2021-03-13
Il bazooka da 1.900 miliardi di Biden incrina i piani di Berlino per la Bce
Il programma di stimoli americano mette in luce tutti i limiti del Recovery fund e costringe Francoforte ad accelerare l’acquisto di titoli per evitare l’aumento dei tassi. Proprio ciò che non vuole la GermaniaTutto sommato, il 2021 era cominciato senza grandi turbolenze per il presidente della Bce, Christine Lagarde. Il programma di acquisti di titoli pubblici straordinario Pepp varato a marzo scorso procedeva a un ritmo di circa 60 miliardi al mese, meno della metà rispetto ai massimi di aprile/maggio 2020. Il minimo necessario per tenere sotto controllo gli spread e i tassi dei titoli pubblici. In questo modo la Lagarde prevedeva di riuscire a tenere a bada sia larghi strati dell’opinione pubblica tedesca (da sempre contraria a tali acquisti) sia i mercati (che festeggiavano la discesa dei rendimenti, grazie a quegli acquisti).Ma a Francoforte non avevano fatto i conti con il piano da 1.900 miliardi di dollari (circa 1.600 miliardi di euro) del presidente Joe Biden e con l’accelerazione delle vaccinazioni negli Usa. Le aspettative di crescita e di ripresa (moderata) dell’inflazione si sono immediatamente materializzate, e dalla seconda settimana di gennaio il titolo decennale Usa ha guadagnato circa 70 centesimi: da 0,90% a 1,60%, alla chiusura di ieri. Quell’onda lunga di rialzi, seppure in misura minore, si è propagata anche all’Eurozona, scompaginando i piani dell’Eurotower.Ecco che quindi giovedì la Lagarde è stata di fatto costretta a promettere un «significativo» aumento del ritmo degli acquisti. Con le prospettive di ripresa ancora lontane, tutto ci possiamo permettere, fuorché un rialzo dei tassi nominali del debito pubblico e degli altri strumenti finanziari utilizzati da banche, imprese e famiglie. Grazie a quel piano, il divario che si prospetta tra Ue e Usa per il 2021 è ancora più impressionante: la crescita aggiuntiva sfiorerà 4 punti percentuali di Pil, che è previsto crescere del 6,5%, contro il 3,9% dell’Eurozona. Ad aggravare il già impietoso confronto, c’è da aggiungere il non trascurabile particolare che nel 2020 l’Eurozona era crollata del 6,8%, mentre gli Usa solo del 3,5%. Tale massiccio programma di spesa e trasferimenti a imprese e famiglie, oltre all’impatto diretto sugli Usa, produrrà un non trascurabile aumento del Pil dell’area euro pari a circa mezzo punto percentuale rispetto allo scenario senza aiuti. Tale mezzo punto, concentrato in soli 12 mesi, mette drammaticamente in cattiva luce l’efficacia del nostro Next generation Eu, su cui tanto continua a contare la Lagarde per alleviare la pressione sugli acquisti di titoli pubblici. Solo qualche settimana fa, Bankitalia stimava il contributo del Ngeu per l’Italia pari a 2 punti percentuali cumulati aggiuntivi al termine del 2024, cioè 0,5% all’anno in media. In sintesi, nei prossimi 12 mesi l’impatto sul Pil dell’Italia (assunto per semplicità uguale a quello dell’Eurozona) degli aiuti di Biden sarà all’incirca uguale a quello del Next generation Eu. Il vero piano Marshall.Allora, a un anno esatto da quell’infelice «non siamo qui per chiudere gli spread», seguito appena sei giorni dopo, con i mercati in subbuglio, dal varo del programma straordinario Pepp, la Lagarde è costretta a spingere nuovamente sull’acceleratore. In teoria, avrebbe spazio sufficiente già all’interno del tetto massimo di 1.850 miliardi autorizzato. Infatti, nelle ultime otto settimane la Bce ha eseguito acquisti per circa 113 miliardi e potrebbe permettersi di salire a circa 149 miliardi medi bimestrali per consumare completamente tale plafond entro marzo 2022. Quindi, in teoria, ha spazio.Ma bisogna fare i conti con Berlino. Ieri il quotidiano Handelsblatt tradiva tutto il nervosismo definendo il piano di Biden una «audace scommessa» e aggiungendo che si tratta di un «esperimento di cui gli Usa non hanno bisogno». Die Welt il giorno prima ha dato ampio risalto all’ennesimo ricorso alla Corte costituzionale tedesca a opera del professor Markus Kerber e altri contro il programma di acquisti Pepp. Se a maggio 2020 la Corte tedesca e, prima ancora la Corte di giustizia europea, avevano dato semaforo verde al precedente piano proprio in virtù di specifici limiti quantitativi, ora che con l Pepp tali limiti sono saltati come faranno a Lussemburgo e a Karlsruhe a ritenere che gli acquisti della Bce non siano una palese violazione dell’articolo 123 del Tfeu?Il fuoco cova sottotraccia anche sul fronte del Recovery fund, di cui il piano Biden ha messo in controluce l’evidente inadeguatezza. Infatti mentre la Ue si attende dai tedeschi investimenti aggiuntivi lungo direttrici di spesa ben precise (infrastrutture, trasporti sostenibili, istruzione, ecc…), sempre Handelsblatt riporta che ben il 75% dei 22 miliardi di spese previste sono relative a progetti preesistenti che sarebbero quindi finanziati con i sussidi Ue anziché emettendo bond sui mercati. Di conseguenza, l’impatto sulla crescita sarebbe quasi nullo. È lo stesso tema emerso in Italia dove, secondo le cifre pubblicate a gennaio, almeno un terzo dei circa 200 miliardi di investimenti sarebbe relativo a progetti già previsti.Nel frattempo, le lancette dell’orologio continuano a muoversi senza risultati tangibili, mentre negli Usa il bilancio pubblico concentrerà in tre trimestri ciò che nella Ue progettiamo di fare in cinque anni.Biden, con il suo piano, ha lanciato un fiammifero acceso in una polveriera già rovente di suo. A Bruxelles non sanno dove mettere la faccia e devono ancora una volta chiamare in soccorso gli acquisti della Bce, mettendone a nudo tutti i limiti.
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)