2021-03-20
«I vaccini sono un’arma tattica. La Merkel ha colpito gli inglesi»
L'analista Dario Fabbri: «Fra un anno le dosi saranno disponibili ovunque. Nel frattempo gli Usa pensano a sé, la Russia prova ad approfittare di Sputnik. La Ue ha unito i suoi difetti strutturali a errori nella trattativa con le case».Il vaccino come arma tattica, in una gerarchia di potenze che resta stabile sotto la tempesta del Covid. Dario Fabbri, analista di Limes, commenta con La Verità la guerra globale in atto sulle fiale. A fine 2020 Limes scriveva che la pandemia non aveva scalfito la geografia mondiale del potere: è ancora così col vaccino? «Direi di sì: la gerarchia non si è modificata, ma occorre capire che tipo di arma sia il vaccino. Essenzialmente: tattica, e non strategica. Ha un valore immediato ma non può averlo di lungo periodo. Da questa considerazione deriva l'analisi delle forze in campo».Cominciamo dalla prima di queste forze: gli Usa «L'America ha riflettuto sulla sua condizione di superpotenza, in possesso di filiere produttive e di tre vaccini approvati con produzione che afferisce agli Usa. E ha scandito i tempi disinteressandosi coscientemente di tutti gli altri nell'immediato». America First... «Il concetto è traslato senza modifiche da Trump a Biden, anche se ovviamente il presidente non può dirlo in questi termini. Ma il warp speed voluto dalla scorsa amministrazione risponde a questa esigenza. Quando siamo a posto, è il ragionamento dell'impero americano, pensiamo agli altri, come raccomandano sugli aerei a proposito delle maschere a ossigeno in caso di guai. L'America sta nel mondo senza paura di proiettare la propria potenza: sa che se il vaccino è un'arma tattica perdere terreno sul soft power non ha alcun valore nel medio periodo e sarà spuntata». In che senso? Tutti vorrebbero essere vaccinati.«Certo. Ma tra un anno, un anno e mezzo, i vaccini saranno dappertutto e a costi bassi, dunque non sarà più un problema. Una volta che saremo inondati di vaccini, paradossalmente saranno molto meno rilevanti. E quindi non saranno mai un vero strumento di soft power. Motivo per cui gli Usa pensano a sé stessi: possono farlo e lo dimostrano, sfruttando tale supremazia nei confronti dei vicini immediati (Canada e Messico) e, quindi, anche sulla Ue. Ma sempre nell'ambito tattico».E la Russia?«Fa l'esatto opposto, e credo che l'uscita di Biden su Putin “killer" sia da leggere in quest'ottica. Mosca sta sacrificando l'obiettivo dell'immunità di gregge per via vaccinale in forza di una tattica di penetrazione geopolitica. Può farlo, perché Sputnik V funziona, ma non riescono a produrlo in massa. E l'America ricorda agli altri Paesi che quel vaccino viene da un “killer", per minimizzare la postura russa».Per questo Mosca non chiede a Ema l'autorizzazione a esportare in Ue? Ha convenienza a trattative bilaterali, perché non ha capacità produttive più larghe? «Sì. Del resto, sul piano tattico non si può insegnare nulla ai russi... I quali molto probabilmente hanno aiutato l'esercito di Israele a raggiungere - primo tra le forze armate - l'immunità completa. È però anche possibile che i “consigli" americani abbiano trovato nell'Ema orecchie attente». Il «Quad», cioè l'asse anti cinese tra Usa, Giappone, Australia e India poggerà anche sui vaccini?«In questo scenario la questione vaccini per ora ha un peso limitato, ma potrà - sempre sul piano tattico - essere un interessante banco di prova»Passiamo all'Europa, dominata in queste ore dal pasticcio Astrazeneca. Sono venuti al pettine alcuni nodi strutturali del funzionamento comunitario?«Senza dubbio sì, ma vanno distinti difetti strutturali da errori contingenti».Partiamo dai primi.«Quando non hai un tuo vaccino non hai scelta: o hai la potenza per importi sulle case farmaceutiche o ce l'hai a monte, in fase produttiva. Amiamo raccontarci che le multinazionali - del farmaco o del Web, per esempio - vivono nell'Iperuranio. Ma esse esistono in un Paese (di solito importante), e anche se non “appartengono" al governo sono ad esso pertinenti, o da esso finanziate. In una parola: quando hai a che fare con loro, hai a che fare con le rispettive amministrazioni. L'Ue doveva trattare, e l'ha fatto malissimo, con soggetti che comunque dovevano riferire ad altri Paesi, in primis l'America».Ma Biontech è tedesca.«La Germania avrebbe potuto forse fare da sola, e infatti l'opinione pubblica è furibonda perché - per una volta - l'approccio comunitario scelto dal governo non ha aiutato gli interessi del Paese, malgrado gli acquisti a latere fatti da Berlino». Torniamo alla Commissione: si può dire che abbia adottato un tipico approccio “economicistico", perdendo di vista l'obiettivo?«Senza dubbio sì. Lo si vede dai contratti stessi, laschi e vaghi, dominati da un giuridicismo che ha messo l'Ue in una condizione di ritardo».Poi è arrivata la grana Astrazeneca. «Una evidente scelta di pressione tedesca sulla casa anglosvedese: se non ci date le dosi in fretta non solo vi sospendiamo, ma vi creiamo un problema di fiducia anche per i contratti futuri. La Germania è stata poco “tedesca", molto disinvolta, e ha forzato la mano con una scelta di tipo geopolitico cui noi siamo andati a traino, come del resto la Francia». Quindi l'Ema non è stato un regolatore terzo. Del resto, che non ci fossero problemi specifici del vaccino inglese pareva chiaro a tutti.«L'Ema ha corretto compiti già corretti, diciamo così...». È stata una vendetta della Germania per la Brexit?«Possibile. Anche se ritengo più probabile che i tedeschi abbiano avuto un atteggiamento contro Astrazeneca come azienda».
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