondaio ad attaccare l’Iran, ma Putin le sue ragioni ce l’aveva per invadere l’Ucraina», ha scritto Polito, «sono un esempio di contraddizione logica ed etica purtroppo alquanto di successo nel disorientato discorso politico nostrano». C’è del vero in questo appunto: se si condanna l’uso della forza bisogna condannarlo sempre, non a corrente alternata. E tocca ammettere che le bombe sono orrende e uccidono a prescindere da chi le scagli. Se Polito ha colto una contraddizione di certo pacifismo, ha però leggermente sorvolato sulle contorsioni del fronte anti iraniano che si è costituito in fretta e furia in questi giorni. Tale fronte è composto da anche da numerosi commentatori che, negli ultimi anni, hanno voluto opporsi strenuamente a Putin, considerato un invasore guerrafondaio, un violento dittatore meritevole soltanto di essere distrutto. A voler essere onesti, è difficile negare che il diritto all’autodifesa sia stato unilateralmente invocato tanto da Israele quanto dalla Russia. Israele scatena una sorta di guerra preventiva contro l’Iran perché starebbe preparando l’atomica da sganciargli sulla testa. La Russia invade l’Ucraina per difendere il Donbass martoriato dai bombardamenti di Kiev e per tutelarsi da un Occidente che abbaia sempre più vigorosamente nei pressi dei suoi confini. Perché una nazione dovrebbe aver ragione e l’altra torto? Perché gli ucraini sono buoni e gli iraniani cattivi? Sulla democrazia ucraina si potrebbe discutere molto, sull’inesistenza di quella iraniana non ci sono dubbi. Anche riguardo le bombe di Netanyahu su Gaza si potrebbe avere qualcosa (molto, per chi scrive) da obiettare, e allo stesso modo si potrebbe discutere di quelle ucraine su Donetsk. Secondo Polito, il «doppio standard morale, Putin statista/Netanyahu assassino, permane e anzi si rafforza». Ma a ben vedere è bello robusto anche il doppio standard contrario: Putin assassino, Netanyahu difensore dell’Occidente. Sempre a parere dell’editorialista del Corriere, il motivo per cui qualcuno sta con i russi e contro Israele potrebbe risiedere nell’odio «inveterato di un settore politico italiano per l’America». Può darsi, ma anche qui vale tutto e il suo contrario: ci sono pure quelli - e sono tanti - che spalleggiavano gli Usa di Biden e contestano per principio quelli di Trump, anche se alcune scelte di politica estera e interna delle due amministrazioni alla prova dei fatti sono molto simili. La verità è che l’elenco delle contraddizioni potrebbe essere infinito, anche sul caso iraniano. Due nazioni che posseggono l’atomica sostengono l’assalto a Teheran perché vuole (forse) costruirla. Una nazione che ha attaccato l’Iraq accusandolo falsamente di avere armi di distruzione di massa inveisce contro l’Iran per la stessa ragione. Il tutto con il sostegno politico e mediatico di commentatori che contestano il riarmo iraniano e il bellicismo russo ma approvano il riarmo europeo e il bellicismo occidentale. In contemporanea, ecco che a contestare le bombe contro gli ayatollah arrivano movimenti sedicenti difensori dei diritti delle minoranze, le stesse minoranze che in Iran e a Gaza non vengono esattamente protette. Tutto ciò è in realtà estremamente istruttivo. La confusione e gli opposti cortocircuiti dimostrano al di là di ogni ragionevole dubbio che, nelle questioni di politica internazionale, la dicotomia moralistica non ha senso di esistere. Si può essere contrari alla esportazione della democrazia con le bombe e, insieme, non apprezzare i regimi che di quelle bombe sono destinatari. Si può riconoscere che in uno Stato autoritario non si vivrebbe volentieri e insieme affermare che i regimi alternativi creati violentemente dall’Occidente non sono poi tanto migliori, anzi. Dopo tutto, siamo per sempre quelli che hanno sventrato l’Afghanistan e poi hanno accettato il ritorno dei talebani, quelli che hanno macellato l’Iraq e ora spingono le milizie che sostennero Saddam, e via attorcigliandosi. L’amara realtà è che la politica internazionale è regolata dal potere e da niente altro. Chi ha la forza per agire, agisce, e per lo più se ne frega del diritto o lo piega ai propri bisogni del momento o peggio lo invoca per commettere massacri. Non ci sono anime belle e cavalieri bianchi, salvatori e super cattivi. Ci sono potenze che fanno il loro gioco, e civili che crepano nell’indifferenza dei più. Ci sono cause che conquistano i media e altre del tutto analoghe che marciscono nel silenzio. Riconoscerlo non cambierebbe granché, ma forse ci renderebbe meno ipocriti. Soprattutto, poi, liberarci del moralismo potrebbe evitarci infinite e sterili discussioni, utili quasi esclusivamente a distrarre da altri problemi. Potremmo serenamente fare a meno di demonizzazioni e censure, di insulti e risse patetiche. E potremmo convergere sull’unica posizione che abbia davvero senso: la difesa dell’interesse nazionale, che nella gran parte dei casi non prevede scelte di campo nette e intransigenti, ma flessibilità e scaltrezza. È un atteggiamento cinico? Può darsi. Ma è meglio un po’ di onesto cinismo di tanto moralismo peloso esibito dai difensori delle libertà (di ogni colore) con le mani sporche di sangue.
La Guerra in Ucraina, il disarmo di Hamas e le persone che scompaiono durante i conflitti.