2020-09-23
I professori intercettati: «Non spiccica ’na parola. Ma te pare che lo boccio?»
Luiz Suarez aveva la strada spianata: «Mi dici che voto ci do, e via» Ma non era pronto: «Se i giornalisti gli fanno due domande...».Le Fiamme gialle hanno filmato la «farsa» del test d'italiano: domande concordate e valutazione prestabilita per il passaporto del bomber uruguagio. Indagati i vertici dell'ateneo, «approfondimenti» sul ruolo del club.Lo speciale contiene due articoli Quando la preparatrice confessa a telefono che «non coniuga i verbi», l'interlocutore per ora rimasto anonimo ride. Ma quando è lei che, ridendo, aggiunge pure che «parla all'infinito», viene stoppata: «Vabbè, vabbè». Ma la frittata a quel punto è fatta. Per il grande orecchio della Procura di Perugia, che in quel momento stava lavorando su altre ipotesi di reato connesse ad appalti e concorsi nell'ateneo per gli stranieri (ma anche alla gestione degli studenti cinesi), ce n'è quanto basta per stralciare il fascicolo e preparare un decreto di perquisizione con tanto di capi d'imputazione provvisori. Subito dopo i quali i magistrati spiegano che dalle intercettazioni «sono emerse condotte univocamente orientate alla produzione di atti ideologicamente falsi relativi all'esame del calciatore Luis Suarez per il rilascio della certificazione di conoscenza della lingua italiana non inferiore al livello B1». Senza il quale il calciatore avrebbe detto addio all'ingaggio milionario con la Juventus. E che quello sostenuto da Suarez sia stato un esame «farsa», gli investigatori lo deducono proprio da alcune conversazioni, che definiscono «eloquenti»: quelle tra la professoressa Stefania Spina, docente del breve corso online di italiano seguito da Suarez, e un suo collega, tale Diodato, non identificato compiutamente. È lui a ricordare alla collega: «Tornando seri... hai una grande responsabilità perché se lo bocciate ci fanno gli attentati terroristici». Lei: «Ma ti pare che lo bocciamo!». Lui: «Tante volte...». E Spina svela: «Per dirtela tutta, oggi ho chiamato Lorenzo Rocca (l'esaminatore, ndr) che gli ha fatto la simulazione dell'esame e abbiamo praticamente concordato quello che gli farà l'esame!». La telefonata è del 12 settembre. Precede quindi di cinque giorni la prova del campione noto ai tifosi per il morso dato a Giorgio Chiellini durante i mondiali in Brasile (nell'ateneo perugino, invece, era diventato famoso per non masticare bene l'italiano). L'esame si avvicina. E in una seconda conversazione, del 15 settembre, Spina aggiunge altri particolari: «E quindi oggi c'ho l'ultima lezione e me la devo preparare perché non spiccica 'na parola». l'interlocutore insiste: «E che livello dovrebbe passare questo ragazzo... B1?». La confessione di Spina si amplia: «Eh, non dovrebbe, deve, passerà, perché con 10 milioni a stagione di stipendio non glieli puoi far saltare perché non ha il B1». Ma il livello di preparazione di Suarez risulta basso. Spina spiega: «Considera che è un A1. È un A1 pieno proprio non...». L'interlocutore anticipa la prof: «Non c'è speranza (ride)». In questo contesto, secondo i pm, «emerge come la decisione di far superare l'esame al calciatore, prescindendo da ogni valutazione delle competenze linguistiche, sia stata assunta dai vertici dell'Università per stranieri». È Rocca, l'esaminatore, a paventare i suoi timori alla rettrice Giuliana Grego Bolli: «Eh, allora lui si sta memorizzando le varie parti dell'esame». La rettrice: «Eh, ma infatti è questo. Deve essere sul binario, ecco!». Lui: «Esatto, esatto, l'abbiamo stradato (instradato, ndr) bene». La rettrice insiste: «E deve essere su quel binario lì!». E Rocca si fa scappare più di qualche dettaglio: «Su quel binario lì. Il discorso è che comunque... Sul verbale non ho problemi a metterci la firma perché in commissione ci sono io e mi assumerò la responsabilità dell'attribuzione del punteggio. Il mio timore qual è... che poi tirando tirando, diamo il livello ed esce, i giornalisti fanno due domande in italiano e va in crisi. Quindi un po' di preoccupazione ce l'ho perché è una gatta da pelare, come si fa, si fa male». E infatti la gatta da pelare è diventata un'inchiesta giudiziaria. Perfino il voto è stato concordato prima. Ben due giorni prima, a leggere le intercettazioni. Cinzia Camagna, che deve predisporre l'attestato di livello B1 per il calciatore, dice: «Io lo faccio già preparare (il certificato, ndr), ma io devo attendere l'anagrafica, quando una volta che si è inserito, io posso metterci il voto. Mi dici tu che voto ci do e via». Rocca gli assegna «il minimo». E spiega: «Metti tutti 3. E perché tanto ho sentito la rettrice ieri, la linea è quella». <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/i-professori-intercettati-non-spiccica-na-parola-ma-te-pare-che-lo-boccio-2647770664.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="esame-truccato-per-favorire-suarez-mentre-trattava-con-la-juventus" data-post-id="2647770664" data-published-at="1600808169" data-use-pagination="False"> Esame truccato per favorire Suarez mentre trattava con la Juventus A volte il destino può essere davvero cinico e baro. L'inchiesta sull'esame d'italiano affrontato pochi giorni fa dal bomber uruguaiano Luis Alberto Suarez Diaz, oggetto dei desideri della Juventus in questa sessione di mercato, è stata portata avanti sino a ieri dal comandante del nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza di Perugia, il tenente colonnello Selvaggio Sarri. Proprio come l'ex allenatore dei bianconeri, quel Maurizio Sarri esonerato senza troppi complimenti nonostante la squadra avesse appena conquistato un complicato nono scudetto consecutivo. «Nessuna parentela con il mister» si affretta a precisare l'ufficiale, ben sapendo che la sua indagine qualche scossone al mondo Juve lo sta dando. Tutto ruota intorno al test di lingua italiana che Suarez, detto il Pistolero per l'implacabilità davanti a una porta anziché a una cattedra, ha svolto lo scorso 17 settembre in un'aula dell'Università italiana per stranieri di Perugia. Una prova a cui non ha assistito solo la commissione d'esame, ma anche gli investigatori della Gdf e i magistrati della Procura di Perugia. Inquirenti e militari lo hanno seguito in tempo reale grazie a microspie e a una telecamera nascosta. Chissà se adesso su quel nastro verrà chiesta l'assistenza del Var. Le operazioni tecniche, comprese le intercettazioni telefoniche, sono state ordinate in via d'urgenza dai pm Paolo Abbritti e Gianpaolo Mocetti. E per accertare le presunte irregolarità nella prova di certificazione della conoscenza della lingua italiana da parte del bomber del Barcellona (in trattativa per passare all'Atletico Madrid) gli investigatori hanno varcato le porte di Palazzo Gallenga Stuart a Perugia, sede dell'università. Dalle captazioni è emerso che gli argomenti oggetto del test per ottenere la cittadinanza sarebbero stati concordati prima. Per questo sul registro degli indagati è finita la rettrice dell'ateneo, Giuliana Grego Bolli (difesa dall'avvocato David Brunelli), accusata di rivelazione del segreto d'ufficio e falso ideologico. Proprio come il direttore generale, Simone Olivieri (difeso dal legale Francesco Falcinelli). Nei guai anche l'esaminatore Lorenzo Rocca e Stefania Spina, direttrice del centro per la valutazione e certificazione linguistica dell'ateneo, incaricata di preparare Suarez per il test. Anche per loro sono scattate le accuse di rivelazione del segreto d'ufficio e falso ideologico. A Cinzia Camagna, l'impiegata sospettata di aver predisposto l'attestato di livello B1 per il calciatore, invece, è contestato solo il falso ideologico. L'ipotesi investigativa è che nell'ateneo ci sia stato un accordo per far sostenere al bomber l'esame di italiano con risposte già concordate e con un voto finale stabilito a priori. Per i pm si è quindi trattato di un esame «farsa» con l'organizzazione della sessione straordinaria ad hoc per il campione. «La verifica della conoscenza (della lingua italiana, ndr) era fittizia», scrivono infatti le toghe, «in quanto il contenuto specifico della modalità e dei temi della prova era stato predeterminato e reso noto all'esaminando». Suarez, che probabilmente verrà sentito dai pm, non è sotto inchiesta. Ma per la Procura gli indagati avrebbero cercato di «procurargli vantaggi patrimoniali connessi all'accesso alla procedura per la concessione della cittadinanza comunitaria». Ma la Juve c'entra o no in questa vicenda? Il procuratore di Perugia, titolare del fascicolo, Raffaele Cantone, conferma alla Verità: «È un tema oggetto di possibile approfondimento, ma non è questo il momento». Infatti gli investigatori sono andati a caccia di email e documenti (è stata effettuata anche una copia degli smartphone degli indagati), per capire fino a che punto Suarez è stato facilitato. Di certo c'è una misteriosa coincidenza: qualche giorno fa sulla Gazzetta dello sport è apparso un trafiletto in cui il cronista ha scritto letteralmente: «Della grande infatuazione tra la Signora (la Juventus) e il Pistolero (Suarez) si parlerà per anni, vista la bizzarria della trattativa». Poi, il punto critico: «L'esame lo ha organizzato fin nei minimi dettagli la Juve stessa che, nel frattempo, ha deciso di puntare su un altro centravanti». Il trait d'union tra Suarez e l'università perugina, d'altra parte, è già noto in Procura. Anche se Cantone non lo conferma in pieno: «Questo non posso dirlo», dice alla Verità, «perché non ci sono ancora evidenze sicure». Il colonnello Sarri, invece, sembra avere qualche certezza in più. E se sostiene «di non sapere perché la Juventus si sia rivolta proprio alla Stranieri Perugia», conferma invece che «dall'indagine sono comunque emersi contatti tra lo staff juventino e i vertici dell'ateneo che ha poi materialmente organizzato l'esame ». Il movente? «Probabilmente», chiosa Sarri, «per il ritorno d'immagine che sarebbe derivato dall'esame sostenuto da Suarez». Anche dagli ambienti della Juventus qualcosa trapela: i dirigenti avrebbero cercato di capire se il giocatore uruguaiano fosse o meno comunitario, condizione che facilita il tesseramento. Lo staff di legali di Suarez avrebbe comunicato che il calciatore aveva richiesto la cittadinanza italiana due anni prima e che non l'aveva ancora ottenuta. La dirigenza bianconera si sarebbe a questo punto attivata per capire che cosa fosse successo e avrebbe scoperto che gli mancava il requisito dell'esame. A quel punto avrebbe comunicato questa informazione agli uomini più vicini al bomber. Ma da questo momento alla Juve negano che ci siano state pressioni indebite, al massimo l'indicazione di contattare questo o quell'ufficio. Inoltre, prima dell'esame d'italiano, aveva iniziato a diffondersi la notizia della determinazione da parte del club bianconero di non puntare più su Suarez, essendo escluso che in 10 giorni riuscisse a ottenere la cittadinanza. Sarebbe stato infatti considerato poco razionale ingaggiare un giocatore con uno stipendio multimilionario senza la sicurezza di poterlo inserire nella lista Champions. Ciò detto, gli indagati erano molto informati sul salario del giocatore e sull'importanza di far passare l'esame al bomber, in quel momento obiettivo della Juve.
(Guardia di Finanza)
I Comandi Provinciali della Guardia di finanza e dell’Arma dei Carabinieri di Torino hanno sviluppato, con il coordinamento della Procura della Repubblica, una vasta e articolata operazione congiunta, chiamata «Chain smoking», nel settore del contrasto al contrabbando dei tabacchi lavorati e della contraffazione, della riduzione in schiavitù, della tratta di persone e dell’intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.
Le sinergie operative hanno consentito al Nucleo di polizia economico-finanziaria Torino e alla Compagnia Carabinieri di Venaria Reale di individuare sul territorio della città di Torino ed hinterland 5 opifici nascosti, dediti alla produzione illegale di sigarette, e 2 depositi per lo stoccaggio del materiale illecito.
La grande capacità produttiva degli stabilimenti clandestini è dimostrata dai quantitativi di materiali di contrabbando rinvenuti e sottoposti a sequestro: nel complesso più di 230 tonnellate di tabacco lavorato di provenienza extra Ue e circa 22 tonnellate di sigarette, in gran parte già confezionate in pacchetti con i marchi contraffatti di noti brand del settore.
In particolare, i siti produttivi (completi di linee con costosi macchinari, apparati e strumenti tecnologici) e i depositi sequestrati sono stati localizzati nell’area settentrionale del territorio del capoluogo piemontese, nei quartieri di Madonna di Campagna, Barca e Rebaudengo, olre che nei comuni di Caselle Torinese e Venaria Reale.
I siti erano mimetizzati in aree industriali per dissimulare una normale attività d’impresa, ma con l’adozione di molti accorgimenti per svolgere nel massimo riserbo l’illecita produzione di sigarette che avveniva al loro interno.
I militari hanno rilevato la presenza di sofisticate linee produttive, perfettamente funzionanti, con processi automatizzati ad alta velocità per l’assemblaggio delle sigarette e il confezionamento finale dei pacchetti, partendo dal tabacco trinciato e dal materiale accessorio necessario (filtri, cartine, cartoncini per il packaging, ecc.), anch’esso riportante il marchio contraffatto di noti produttori internazionali autorizzati e presente in grandissime quantità presso i siti (sono stati infatti rinvenuti circa 538 milioni di componenti per la realizzazione e il confezionamento delle sigarette recanti marchi contraffatti).
Gli impianti venivano alimentati con gruppi elettrogeni, allo scopo di non rendere rilevabile, dai picchi di consumo dell’energia elettrica, la presenza di macchinari funzionanti a pieno ritmo.
Le finestre che davano verso l’esterno erano state oscurate mentre negli ambienti più interni, illuminati solo artificialmente, erano stati allestiti alloggiamenti per il personale addetto, proveniente da Paesi dell’Est europeo e impiegato in condizioni di sfruttamento e in spregio alle norme di sicurezza.
Si trattava, in tutta evidenza, di un ambiente lavorativo degradante e vessatorio: i lavoratori venivano di fatto rinchiusi nelle fabbriche senza poter avere alcun contatto con l’esterno e costretti a turni massacranti, senza possibilità di riposo e deprivati di ogni forma di tutela.
Dalle perizie disposte su alcune delle linee di assemblaggio e confezionamento dei pacchetti di sigarette è emersa l’intensa attività produttiva realizzata durante il periodo di operatività clandestina. È stato stimato, infatti, che ognuna di esse abbia potuto agevolmente produrre 48 mila pacchetti di sigarette al giorno, da cui un volume immesso sul mercato illegale valutabile (in via del tutto prudenziale) in almeno 35 milioni di pacchetti (corrispondenti a 700 tonnellate di prodotto). Un quantitativo, questo, che può aver fruttato agli organizzatori dell’illecito traffico guadagni stimati in non meno di € 175 milioni. Ciò con una correlativa evasione di accisa sui tabacchi quantificabile in € 112 milioni circa, oltre a IVA per € 28 milioni.
Va inoltre sottolineato come la sinergia istituzionale, dopo l’effettuazione dei sequestri, si sia estesa all’Agenzia delle dogane e dei monopoli (Ufficio dei Monopoli di Torino) nonché al Comando Provinciale del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco di Torino nella fase della gestione del materiale cautelato che, anche grazie alla collaborazione della Città Metropolitana di Torino, è stato già avviato a completa distruzione.
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