
La politica italiana ha un nuovo equilibrio: c'è il polo populista, quello sovranista, il polo liberale e il cartello dem. Tra Lega e grillini Giuseppe Conte fa da collante. E chi vuole togliere una gamba all'esecutivo, rovesciando il sistema, non è abbastanza forte.Verrà il giorno che la Lega si separerà dai 5 stelle, ma non è oggi e non sarà domani. Ma prima di parlarne fotografiamo la situazione. Se ci fate caso, la politica italiana in questo momento è la rappresentazione perfetta dei quattro cantoni. Nel primo cantone c'è la Lega, al suo fianco, nel cantone sinistro, ci sono i 5 stelle, al fianco destro c'è Forza Italia, nel cantone opposto c'è la sinistra. Cambiando punto di osservazione, le vicinanze e le lontananze tra le forze in campo restano invariate. Un quadrilatero perfetto, anche nelle misure intermedie. Fratelli d'Italia, per esempio, è collocata a metà strada tra la Lega e Forza Italia. Più Europa dei liberal radicali è a metà tra Forza Italia e la sinistra. Anche Liberi e Uguali è a metà tra il pauperismo radical dei grillini e la sinistra del Pd. Tra la Lega e i grillini a metà non c'è nessun movimento intermedio perché nel mezzo c'è già il governo, c'è Conte.Ogni forza politica può al limite allearsi con uno dei due cantoni che ha accanto, ma non con entrambi né mai con quello che ha di fronte, che è il suo opposto. Il nemico principale della sinistra è infatti la Lega, e viceversa. Il nemico principale di Forza Italia sono i grillini, e viceversa. È l'esatta rappresentazione della politica italiana. Ecco i quattro cantoni: il polo sovranista, il polo populista, il polo liberal popolare, il polo sinistro-dem.La variabile subalterna in cui confidano tanti osservatori e gli stessi protagonisti è la spaccatura di un cantone, in modo che si liberino energie e soprattutto voti. C'è chi confida che il Movimento 5 stelle si spacchi in due, l'ala realista e l'ala radical giacobina, magari l'una pronta a governare con la Lega e l'altra con la sinistra; invece c'è chi spera che la sinistra si spacchi in due, la componente più legata alla vecchia sinistra e quella più laica e moderata pronta per varie alleanze; o ancora, che una componente realista di Forza Italia passi dalla sovranità di Silvio al sovranismo alleato. Pochi pensano invece che la Lega possa scindersi, anche se non pochi soffiano su Roberto Maroni, su Luca Zaia, perché insorgano contro Matteo Salvini. Ma un leader così vincente, almeno oggi, è difficilmente contestabile.Descritta la situazione, passiamo alla valutazione, con una premessa. Non ci spaventano le svolte radicali, ma vanno fatte sul serio, sapendo che se abbatti qualcosa e qualcuno devi poi sapere come sostituirli. La rivoluzione a volte è necessaria, ma deve avere idee e uomini alternativi al potere in carica. E invece i grillini non hanno né le une né gli altri. Hanno poche idee e sbagliate, che poi idee non sono ma velleità, propositi irrealizzabili e grossolani. E sul piano degli uomini non hanno nessuno con cui sostituire i potentati dopo il repulisti; e si vede ogni giorno. Sono un grumo di no, un cassonetto di rifiuti, una pesca random per le nomine, più l'assalto ai forni come fonte di reddito per i poveri. Così non fanno nessuna rivoluzione, ma si limitano solo a sfasciare l'assetto preesistente.Fatta questa premessa capite che - qui parlo a titolo personale - subisco l'alleanza dei 5 stelle con la Lega come una necessità numerica, ma anche come un oltraggio quotidiano alla realtà e alle necessità del nostro Paese. Però devo pure onestamente aggiungere che l'idea di far saltare il governo non mi alletta affatto. Se Salvini, come istigano Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni, fa saltare il banco che succede? È molto improbabile che Sergio Mattarella proclami subito nuove elezioni ed è altrettanto improbabile che affidi l'incarico a Salvini per un governo di centrodestra. E andare poi al voto come colui che ha fatto saltare il banco, non porta bene. Di conseguenza, l'ipotesi più probabile è che Mattarella nomini un governo provvisorio, tecnico o istituzionale, magari appoggiato da Pd e Forza Italia, che serva a far sbollire i consensi, a sgonfiare il fenomeno Salvini e solo dopo andare alle urne.Per quanto riguarda la riproposizione del centrodestra la presenza di Berlusconi seppure da socio di minoranza è per Salvini più ingombrante del menàge col guaglione Di Maio. Un Berlusconi per giunta merkeliano, euro-popolare, già dialogante con Renzi e paraggi, pronto a bruschi cambi di rotta, come ne abbiamo visti tanti in questi ultimi anni. Ritenendo del resto improbabile che Salvini possa avere i numeri per vincere da solo le elezioni, l'unica strada è quella di tenersi pronti. Quando arriverà il momento della frattura tra i due partner di governo, o quando sarà comunque il momento di votare, Salvini dovrà avere alleati che accettino l'orizzonte sovranista, e dunque oltre la Meloni e i volenterosi esuli da Forza Italia, l'unica via è che Berlusconi si ritiri e vi sia un cambio ai vertici di Forza Italia: via chi si è posto contro i sovranisti, pro migranti o al servizio dei potentati europei, e avanti una leadership più aperta all'alleanza con la Lega. A voler quadrare il cerchio, la tempesta perfetta dovrebbe produrre due ingredienti: una costola di 5 stelle che si stacca dal Movimento e resta alleata a Salvini e un cambio al vertice di Forza Italia, se non la fondazione al suo posto di un nuovo polo per cattolici popolari, nazionali e moderati come alleati di Salvini e Meloni.In quel contesto, e solo in quel contesto, sarà possibile avere un'alternativa all'alleanza con i grillini. Ma al momento, non si vede. Da qui la nostra trattenuta disperazione, e la nostra preghiera che il governo per ora non cada, ma nel frattempo che i grillini facciano meno danni possibile.
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Incastrato nel ruolo del «bellone», Robert Redford si è progressivamente distaccato da Hollywood e dai suoi conformismi. Grazie al suo festival indipendente abbiamo Tarantino.
Leone XIV (Ansa)
Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.