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2022-06-02
Cacciati dalla scuola i prof che imitano il premier. E sui vaccini beffa varianti
Ansa
Il presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha dato un pessimo esempio senza mascherina in un istituto scolastico del Veronese, tra decine di alunni imbavagliati, mentre i prof che rivendicano lo stesso diritto vengono allontanati da scuola, o sanzionati. Eccovi due esempi di mancata imparzialità.
Federica Valente, quando ha visto le immagini di Draghi e del governatore del Veneto, Luca Zaia, emergere sorridenti da una marea di ragazzini di cui non si poteva scorgere l’espressione, per colpa del Dpi, si è profondamente indignata. Insegnante di educazione fisica all’istituto comprensivo di Cervarese Santa Croce e Rovolon, in provincia di Padova, 49 anni, attenta alla salute e al benessere dei suoi studenti delle medie, si è detta: «Non posso più pensare di adeguarmi a un obbligo che non condivido, e intendo fare la mia parte, nel mio piccolo, contro questa ipocrisia».
Perciò, dal 23 maggio si è recata a scuola senza mascherina. «Le mie lezioni in palestra e all’aperto non prevedono l’obbligo di indossarla, in aula e nei corridoi sì. Anche in quei luoghi ho detto basta», racconta l’insegnante. Per tre giorni ha impartito venti minuti di educazione civica, spiegando agli alunni perché la normativa è «illogica, ma anche inutile e nociva per la salute».
Il 24 maggio è entrata in aula la vice preside, invitandola a indossare la mascherina, il giorno seguente è arrivato il dirigente scolastico che non si è limitato a una raccomandazione. «Per prima cosa mi ha detto di togliere l’immagine di Draghi con gli studenti dalla lim (acronimo di lavagna interattiva multimediale, ndr) ma ho replicato che proveniva dal sito del governo. Poi è passato alla questione mascherina, affermando che devo rispettare la legge, altrimenti non posso restare in classe. Al mio rifiuto è uscito, però quando sono andata in palestra è ricomparso, intimandomi di lasciare immediatamente l’edificio scolastico».
La prof è stata allontanata su due piedi, malgrado non fosse tenuta a indossare dispositivi di protezione durante gli esercizi fisici. «Nemmeno i miei allievi, anche se purtroppo alcuni la tengono mentre fanno intensa attività motoria, che richiede ampia ossigenazione, perché dicono di sentirsi più sicuri o che il nonno ha raccomandato di non toglierla mai. Poveretti, a quali lavaggi del cervello sono costretti», esclama Federica Valente.
Rientrata al lavoro il 1 aprile, dopo la sospensione perché guarita dal Covid ma non vaccinata, l’insegnante non è mai stata demensionata.
«Ho continuato a fare le mie lezioni senza problema, fino al giorno in cui ho detto basta ipocrisie». Ieri le è arrivata la lettera di demansionamento, diventato improvvisamente necessario e inderogabile. «Con il mio avvocato sto valutando che cosa fare, perché anche con le mansioni di supporto dovrei indossare la mascherina. Una cosa assurda, imposta solo da noi in Italia», conclude Federica.
Sull’obbligatorietà che prosegue a scuola, malgrado il caldo e l’estate che azzoppa la circolazione del virus, sono intervenuti i Garanti dell’infanzia di diverse Regioni che hanno scritto ai ministri, dell’Istruzione e della Salute, chiedendo che «le misure restrittive, ove necessarie, siano comprensibili, eque e adeguate, per tutte e tutti, ma soprattutto per i minori».
Invece, lamentano tanti genitori, rimane incomprensibile il sacrificio della mascherina in classe, quando poi in pizzeria o al supermercato non devi tenerla.
La seconda testimonianza arriva dal Friuli. Per essere entrato nell’ufficio della preside senza mascherina, Massimiliano Verdini è stato allontanato da scuola dopo l’intervento della polizia municipale che gli ha inflitto una multa di 400 euro. Nell’istituto di istruzione superiore Tagliamento di Spilimbergo, provincia di Pordenone, il prof non ha mai indossato i Dpi in classe. «Insegno lettere, ho bisogno di aria per spiegare Dante, i ragazzi devono vedere la mia mimica facciale, ascoltare distintamente quello che dico», dichiara Verdini». «Mai avuto problemi, gli studenti sapevano che se ne avevano voglia potevano pure loro togliersi la mascherina durante le mie lezioni. Nei corridoi però la tenevo».
L’insofferenza cresce nel docente quando cessa l’obbligo il 30 aprile, le restrizioni che permangono a scuola risultano sempre più ingiustificate e poi arriva la «provocazione» della foto di Draghi e Zaia. «Lunedì dovevo discutere con il dirigente scolastico di programmi didattici e sono andato da lei senza mascherina», racconta il docente friulano. «Mi ha intimato di metterla, lanciandomi al di là della scrivania una di quelle pezze, non a norma, prodotte da Fca ex Fiat, pagate con denaro pubblico e distribuite dal ministero dell’Istruzione agli studenti delle scuole. Mi sono rifiutato e allora la preside ha chiamato i carabinieri».
L’Arma avrà pensato bene che aveva di meglio da fare e sono comparsi invece due vigili, che hanno cercato di convincere Verdini.
«Mi hanno perfino detto di metterla sotto il naso, come fanno loro. Ho risposto che ne andava della mia dignità, quindi ho subìto il verbale di multa, 280 euro se pago entro cinque giorni altrimenti diventano 400 euro. Poi sono stato scortato fuori da scuola». Nemmeno fosse un delinquente.
Il 21 giugno dovrà presentarsi in audizione, è scattato il procedimento disciplinare nei suoi confronti. «Mi sono preso qualche giorno di ferie. Sono amareggiato di non poter seguire i miei studenti a fine corso, ma almeno avrò dato loro una lezione di logica e coerenza», prova a consolarsi l’insegnante di lettere punito e allontanato.
Big Pharma si frega le mani ma anche i nuovi vaccini sono a rischio con Omicron
Non ci voleva un virologo per immaginare che qualcosa potesse andare storto. Ma se lo ammette persino una testata molto mainstream, significa che la situazione è peggiore di quanto credessimo.
Il problema riguarda l’auspicio del ministro Roberto Speranza: avere, in autunno, un vaccino aggiornato per la variante Omicron. L’intuizione, maturata in base all’esperienza biennale della pandemia, suggerisce, però, che i farmaci salvifici potrebbero essere resi disponibili a babbo morto - ovvero, a ceppo virale mutato. Il virus sudafricano di fine novembre 2021, ad esempio, si è già trasformato. In Italia, è ancora dominante la versione Ba.2, ma stando all’ultimo monitoraggio di Iss, ministero e Fondazione Kessler, in almeno cinque aree (Basilicata, Molise, Bolzano, Trento e Valle d’Aosta) sono comparse le sottovarianti Ba.4 e Ba.5, mentre in Sardegna galoppano i ricombinanti Xi e Xm. Nulla di particolarmente allarmante; per ora, nessuna ecatombe in vista. Ma può essere abbastanza per bucare anche i preparati di Pfizer e Moderna prossimi venturi.
Del rischio flop se n’è accorto il sito americano Axios, una piattaforma alla quale certo non si possono rimproverare simpatie no vax o tentazioni complottiste. Parliamo di un’azienda editoriale creata dal cofondatore di Politico, Jim VandeHei. Un giornalista, per intenderci, che ha un passato come corrispondente dalla Casa Bianca per il Washington Post. A dirigere il blog è Mike Allen, anche lui ex firma di Politico, anche lui transitato per giornali iperprogressisti, come il New York Times. Nondimeno, in un pezzo pubblicato ieri, Axios lancia l’allarme: «Omicron sta correndo più veloce dei vaccini progettati per combatterla». Esattamente quello che qualsiasi profano di epidemiologia, semplicemente osservando cosa è successo con i medicinali a mRna attualmente in commercio, poteva ipotizzare. L’autrice dell’intervento, Caitlin Owens, cita alcuni studi preliminari. Uno scopre, se volete, l’acqua calda: ossia, che le sottovarianti di Omicron sono ancora più capaci di aggirare gli anticorpi, grazie a ulteriori mutazioni della proteina Spike, quella tramite la quale il Sars-Cov-2 si aggancia e penetra nelle cellule umane. Per inciso, sottolineiamo che questa è una delle ragioni per cui l’immunità naturale è più stabile e duratura di quella acquisita tramite vaccinazione: i rimedi ad acido ribonucleico messaggero stimolano difese calibrate, addirittura, sulla Spike del ceppo originario. Che, ormai, non esiste più. Gli anticorpi generati in seguito a un’infezione, invece, sono in grado di riconoscere più regioni del virus e, dunque, di attaccarlo anche se la Spike si è radicalmente modificata.
L’altra ricerca menzionata da Axios è un po’ più allarmante, in quanto pare indicare che gli esemplari Ba.4 e Ba.5 siano più patogenici di Omicron 2. Di quanto, non si sa: gli autori giapponesi del paper parlano di un «rischio potenzialmente più elevato per la salute globale», ma siamo ancora lungi dallo scenario da incubo di un virus più trasmissibile e altresì più letale.
Axios aggiunge che, tra qualche mese, potrebbe essere in circolazione una versione di Omicron ancora diversa e, quindi, capacissima di eludere persino il vaccino aggiornato. Tanto che un’esperta di malattie infettive di Kaiser health news, Celine Gounder, sospira: «Non è per nulla chiaro» se il nuovo farmaco «rappresenterà un sensibile miglioramento rispetto al vaccino originale, dato che Ba.4 e Ba.5 sono così diverse dall’Omicron originale». Anche perché, almeno nei Paesi occidentali, dove sono state portate avanti inoculazioni di massa, il primo medicinale utilizzato, magari combinato con un crescente livello di immunità naturale, continua comunque a proteggere dalle forme gravi di Covid. Forse, è il massimo su cui potremo fare affidamento.
Quest’estate, il regolatore Usa, la Food and drug administration, dovrebbe pronunciarsi sui nuovi prodotti di Pfizer e Moderna. Se le premesse sono queste, i sogni di Big Pharma dovrebbero infrangersi sullo scoglio della realtà. Ovvero, sull’impossibilità di inseguire un virus che muta molto più in fretta delle soluzioni adottate dagli scienziati, ai quali servono almeno sei mesi - scrive sempre Axios - solo per testare i vaccini e, poi, altro tempo per produrli e distribuirli. Alla folle rincorsa, dovrebbe subentrare un approccio più razionale a una patologia che, auspicabilmente, con qualche tutela indirizzata su anziani e fragili e qualche investimento in più sulle cure precoci, potrebbe essere tenuta sotto controllo. Pifzer e Moderna, tuttavia, due mesi fa hanno messo nero su bianco che, nel 2022, si aspettano rispettivamente 32 e 19 miliardi di dollari di incassi, grazie alle vendite dei vaccini anti Covid. È possibile che rinuncino al piatto ricco, ritirandosi con le pive nel sacco? Il virus muta. Ma la libidine per il denaro, quella, non cambia mai.
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Riduci
Mentre Mario Draghi può stare tra gli alunni senza mascherina, chi si oppone al diktat è perseguito e umiliato. Nel Padovano, una docente è stata cacciata dalla preside. A Pordenone, invece, sono intervenuti i vigili per multare un insegnante e allontanarlo dall’istituto.L’allarme di «Axios»: la variante muta rapidamente e i sieri aggiornati potrebbero nascere già obsoleti. Pfizer e Moderna, però, sono pronte a incassare miliardi.Lo speciale contiene due articoliIl presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha dato un pessimo esempio senza mascherina in un istituto scolastico del Veronese, tra decine di alunni imbavagliati, mentre i prof che rivendicano lo stesso diritto vengono allontanati da scuola, o sanzionati. Eccovi due esempi di mancata imparzialità. Federica Valente, quando ha visto le immagini di Draghi e del governatore del Veneto, Luca Zaia, emergere sorridenti da una marea di ragazzini di cui non si poteva scorgere l’espressione, per colpa del Dpi, si è profondamente indignata. Insegnante di educazione fisica all’istituto comprensivo di Cervarese Santa Croce e Rovolon, in provincia di Padova, 49 anni, attenta alla salute e al benessere dei suoi studenti delle medie, si è detta: «Non posso più pensare di adeguarmi a un obbligo che non condivido, e intendo fare la mia parte, nel mio piccolo, contro questa ipocrisia». Perciò, dal 23 maggio si è recata a scuola senza mascherina. «Le mie lezioni in palestra e all’aperto non prevedono l’obbligo di indossarla, in aula e nei corridoi sì. Anche in quei luoghi ho detto basta», racconta l’insegnante. Per tre giorni ha impartito venti minuti di educazione civica, spiegando agli alunni perché la normativa è «illogica, ma anche inutile e nociva per la salute». Il 24 maggio è entrata in aula la vice preside, invitandola a indossare la mascherina, il giorno seguente è arrivato il dirigente scolastico che non si è limitato a una raccomandazione. «Per prima cosa mi ha detto di togliere l’immagine di Draghi con gli studenti dalla lim (acronimo di lavagna interattiva multimediale, ndr) ma ho replicato che proveniva dal sito del governo. Poi è passato alla questione mascherina, affermando che devo rispettare la legge, altrimenti non posso restare in classe. Al mio rifiuto è uscito, però quando sono andata in palestra è ricomparso, intimandomi di lasciare immediatamente l’edificio scolastico». La prof è stata allontanata su due piedi, malgrado non fosse tenuta a indossare dispositivi di protezione durante gli esercizi fisici. «Nemmeno i miei allievi, anche se purtroppo alcuni la tengono mentre fanno intensa attività motoria, che richiede ampia ossigenazione, perché dicono di sentirsi più sicuri o che il nonno ha raccomandato di non toglierla mai. Poveretti, a quali lavaggi del cervello sono costretti», esclama Federica Valente. Rientrata al lavoro il 1 aprile, dopo la sospensione perché guarita dal Covid ma non vaccinata, l’insegnante non è mai stata demensionata. «Ho continuato a fare le mie lezioni senza problema, fino al giorno in cui ho detto basta ipocrisie». Ieri le è arrivata la lettera di demansionamento, diventato improvvisamente necessario e inderogabile. «Con il mio avvocato sto valutando che cosa fare, perché anche con le mansioni di supporto dovrei indossare la mascherina. Una cosa assurda, imposta solo da noi in Italia», conclude Federica. Sull’obbligatorietà che prosegue a scuola, malgrado il caldo e l’estate che azzoppa la circolazione del virus, sono intervenuti i Garanti dell’infanzia di diverse Regioni che hanno scritto ai ministri, dell’Istruzione e della Salute, chiedendo che «le misure restrittive, ove necessarie, siano comprensibili, eque e adeguate, per tutte e tutti, ma soprattutto per i minori». Invece, lamentano tanti genitori, rimane incomprensibile il sacrificio della mascherina in classe, quando poi in pizzeria o al supermercato non devi tenerla. La seconda testimonianza arriva dal Friuli. Per essere entrato nell’ufficio della preside senza mascherina, Massimiliano Verdini è stato allontanato da scuola dopo l’intervento della polizia municipale che gli ha inflitto una multa di 400 euro. Nell’istituto di istruzione superiore Tagliamento di Spilimbergo, provincia di Pordenone, il prof non ha mai indossato i Dpi in classe. «Insegno lettere, ho bisogno di aria per spiegare Dante, i ragazzi devono vedere la mia mimica facciale, ascoltare distintamente quello che dico», dichiara Verdini». «Mai avuto problemi, gli studenti sapevano che se ne avevano voglia potevano pure loro togliersi la mascherina durante le mie lezioni. Nei corridoi però la tenevo». L’insofferenza cresce nel docente quando cessa l’obbligo il 30 aprile, le restrizioni che permangono a scuola risultano sempre più ingiustificate e poi arriva la «provocazione» della foto di Draghi e Zaia. «Lunedì dovevo discutere con il dirigente scolastico di programmi didattici e sono andato da lei senza mascherina», racconta il docente friulano. «Mi ha intimato di metterla, lanciandomi al di là della scrivania una di quelle pezze, non a norma, prodotte da Fca ex Fiat, pagate con denaro pubblico e distribuite dal ministero dell’Istruzione agli studenti delle scuole. Mi sono rifiutato e allora la preside ha chiamato i carabinieri». L’Arma avrà pensato bene che aveva di meglio da fare e sono comparsi invece due vigili, che hanno cercato di convincere Verdini. «Mi hanno perfino detto di metterla sotto il naso, come fanno loro. Ho risposto che ne andava della mia dignità, quindi ho subìto il verbale di multa, 280 euro se pago entro cinque giorni altrimenti diventano 400 euro. Poi sono stato scortato fuori da scuola». Nemmeno fosse un delinquente. Il 21 giugno dovrà presentarsi in audizione, è scattato il procedimento disciplinare nei suoi confronti. «Mi sono preso qualche giorno di ferie. Sono amareggiato di non poter seguire i miei studenti a fine corso, ma almeno avrò dato loro una lezione di logica e coerenza», prova a consolarsi l’insegnante di lettere punito e allontanato.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/i-prof-ribelli-puniti-per-aver-tolto-il-bavaglio-2657439105.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="big-pharma-si-frega-le-mani-ma-anche-i-nuovi-vaccini-sono-a-rischio-con-omicron" data-post-id="2657439105" data-published-at="1654123807" data-use-pagination="False"> Big Pharma si frega le mani ma anche i nuovi vaccini sono a rischio con Omicron Non ci voleva un virologo per immaginare che qualcosa potesse andare storto. Ma se lo ammette persino una testata molto mainstream, significa che la situazione è peggiore di quanto credessimo. Il problema riguarda l’auspicio del ministro Roberto Speranza: avere, in autunno, un vaccino aggiornato per la variante Omicron. L’intuizione, maturata in base all’esperienza biennale della pandemia, suggerisce, però, che i farmaci salvifici potrebbero essere resi disponibili a babbo morto - ovvero, a ceppo virale mutato. Il virus sudafricano di fine novembre 2021, ad esempio, si è già trasformato. In Italia, è ancora dominante la versione Ba.2, ma stando all’ultimo monitoraggio di Iss, ministero e Fondazione Kessler, in almeno cinque aree (Basilicata, Molise, Bolzano, Trento e Valle d’Aosta) sono comparse le sottovarianti Ba.4 e Ba.5, mentre in Sardegna galoppano i ricombinanti Xi e Xm. Nulla di particolarmente allarmante; per ora, nessuna ecatombe in vista. Ma può essere abbastanza per bucare anche i preparati di Pfizer e Moderna prossimi venturi. Del rischio flop se n’è accorto il sito americano Axios, una piattaforma alla quale certo non si possono rimproverare simpatie no vax o tentazioni complottiste. Parliamo di un’azienda editoriale creata dal cofondatore di Politico, Jim VandeHei. Un giornalista, per intenderci, che ha un passato come corrispondente dalla Casa Bianca per il Washington Post. A dirigere il blog è Mike Allen, anche lui ex firma di Politico, anche lui transitato per giornali iperprogressisti, come il New York Times. Nondimeno, in un pezzo pubblicato ieri, Axios lancia l’allarme: «Omicron sta correndo più veloce dei vaccini progettati per combatterla». Esattamente quello che qualsiasi profano di epidemiologia, semplicemente osservando cosa è successo con i medicinali a mRna attualmente in commercio, poteva ipotizzare. L’autrice dell’intervento, Caitlin Owens, cita alcuni studi preliminari. Uno scopre, se volete, l’acqua calda: ossia, che le sottovarianti di Omicron sono ancora più capaci di aggirare gli anticorpi, grazie a ulteriori mutazioni della proteina Spike, quella tramite la quale il Sars-Cov-2 si aggancia e penetra nelle cellule umane. Per inciso, sottolineiamo che questa è una delle ragioni per cui l’immunità naturale è più stabile e duratura di quella acquisita tramite vaccinazione: i rimedi ad acido ribonucleico messaggero stimolano difese calibrate, addirittura, sulla Spike del ceppo originario. Che, ormai, non esiste più. Gli anticorpi generati in seguito a un’infezione, invece, sono in grado di riconoscere più regioni del virus e, dunque, di attaccarlo anche se la Spike si è radicalmente modificata. L’altra ricerca menzionata da Axios è un po’ più allarmante, in quanto pare indicare che gli esemplari Ba.4 e Ba.5 siano più patogenici di Omicron 2. Di quanto, non si sa: gli autori giapponesi del paper parlano di un «rischio potenzialmente più elevato per la salute globale», ma siamo ancora lungi dallo scenario da incubo di un virus più trasmissibile e altresì più letale. Axios aggiunge che, tra qualche mese, potrebbe essere in circolazione una versione di Omicron ancora diversa e, quindi, capacissima di eludere persino il vaccino aggiornato. Tanto che un’esperta di malattie infettive di Kaiser health news, Celine Gounder, sospira: «Non è per nulla chiaro» se il nuovo farmaco «rappresenterà un sensibile miglioramento rispetto al vaccino originale, dato che Ba.4 e Ba.5 sono così diverse dall’Omicron originale». Anche perché, almeno nei Paesi occidentali, dove sono state portate avanti inoculazioni di massa, il primo medicinale utilizzato, magari combinato con un crescente livello di immunità naturale, continua comunque a proteggere dalle forme gravi di Covid. Forse, è il massimo su cui potremo fare affidamento. Quest’estate, il regolatore Usa, la Food and drug administration, dovrebbe pronunciarsi sui nuovi prodotti di Pfizer e Moderna. Se le premesse sono queste, i sogni di Big Pharma dovrebbero infrangersi sullo scoglio della realtà. Ovvero, sull’impossibilità di inseguire un virus che muta molto più in fretta delle soluzioni adottate dagli scienziati, ai quali servono almeno sei mesi - scrive sempre Axios - solo per testare i vaccini e, poi, altro tempo per produrli e distribuirli. Alla folle rincorsa, dovrebbe subentrare un approccio più razionale a una patologia che, auspicabilmente, con qualche tutela indirizzata su anziani e fragili e qualche investimento in più sulle cure precoci, potrebbe essere tenuta sotto controllo. Pifzer e Moderna, tuttavia, due mesi fa hanno messo nero su bianco che, nel 2022, si aspettano rispettivamente 32 e 19 miliardi di dollari di incassi, grazie alle vendite dei vaccini anti Covid. È possibile che rinuncino al piatto ricco, ritirandosi con le pive nel sacco? Il virus muta. Ma la libidine per il denaro, quella, non cambia mai.
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La reazione di tanti è però ambigua, come è nella natura degli italiani, scaltri e navigati, e di chi ha uso di mondo. Bello in via di principio ma in pratica come si fa? Tecnicamente si può davvero lasciare loro lo smartphone ma col «parental control» che inibisce alcuni social, o ci saranno sotterfugi, scappatoie, nasceranno simil-social selvatici e dunque ancora più pericolosi, e saremo punto e daccapo? Giusto il provvedimento, bravi gli australiani ma come li tieni poi i ragazzi e le loro reazioni? E se poi scappa il suicidio, l’atto disperato, o il parricidio, il matricidio, del ragazzo imbestialito e privato del suo super-Io in display; se i ragazzi che sono fragili vengono traumatizzati dal divieto, i governi, le autorità non cominceranno a fare retromarcia, a inventarsi improbabili soluzioni graduali, a cominciare coi primi distinguo che poi vanificano il provvedimento? E poi, botta finale: è facile concepire queste norme restrittive quando non si hanno ragazzini in casa, o pretendere di educare gli educatori quando si è ben lontani da quelle gabbie feroci che sono le aule scolastiche! Provate a mettervi nei nostri panni prima di fare i Catoni da remoto!
Avete ragione su tutto, ma alla fine se volete tentare di guidare un po’ il futuro, se volete aiutare davvero i ragazzi, se volete dare e non solo subire la direzione del mondo, dovete provare a non assecondarli, a non rifugiarvi dietro il comodo fatalismo dei processi irreversibili, e dunque il fatalismo dei sì, perché sono assai più facili dei no. Ma qualcosa bisogna fare per impedire l’istupidimento in tenera età e in via di formazione degli uomini di domani. Abbiamo una responsabilità civile e sociale, morale e culturale, abbiamo dei doveri, non possiamo rassegnarci al feticcio del fatto compiuto. Abbiamo criticato per anni il pigro conformismo delle società arcaiche che ripetevano i luoghi comuni e le pratiche di vita semplicemente perché «si è fatto sempre così». E ora dovremmo adottare il conformismo altrettanto pigro, e spesso nocivo, delle società moderne e postmoderne con la scusa che «lo fanno tutti oggi, e non si può tornare indietro». Di questa decisione australiana io condivido lo spirito e la legge; ho solo un’inevitabile allergia per i divieti, ma in questi casi va superata, e un’altrettanto comprensibile diffidenza sull’efficacia e la durata del provvedimento, perché anche in Australia, perfino in Australia, si troveranno alla fine i modi per aggirare il divieto o per sostituire gli accessi con altri. Figuratevi da noi, a Furbilandia. Ma sono due perplessità ineliminabili che non rendono vano il provvedimento che resta invece necessario; semmai andrebbe solo perfezionato.
Il problema è la dipendenza dai social, e la trasformazione degli accessi in eccessi: troppe ore sui social, e questo vale anche per gli adulti e per i vecchi, un po’ come già succedeva con la televisione sempre accesa ma con un grado virale di attenzione e di interattività che rende lo smartphone più nocivo del già noto istupidimento da overdose televisiva.
Si perde la realtà, la vita vera, le relazioni e le amicizie, le esperienze della vita, l’esercizio dell’intelligenza applicata ai fatti e ai rapporti umani, si sterilizzano i sentimenti, si favorisce l’allergia alle letture e alle altre forme socio-culturali. È un mondo piccolo, assai più piccolo di quello descritto così vivacemente da Giovannino Guareschi, che era però pieno di umanità, di natura, di forti passioni e di un rapporto duro e verace con la vita, senza mediazioni e fughe; ma anche con il Padreterno e con i misteri della fede. Quel mondo iscatolato in una teca di vetro di nove per sedici centimetri è davvero piccolo anche se ha l’apparenza di portarti in giro per il mondo, e in tutti i tempi. Sono ipnotizzati dallo Strumento, che diventa il tabernacolo e la fonte di ogni luce e di ogni sapere, di ogni relazione e di ogni rivelazione; bisogna spezzare l’incantesimo, bisogna riprendere a vivere e bisogna saper farne a meno, per alcune ore del giorno.
La stupida Europa che bandisce culti, culture e coltivazioni per imporre norme, algoritmi ed espianti, dovrebbe per una volta esercitarsi in una direttiva veramente educativa: impegnarsi a far passare la legge australiana anche da noi, magari più circostanziata e contestualizzata. L’Europa può farlo, perché non risponde a nessun demos sovrano, a nessuna elezione; i governi nazionali temono troppo l’impopolarità, le opposizioni e la ritorsione dei ragazzi e dei loro famigliari in loro soccorso o perché li preferiscono ipnotizzati sul video così non richiedono attenzioni e premure e non fanno danni. Invece bisogna pur giocare la partita con la tecnologia, favorendo ciò che giova e scoraggiando ciò che nuoce, con occhio limpido e mente lucida, senza terrore e senza euforia.
Mi auguro anzi che qualcuno in grado di mutare i destini dei popoli, possa concepire una visione strategica complessiva in cui saper dosare in via preliminare libertà e limiti, benefici e sacrifici, piaceri e doveri, che poi ciascuno strada facendo gestirà per conto suo. E se qualcuno dirà che questo è un compito da Stato etico, risponderemo che l’assenza di limiti e di interesse per il bene comune, rende gli Stati inutili o dannosi, perché al servizio dei guastatori e dei peggiori o vigliaccamente neutri rispetto a ciò che fa bene e ciò che fa male. È difficile trovare un punto di equilibrio tra diritti e doveri, tra libertà e responsabilità, ma se gli Stati si arrendono a priori, si rivelano solo inutili e ingombranti carcasse. Per evitare lo Stato etico fondano lo Stato ebete, facile preda dei peggiori.
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Riduci
Ecco #DimmiLaVerità dell'11 dicembre 2025. Con il nostro Fabio Amendolara commentiamo gli ultimi sviluppi del caso Garlasco.