2024-12-28
Il Consiglio di Stato dà una sberla al Csm: bocciata la nomina «benedetta» da Renzi
Annullata la scelta di Filippo Spiezia come procuratore a Firenze: non ha i requisiti. Questiona spinosa anche per il Quirinale.Il capo dello Stato Sergio Mattarella, quando era esploso il caso di Luca Palamara e del suk delle nomine, aveva espresso «grande preoccupazione per un quadro sconcertante e inaccettabile». Ma aveva anche lanciato un messaggio di speranza, spiegando che «occorre far comprendere che la magistratura italiana e il suo organo di governo autonomo hanno al proprio interno gli anticorpi necessari e sono in grado di assicurare, nelle proprie scelte, rigore e piena linearità».Sono passati oltre cinque anni da allora, ma le scelte del Consiglio superiore della magistratura, presieduto dallo stesso Mattarella, sembra che continuino a seguire traiettorie arzigogolate e tutt’altro che lineari. Ultimo clamoroso caso è l’annullamento della nomina a procuratore di Firenze di Filippo Spiezia, considerato vicino alla corrente di Magistratura indipendente, quella delle toghe conservatrici. La scelta aveva visto una convergenza tra i consiglieri moderati e il rappresentante renziano, l’avvocato Ernesto Carbone. Ma, alla fine, era risultato decisivo il voto del vicepresidente Fabio Pinelli, il quale a Firenze aveva difeso l’avvocato Alberto Bianchi, già presidente della fondazione renziana Open.Pinelli, eletto in quota Lega nel parlamentino dei giudici, dopo aver fatto trapelare la sua volontà di astenersi, aveva cambiato idea e aveva fatto pendere l’ago della bilancia dalla parte del candidato preferito da Matteo Renzi, in quel momento imputato nel capoluogo toscano (e successivamente prosciolto). Nella decisione potrebbe avere influito anche la linea anti «toghe rosse» del partito di Matteo Salvini, il cui suocero, Denis Verdini, a Firenze ha subito più condanne. Infatti l’avversario sconfitto al fotofinish da Spiezia era un magistrato sostenuto dal fronte progressista, Ettore Squillace Greco, nominato successivamente procuratore generale di Firenze.Quest’ultimo e anche l’altra candidata bocciata dal plenum, Rosa Volpe, procuratore aggiunto di Napoli, avevano fatto ricorso al Tribunale amministrativo del Lazio. A loro si era unito Alberto Liguori, all’epoca procuratore di Terni (oggi guida i pm di Civitavecchia), storico esponente della corrente centrista di Unicost. Il Tar aveva respinto tutti e tre i ricorsi. A questo punto Squillace Greco aveva deciso di rinunciare. Non gli altri due suoi colleghi, a cui l’1 ottobre (ma la decisione è stata comunicata solo ieri) il Consiglio di Stato ha dato ragione, annullando la nomina e rinviando gli atti al Csm. Che adesso dovrà rivalutare le candidature «nel rispetto dei vincoli derivanti dal giudicato» di Palazzo Spada. La sentenza a favore di Liguori, la prima che ieri ha iniziato a girare sulle chat dei magistrati, equivale a una pesante bocciatura della credibilità dell’organo di autogoverno dei giudici, e potrebbe offrire nuovi argomenti alla politica e, in particolare, all’attuale esecutivo, nella sua battaglia per la riforma della giustizia, se non fosse che in questo pasticcio è finita mani e piedi anche la maggioranza di centrodestra che guida Palazzo Bachelet.Forse a far deragliare i consiglieri moderati è stata la voce flautata delle sirene renziane che quando il gioco si fa duro e c’è da sparigliare le carte sono imbattibili. Ma in questo caso sembra che per portare Spiezia a Firenze i membri del parlamentino dei giudici abbiano completamente aggirato le regole. Viene da chiedersi se Mattarella si sia accorto di quanto è accaduto nel Consiglio da lui presieduto. Dal Quirinale trapela solo che «il presidente non si mette a sindacare decisioni assembleari, come quella del plenum, anche perché il candidato aveva molti requisiti», ma resta il giudizio severissimo del Cds. Infatti Liguori non è nemmeno riuscito a superare il filtro del voto in quinta commissione, quella che seleziona i candidati da portare al voto del plenum, nonostante i tre incarichi direttivi ricoperti al momento della valutazione (sei anni come procuratore di Terni, presidente del Tribunale di sorveglianza di Catanzaro e magistrato dirigente dell’ufficio di sorveglianza di Cosenza), per non citare l’elezione nel Csm del 2010-2014 e nel Consiglio di presidenza della giustizia tributaria (2018-2023). Spiezia, invece, non aveva mai ricoperto neppure un incarico semidirettivo: era stato pm a Salerno, sostituto procuratore alla Direzione nazionale antimafia, assistente del membro italiano (2008-2012) di Eurojust (l’Agenzia europea per la cooperazione giudiziaria) e successivamente, dal 2016 al 2023, membro nazionale dello stesso organismo, assumendo anche le vesti di vicepresidente dal 2017 al 2020.La sentenza fa a brandelli le decisioni del Csm e del Tar, dal momento che sino al dicembre scorso l’incarico in Eurojust aveva valore amministrativo e dipendeva dal ministero. Solo dall’anno scorso i suoi membri hanno anche poteri requirenti e vengono scelti previo interpello, sulla base di una valutazione comparativa dei candidati. La sentenza del Cds puntualizza che solo dopo l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento Ue si è «riconosciuta all’incarico presso Eurojust la speciale qualifica di fuori ruolo con valenza giurisdizionale, transitando la relativa nomina dal potere politico del ministro della Giustizia a quello di autogoverno del Csm». Prima, al contrario, era un incarico di derivazione squisitamente governativa. Eppure al Csm avevano provato a equiparare l’esperienza europea, nella valutazione delle «attitudini», di Spiezia ai punti raccolti dai suoi avversari in alcuni importanti indicatori specifici, come «lo svolgimento in atto o pregresso di funzioni direttive o semidirettive», indicatore decisivo con riguardo agli uffici di «grandi dimensioni», qual è la Procura di Firenze. Qui il Cds giudica «palese la violazione di tali parametri», laddove il Csm afferma «l’“equipollenza” tra gli incarichi direttivi e le attività svolte presso Eurojust», che, invece, avrebbero potuto essere prese «in considerazione solo tra “le altre esperienze maturate al di fuori dell’attività giudiziaria”».Ciò nonostante a Palazzo Bachelet avevano ritenuto «di straordinario rilievo, per la loro inerenza alla funzione giudiziaria, le esperienze maturate dal dottor Spiezia presso l’Agenzia europea Eurojust». Il Cds riassume con sconcerto le conclusioni del Csm: «Il provvedimento impugnato ha ritenuto che il mancato svolgimento di incarichi direttivi o semidirettivi non impedisca di riconoscere maggiori doti attitudinali al controinteressato (Spiezia, ndr), in considerazione dell’eccezionale rilievo attribuito allo svolgimento dell’attività nell’ambito dello Eurojust». Esperienza «considerata equipollente all’espletamento di un incarico direttivo» e che «metterebbe in evidenza doti e attitudini talmente marcate da imporre la prevalenza sui più favorevoli indicatori specifici riguardanti gli altri candidati». La settima sezione di Palazzo Spada rimarca l’unicità della scelta del Csm: «Non constano precedenti nei quali lo svolgimento dell’attività presso organismi internazionali come l’Eurojust sia stata valutata come decisiva e prevalente nel giudizio comparativo per il conferimento di incarichi direttivi».Anche se il collegio riconosce «il potere di apprezzamento ampiamente discrezionale riservato all’organo di autogoverno», ribadisce che è «altrettanto indiscutibile che la valutazione spettante al Csm deve svolgersi all’interno dei parametri e dei vincoli stabiliti in generale dallo stesso organo, codificati nel Testo unico sulla dirigenza giudiziaria». Un rispetto delle regole che non ci sarebbe stato, nonostante la delicatezza della nomina e le continue interlocuzioni tra Pinelli e gli altri due membri del comitato di presidenza con il Quirinale. Forse distratto dal forte legame che il vicepresidente ha con un personaggio certamente molto rispettato da Mattarella come l’ex presidente diessino della Camera Luciano Violante.Ma al Csm avrebbero sopravvalutato altre due voci del curriculum di Spiezia. Per esempio avrebbero operato «di nuovo un’inammissibile equipollenza con la sua esperienza professionale in Dna, ove lo stesso non ha svolto funzioni apicali o subapicali». Non basta. Nel parlamentino dei giudici non si sarebbero nemmeno accorti che Spiezia non aveva «maturato, in riferimento a detto incarico, l’esperienza almeno quadriennale».Infine avrebbero fatto erroneamente prevalere Spiezia nell’indicatore che riguarda «la specifica formazione nelle scienze dell’organizzazione e nelle competenze dirigenziali» non per il «possesso di titoli formativi, anche su base volontaria, presso organismi di riconosciuto rilievo scientifico», bensì per la semplice «partecipazione “al corso dei dirigenti degli uffici giudiziari” organizzato dalla Scuola superiore per la magistratura nel 2016 e nel 2021», un corso obbligatorio per chi intenda partecipare a concorsi per funzioni direttive o semidirettive. Una sorta di «patentino» che gli altri due candidati non avevano dovuto aggiornare. Dunque la frequentazione da parte dell’attuale procuratore di Firenze del corso in tempi più recenti non comportava alcun merito, «trattandosi di circostanza connessa unicamente alla avvenuta scadenza della validità quadriennale dell’idoneità abilitante». Con una pressoché identica sentenza, come detto, il Consiglio di Stato ha accolto anche l’appello proposto dal procuratore aggiunto Volpe.Adesso il rompicapo torna al Csm. Che potrà non ottemperare alla sentenza, per quanto non appellabile, e confermare la precedente decisione a favore di Spiezia, magari arricchendo la motivazione. Si aprirebbe così una fase dall’esito incerto, in cui i ricorrenti potrebbero chiedere il giudizio di ottemperanza della sentenza. Liguori preferisce non rilasciare dichiarazioni, ma fa capire di non avere intenzione di rinunciare alla vittoria ottenuta, nonostante la nomina a Civitavecchia. Il tempo non gli manca (ha 61 anni, i procuratori vanno in pensione a 70) e, sfoggiando la tempra coriacea dei calabresi, avverte: «La sentenza mi sembra molto perimetrata e circoscritta ed elementi nuovi non possono sopravvenire. Non rispettarla sarebbe un’elusione del giudicato». Consiglieri avvertiti...
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.