I pirati hanno messo sotto scacco la Siae. I dati sensibili degli artisti verranno diffusi se non sarà pagato il riscatto. Lo smart working rende più vulnerabili le aziende. I consigli degli esperti di Poste italiane: attenzione alla «truffa dell’ad», ai link e ad app non ufficiali
I pirati hanno messo sotto scacco la Siae. I dati sensibili degli artisti verranno diffusi se non sarà pagato il riscatto. Lo smart working rende più vulnerabili le aziende. I consigli degli esperti di Poste italiane: attenzione alla «truffa dell’ad», ai link e ad app non ufficialiL’ultima vittima degli hacker è la Siae: ieri, la società che tutela il diritto d’autore è stata colpita da un ransomware, un virus che dopo aver sottratto i dati li rende inaccessibili. Sono state rubate informazioni sensibili degli artisti per 60 gigabyte (secondo le prime ricostruzioni, l’intero database): carte di identità, metodi di pagamento e indirizzi. Circa 28.000 documenti sono pronti per essere messi in vendita sul dark web a meno che non venga pagato un riscatto di 3 milioni in bitcoin. La società, che poche settimane fa era già rimasta vittima di phishing, ha detto che non cederà al ricatto. Ad agosto il sito della Regione Lazio era stato bucato dei pirati informatici, che avevano bloccato tutti i servizi, comprese le prenotazioni del vaccino anti Covid: sulla vicenda indaga anche l’antiterrorismo. In un anno, gli attacchi hacker in Italia certificati dal Viminale sono saliti di oltre il 100%: tra il 31 luglio 2020 e il 1° agosto 2021 se ne sono verificati 4.938, contro i 460 dello stesso periodo dell’anno precedente. Secondo Clusit, l’Associazione italiana per la sicurezza informatica, nel 2020 a livello globale ci sono stati 1.871 attacchi gravi di dominio pubblico, cioè con un impatto sistemico: in media, 156 al mese. Lo smart working ha aumentato la vulnerabilità e istituzioni e società private hanno alzato l’allerta sul fenomeno. Non a caso, ottobre è stato proclamato il mese della sicurezza informatica. Fra le aziende più sensibili al tema c’è Poste italiane, che organizza incontri con associazioni dei consumatori e studenti, webinar e un campionato aziendale di cyber security e ha realizzato la web serie Le indagini di un cyber investigatore. Per prevenire e fermare gli attacchi hacker e analizzare le minacce, nel 2013 il gruppo ha creato il Cert (Computer emergency response team), un centro di eccellenza formato da esperti e tecnici in grado di gestire più di 1.000 segnalazioni al mese, fare analisi e test e formare i dipendenti. Il Cert si avvale di un modello orientato alla gestione dei big data e di strumenti di data analysis e business intelligence, oltre che di algoritmi e tecniche di intelligenza artificiale, machine learning e data mining. L’improvvisa esplosione dello smart working legata alla pandemia ha mostrato le vulnerabilità dei sistemi di protezione e ha spostato gli attacchi su nuovi fronti: i singoli dipendenti sono diventati il principale bersaglio. Dall’inizio dell’anno, sono stati circa 400.000 gli eventi gestiti dal Cert, ovvero i tentativi di attacco bloccati, con un aumento del 90% rispetto al 2020. In media, ogni anno il gruppo rileva un’impennata dell’85% dei tentativi di intrusione. Al momento uno dei mezzi preferiti dagli hacker è la «ceo fraud», la «truffa dell’amministratore delegato»: un dipendente riceve una mail che apparentemente arriva da un manager di alto livello che ordina di inviare denaro su un conto controllato dai criminali. In caso di messaggi di questo genere, bisogna sempre fare delle verifiche direttamente con il mittente prima di effettuare operazioni. A queste mail, si aggiungono quelle di phishing, che imitano le comunicazioni ufficiali di banche e servizi di pagamento e servono a rubare password: nell’ultimo anno, i dipendenti di Poste ne hanno ricevute circa 25.000 (+100%). In questo caso, per difendersi basta ricordare che non bisogna mai cliccare su nessun link, visto che gli istituti di credito non chiedono mai le credenziali dei clienti. Per fermare queste frodi, Poste ha creato un sistema di comunicazioni civetta per controllare in quanti abboccano e poter organizzare corsi ad hoc. Un altro fronte sempre più caldo è quello delle finte app che in realtà servono per diffondere virus, a cui il Cert dedica uno specifico filone di indagini. I cellulari sono ambienti meno sicuri rispetto ai computer e le app danno un senso di sicurezza che può favorire intrusioni: nel 2021 il Cert ha già rimosso 600 app truffa solo apparentemente legate a Poste, con un aumento del 110%. Per questo non bisogna mai scaricare nulla al di fuori degli store ufficiali.Il futuro della lotta alle truffe online si sposterà sempre di più sullo studio dei comportamenti individuali grazie a machine learning e intelligenza artificiale. L’obiettivo sarà capire qual è il comportamento tipico del singolo cliente per poter attivare dei sistemi di allarme ed eventualmente il blocco automatico di carte e conti in caso di eventi anomali. Ad esempio, se il cliente di solito si collega alla sua banca online da Milano attraverso un computer fisso, il sistema di allarme potrebbe scattare da solo se all’improvviso si collegasse da un Paese straniero attraverso un cellulare. Sistemi di questo tipo sono già attivi, ma per il momento vengono usati soprattutto per monitorare le attività e non agiscono automaticamente per impedire prelievi o altre operazioni.
Lucetta Scaraffia (Ansa)
In questo clima di violenza a cui la sinistra si ispira, le studiose Concia e Scaraffia scrivono un libro ostile al pensiero dominante. Nel paradosso woke, il movimento, nato per difendere i diritti delle donne finisce per teorizzare la scomparsa delle medesime.
A uno sguardo superficiale, viene da pensare che il bilancio non sia positivo, anzi. Le lotte femministe per la dignità e l’eguaglianza tramontano nei patetici casi delle attiviste da social pronte a ribadire luoghi comuni in video salvo poi dedicarsi a offendere e minacciare a telecamere spente. Si spengono, queste lotte antiche, nella sottomissione all’ideologia trans, con riviste patinate che sbattono in copertina maschi biologici appellandoli «donne dell’anno». Il femminismo sembra divenuto una caricatura, nella migliore delle ipotesi, o una forma di intolleranza particolarmente violenta nella peggiore. Ecco perché sul tema era necessaria una riflessione profonda come quella portata avanti nel volume Quel che resta del femminismo, curato per Liberilibri da Anna Paola Concia e Lucetta Scaraffia. È un libro ostile alla corrente e al pensiero dominante, che scardina i concetti preconfezionati e procede tetragono, armato del coraggio della verità. Che cosa resta, oggi, delle lotte femministe?
Federica Picchi (Ansa)
Il sottosegretario di Fratelli d’Italia è stato sfiduciato per aver condiviso un post della Casa Bianca sull’eccesso di vaccinazioni nei bimbi. Più che la reazione dei compagni, stupiscono i 20 voti a favore tra azzurri e leghisti.
Al Pirellone martedì pomeriggio è andata in scena una vergognosa farsa. Per aver condiviso a settembre, nelle storie di Instagram (che dopo 24 ore spariscono), un video della Casa Bianca di pochi minuti, è stata sfiduciata la sottosegretaria allo Sport Federica Picchi, in quota Fratelli d’Italia. A far sobbalzare lorsignori consiglieri non è stato il proclama terroristico di un lupo solitario o una sequela di insulti al governo della Lombardia, bensì una riflessione del presidente americano Donald Trump sull’eccessiva somministrazione di vaccini ai bambini piccoli. Nessuno, peraltro, ha visto quel video ripostato da Picchi, come hanno confermato gli stessi eletti al Pirellone, eppure è stata montata ad arte la storia grottesca di un Consiglio regionale vilipeso e infangato.
Jannik Sinner (Ansa)
Alle Atp Finals di Torino, in programma dal 9 al 16 novembre, il campione in carica Jannik Sinner trova Zverev, Shelton e uno tra Musetti e Auger-Aliassime. Nel gruppo opposto Alcaraz e Djokovic: il duello per il numero 1 mondiale passa dall'Inalpi Arena.
Il 24enne di Sesto Pusteria, campione in carica e in corsa per chiudere l’anno da numero 1 al mondo, è stato inserito nel gruppo Bjorn Borg insieme ad Alexander Zverev, Ben Shelton e uno tra Felix Auger-Aliassime e Lorenzo Musetti. Il toscano, infatti, saprà soltanto dopo l’Atp 250 di Atene - in corso in questi giorni in Grecia - se riuscirà a strappare l’ultimo pass utile per entrare nel tabellone principale o se resterà la prima riserva.
Il simulatore a telaio basculante di Amedeo Herlitzka (nel riquadro)
Negli anni Dieci del secolo XX il fisiologo triestino Amedeo Herlitzka sperimentò a Torino le prime apparecchiature per l'addestramento dei piloti, simulando da terra le condizioni del volo.
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Gli anni Dieci del secolo XX segnarono un balzo in avanti all’alba della storia del volo. A pochi anni dal primo successo dei fratelli Wright, le macchine volanti erano diventate una sbalorditiva realtà. Erano gli anni dei circuiti aerei, dei raid, ma anche del primissimo utilizzo dell’aviazione in ambito bellico. L’Italia occupò sin da subito un posto di eccellenza nel campo, come dimostrò la guerra Italo-Turca del 1911-12 quando un pilota italiano compì il primo bombardamento aereo della storia in Libia.
Il rapido sviluppo dell’aviazione portò con sé la necessità di una crescente organizzazione, in particolare nella formazione dei piloti sul territorio italiano. Fino ai primi anni Dieci, le scuole di pilotaggio si trovavano soprattutto in Francia, patria dei principali costruttori aeronautici.
A partire dal primo decennio del nuovo secolo, l’industria dell’aviazione prese piede anche in Italia con svariate aziende che spesso costruivano su licenza estera. Torino fu il centro di riferimento anche per quanto riguardò la scuola piloti, che si formavano presso l’aeroporto di Mirafiori.
Soltanto tre anni erano passati dalla guerra Italo-Turca quando l’Italia entrò nel primo conflitto mondiale, la prima guerra tecnologica in cui l’aviazione militare ebbe un ruolo primario. La necessità di una formazione migliore per i piloti divenne pressante, anche per il dato statistico che dimostrava come la maggior parte delle perdite tra gli aviatori fossero determinate più che dal fuoco nemico da incidenti, avarie e scarsa preparazione fisica. Per ridurre i pericoli di quest’ultimo aspetto, intervenne la scienza nel ramo della fisiologia. La svolta la fornì il professore triestino Amedeo Herlitzka, docente all’Università di Torino ed allievo del grande fisiologo Angelo Mosso.
Sua fu l’idea di sviluppare un’apparecchiatura che potesse preparare fisicamente i piloti a terra, simulando le condizioni estreme del volo. Nel 1917 il governo lo incarica di fondare il Centro Psicofisiologico per la selezione attitudinale dei piloti con sede nella città sabauda. Qui nascerà il primo simulatore di volo della storia, successivamente sviluppato in una versione più avanzata. Oltre al simulatore, il fisiologo triestino ideò la campana pneumatica, un apparecchio dotato di una pompa a depressione in grado di riprodurre le condizioni atmosferiche di un volo fino a 6.000 metri di quota.
Per quanto riguardava le capacità di reazione e orientamento del pilota in condizioni estreme, Herlitzka realizzò il simulatore Blériot (dal nome della marca di apparecchi costruita a Torino su licenza francese). L’apparecchio riproduceva la carlinga del monoplano Blériot XI, dove il candidato seduto ai comandi veniva stimolato soprattutto nel centro dell’equilibrio localizzato nell’orecchio interno. Per simulare le condizioni di volo a visibilità zero l’aspirante pilota veniva bendato e sottoposto a beccheggi e imbardate come nel volo reale. All’apparecchio poteva essere applicato un pannello luminoso dove un operatore accendeva lampadine che il candidato doveva indicare nel minor tempo possibile. Il secondo simulatore, detto a telaio basculante, era ancora più realistico in quanto poteva simulare movimenti di rotazione, i più difficili da controllare, ruotando attorno al proprio asse grazie ad uno speciale binario. In seguito alla stimolazione, il pilota doveva colpire un bersaglio puntando una matita su un foglio sottostante, prova che accertava la capacità di resistenza e controllo del futuro aviatore.
I simulatori di Amedeo Herlitzka sono oggi conservati presso il Museo delle Forze Armate 1914-45 di Montecchio Maggiore (Vicenza).
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