2020-06-23
Il colosso Netflix strappa alla Rai la regina delle fiction buoniste
Eleonora Andreatta (Ansa)
Dopo 25 anni a Viale Mazzini, Eleonora Andreatta avrà in mano le serie italiane della tv Usa.Con il blocco degli stipendi pubblici a 240.000 euro, per Eleonora Andreatta non sarà difficile passare da Rai a Netflix con un robusto ritocco dell'ingaggio. La padrona incontrastata della fiction di Stato passa al privato dopo un quarto di secolo, dopo aver fallito più volte, e di poco, la nomina a direttore generale di Viale Mazzini. Lascia un'eredità abbastanza solida e dem, a cominciare da Montalbano e i vari sceneggiati su qualunque essere in divisa, ma con una patina di modernità su migranti, famiglie allargate e gay. Unica impresa che non l'è riuscita (volutamente), realizzare una fiction contro la piaga del gioco. Chissà se ce la farà in Netflix, dove non c'è conflitto d'interessi tra Stato biscazziere e Stato creatore di palinsesti. «Lascio la Rai che è stata la mia casa da sempre», ha detto ieri Eleonora «Tinni» Andreatta, bolognese, 56 anni. Una casa del servizio pubblico che «mi ha accolto e dato la straordinaria opportunità di crescere, di formare le mie competenze e metterle a disposizione di un sistema di valori che ne costituiscono l'essenza e ne alimentano una missione nella quale mi sono profondamente riconosciuta». La «missione» della figlia di Beniamino Andreatta, ex ministro dc ed economista che con Romano Prodi e il banchiere Giovanni Bazoli è stato padre dell'Ulivo, verrà raccolta ad interim dal dg, Fabrizio Salini. Ironia della sorte, lo stesso Salini, nelle scorse settimane, sembrava vicino alla poltrona di capo delle attività italiane di Netflix, ma va anche detto che era almeno dal 2014, ovvero dai tempi di Matteo Renzi a Palazzo Chigi, che Tinni, stimatissima dall'ex presidente Giorgio Napolitano, era regolarmente in lizza per il posto di direttore generale, in quota Pd e non solo (anche in Vaticano ha i suoi estimatori). Ora andrà a curare le produzioni italiane del gigante Usa guidato da Reed Hastings, che intende aumentare le collaborazioni sulla Penisola e portare a termine la propria missione: rendere sempre più povera, antica e residuale l'offerta di contenuti della tv tradizionale. Alla guida di Rai fiction dal 2012, le biografie ufficiali della Andreatta recitano che sono state prodotte e coprodotte oltre 500 ore di serie, miniserie e film per la tv per le tre reti generaliste e la piattaforma Raiplay. Tra i titoli di maggior seguito, Il commissario Montalbano, I bastardi di Pizzofalcone, Rocco Schiavone e le più recenti Doc e Vivi e lascia vivere. A riprova che il presunto sovranismo della Rai di questa legislatura ha fatto un buco nell'acqua, va detto che solo i guai giudiziari hanno fermato la fiction pro migranti su Mimmo Lucano, che la Andreatta stava già mettendo in produzione con Beppe Fiorello nel ruolo del sindaco di Riace. Mentre è andato in onda il lungometraggio su Agnese Ciulla, che da ex assessore di Palermo è diventata celebre come «la grande madre dei migranti», per la sua attività a favore dei bambini che arrivano (o meglio, che sono mandati) a Palermo senza genitori. Ma Rai fiction ha prodotto anche Lampedusa con Claudio Amendola e il film Nour, in cui Sergio Castellitto interpreta Pietro Bartolo, ex medico di Lampedusa, poi approdato sul barcone degli eurodeputati pd. La Andreatta, nonostante i solidi legami Oltretevere, ha fatto la sua parte anche nell'affermazione del tema gay in un genere perbenista come il vecchio sceneggiato. Da ultimo, un mese fa, un bacio tra due ragazzi è andato in onda quasi in prime time sulla Rai in Vivi e lascia vivere ed è stato un momento a suo modo storico, anche se il riconoscimento formale dello Stato più Stato che c'è lascia sempre, in ogni testa autonoma, un retrogusto amarognolo del tipo «Ma dove ho sbagliato?». Ora bisogna vedere chi prenderà, interim a parte, questa eredità. E soprattutto, se in Netflix la Andreatta realizzerà anche una fiction sul gioco d'azzardo, progetto da lei bloccato svariate volte.