2018-07-03
Il compagno Fico, un po’ Fini e un po’ Boldrini
Come i suoi predecessori alla presidenza della Camera, sfrutta il ruolo istituzionale per far politica in misura assai maggiore di quanto l'incarico consenta. Si è messo alla testa dell'ala sinistra del M5s e non perde occasione per criticare l'alleato Matteo Salvini.Che lo scranno più alto di Montecitorio non porti granché bene è cosa nota. Quando ci si accomoda su quella sedia si comincia a respirare un'aria viziata che può dare alla testa. A dimostrarlo ci sono le mirabolanti avventure di personaggi come Pier Ferdinando Casini, Gianfranco Fini e Laura Boldrini. Costoro, una volta piombati sul prestigioso seggio, si sono convinti di trovarsi lì grazie al voto popolare e non in virtù di complesse alchimie di palazzo. Forti del consenso immaginario, si sono lanciati in battaglie personali, talvolta persino in lotte fratricide contro i governi amici a cui dovevano la nomina. E, in ogni caso, hanno sfruttato il ruolo istituzionale per far politica a modo loro, in misura senz'altro maggiore di quanto l'incarico (in teoria super partes) consentisse. Alla lista dei folgorati sulla via di Montecitorio sembra volersi aggiungere Roberto Fico, che negli ultimi giorni è divenuto una sorta di portavoce dell'ala sinistra del Movimento 5 stelle. Da un lato, le sue recenti uscite rientrano nei binari della dialettica interna, per quanto ruvida, e fungono da memento sui punti più fragili dell'alleanza (pardon, del contratto) di governo. Tuttavia, non si può non notare l'insistenza con cui il presidente della Camera rintuzza le dichiarazioni di Matteo Salvini sul tema migranti, per altro in netta controtendenza rispetto a Luigi Di Maio e Danilo Toninelli. Le ultime sparate risalgono a sabato scorso, durante una visita a Pozzallo, sede di un hotspot per migranti e luogo simbolico dell'accoglienza. Fico si è presentato sul posto con un look da italiano in vacanza ai Lidi di Comacchio e ha dichiarato: «Le Ong che hanno lavorato qui a Pozzallo hanno fatto un lavoro straordinario, me lo hanno confermato il questore, il sindaco e la Prefettura». Poi, non pago, ha aggiunto: «L'inchiesta di Palermo archiviata, l'inchiesta di Catania da un anno non cava un ragno dal buco. Quindi bisogna capire bene di chi si parla e chi le finanzia, se non si fa cattiva informazione. Le Ong nel Mediterraneo hanno salvato i migranti». Già, mentre il ministro dei Trasporti, Danilo Toninelli, e il ministro dell'Interno sudano sette camicie (e si pigliano vagonate d'insulti) per opporsi ai trafficanti di uomini e ai tassisti del mare che li agevolano, Fico ricopre di elogi gli attivisti sedicenti umanitari. E afferma: «Io i porti non li chiuderei». Come il presidente della Camera la pensi sull'accoglienza lo sappiamo da tempo. Almeno dall'inizio di giugno, cioè da quando Fico si precipitò in Calabria per visitare la baraccopoli di San Ferdinando in cui viveva Soumaila Sacko, migrante ucciso a fucilate per questioni che nulla avevano a che fare con il razzismo. In quell'occasione, Fico si esibì a braccetto con Aboubakar Soumahoro - sindacalista dei braccianti stranieri divenuto di recente una starlette del fronte antagonista - e parlò di come «affrontare insieme alla Prefettura i temi legati all'accoglienza e i problemi di questo campo e come costruire un'accoglienza diffusa sul territorio». Ovviamente si guardò bene dal citare i danni causati dallo sfruttamento dell'immigrazione di massa, di cui quella baraccopoli è un evidente esempio. Pochi giorni prima della visita, il presidente della Camera aveva incontrato ufficialmente i responsabili di Medici senza frontiere, una delle Ong più attive nel Mediterraneo, come a dire: ecco con chi mi schiero. Certo, è evidente che il nostro Roberto funge da foglia di Fico, utile a tenere buono il versante sinistro dello schieramento pentastellato, quello che non digerisce del tutto Salvini e la linea della fermezza di Di Maio e Toninelli. In qualche modo, dunque, la sua presenza serve da collante, permette di compensare gli sconfinamenti a destra sgraditi a una parte del popolo grillino. Resta da vedere quanto sia grande quella parte, e quanto questo giochino possa reggere. Stando al Corriere della Sera, tra il presidente della Camera e il vicepremier c'è stata una telefonata parecchio tesa. «Così non va, non ci può essere indifferenza», avrebbe detto il primo. Al che Di Maio avrebbe risposto puntualizzando sul fatto che «ci vuole rispetto, compattezza se vogliamo credere nel nostro progetto». Questa, ovviamente, è la traduzione giornalistica, ma viene da pensare che i toni utilizzati siano stati leggermente più duri. Comunque sia, è evidente che sulla spaccatura tra i due volti a 5 stelle qualcuno ha interesse a insistere. Giusto ieri, su Repubblica, Goffredo De Marchis scriveva: «Altro che opinione personale, come l'ha liquidata Luigi Di Maio. Roberto Fico non fa marcia indietro sulle Ong che “fanno un lavoro straordinario" e sui porti che non devono essere chiusi. In netta opposizione con la linea del governo dove siedono il capo politico del Movimento 5 stelle e Matteo Salvini». Repubblica riportava anche alcune dichiarazioni del presidente della Camera: «Non voglio alzare polveroni. Sento però l'esigenza di sottolineare un' identità culturale e di valori che è quella rispetto alla quale nascono i 5 stelle». E ancora: «Assolutamente non cerco bracci di ferro. Da parte mia non c'è alcuna voglia di strappi o di scontri. Ho soltanto il bisogno di chiarire che c' è una posizione diversa nel Movimento». Ed è proprio su questa «posizione diversa» che a sinistra vogliono fare leva. Sempre ieri, un articolo della Stampa richiamava l'attenzione su alcune dichiarazioni di Nicola Zingaretti, aspirante segretario del Pd. Zingaretti ha evocato una «“disarticolazione" del partito fondato da Grillo, una possibile divisione che porterà a “un Movimento diverso con il quale sarà indispensabile confrontarsi"». La Stampa citava pure l'opinione di un altro dem, Francesco Boccia, secondo cui «a fine anno, con la legge di bilancio, il Movimento vivrà il momento della verità. Se l'esecutivo sposterà il suo asse tutto a destra, come sta facendo, si potrà far capire che il Movimento s'è consegnato a Salvini e al suo interno potranno aprirsi delle crepe». È abbastanza chiaro: a sinistra ci sperano. Coccolano Fico per favorire smottamenti nei 5 stelle. Accadde la stessa, anni fa, con Gianfranco Fini. A un certo punto, Repubblica e vari altri media di sinistra cominciarono a trattarlo come una star, gli fecero da megafono finché quello non si montò la testa e si lanciò a testa bassa contro Silvio Berlusconi, uscendone però scornato. Sono le tecniche che si utilizzano quando si è disperati: i progressisti alla frutta si appendono a Fico. Il presidente della Camera sia cauto, dunque. Già le sue idee sono molto somiglianti a quelle di Laura Boldrini. Se i suoi atteggiamenti diventassero simili a quelli di Fini, la miscela sarebbe letale. E pure un pochino grottesca.
Guido Guidesi, assessore allo Sviluppo Economico della Regione Lombardia (Ansa)