2020-08-18
I pasticci sugli infetti dall’estero servono a proteggere i clandestini
Luciana Lamorgese e Luigi Di Maio (Ansa)
Buchi nei dati: non si sa se i positivi sono turisti o migranti arrivati sui barconi. Ma in Sicilia e Sardegna i profughi sono oltre il 50% dei malati. Pure Luciana Lamorgese ha ammesso l'emergenza legata al coronavirusIl Sap duro col Viminale: «Non dica che va tutto bene. Mancano strumenti come i taser e siamo a contatto con stranieri in quarantena. Nessuna disposizione contro le fughe»Lo speciale contiene due articoliMigranti e coronavirus? Un falso problema, almeno secondo Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di sanità e membro del comitato tecnico scientifico. «Il contributo dei migranti, intesi come disperati che fuggono», ha dichiarato domenica Locatelli intervistato dal Corriere della Sera, «è minimale, non oltre il 3-5% sono positivi e una parte si infettano nei centri di accoglienza dove è più difficile mantenere le misure sanitarie adeguate».E gli altri? «A seconda delle Regioni, il 25-40% dei casi sono stati importati da concittadini tornati da viaggi o da stranieri residenti in Italia». Capitolo chiuso, almeno a giudicare dalle parole pronunciate da Locatelli. Un tentativo, quello del presidente del Css, di gettare acqua sul fuoco di una polemica che divampa ormai da settimane. Da quando, cioè, la curva dei contagi provenienti da fuori confine ha iniziato a lievitare vertiginosamente. Basti pensare che dall'aggiornamento pubblicato dall'Istituto superiore di sanità del 28 luglio a quello dell'11 agosto, l'estero è balzato al primo posto come luogo di esposizione al virus, passando da 276 a 615 casi. Parlando in termini percentuali, sul totale dei contagi l'incremento è stato dal 26,5% al 30,9%. La questione, in realtà, è molto più complessa. Come chiarisce un approfondito fact checking pubblicato su Pagella Politica, infatti, il report dell'Iss fornisce informazioni sul luogo nel quale si presume sia avvenuta l'infezione. Nessun dato utile, invece, per quanto riguarda la nazionalità dei contagi, che potrebbe riguardare - per esempio - concittadini che rientrano dall'estero, o viceversa stranieri che arrivano in Italia già positivi. Viste in questa prospettiva, le cifre dei casi da oltreconfine assumono un'altra prospettiva, specialmente a seguito del termine del lockdown e la relativa riapertura delle frontiere. Tuttavia, puntare il dito contro i turisti (italiani e non), magari aficionados della movida, non basta a spiegare interamente il fenomeno relativo ai casi importati. E di certo non esaurisce il feroce dibattito in seno alla politica e all'opinione pubblica. Primo. Come dimostra la lunga digressione di Pagella Politica, in realtà, da un lato è vero che i dati a disposizione non permettono di scindere tra migranti e turisti. Per contro, la scelta di mettere tutto nello stesso calderone di fatto impedisce di estrapolare il singolo dato, impedendo una corretta analisi dei flussi relativi a questa o all'altra categoria. Tradotto in termini più semplici, l'ambiguità con la quale le cifre vengono presentate non aiuta di certo. Come si suol dire, almeno in questo caso la forma è sostanza.Secondo. Dato per scontato che siamo alle prese con numeri necessariamente approssimativi, è bene paragonare pere con pere e mele con mele. Stando a quanto dichiarato a fine luglio dal sottosegretario alla Salute, Sandra Zampa, «dall'inizio della pandemia, sono stati registrati complessivamente 603 migranti positivi al Covid-19», pari allo 0,2% dei casi totali a quella data. A quanto si apprende dalla Indagine nazionale Covid-19 nelle strutture del sistema di accoglienza per migranti elaborata dall'Istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti e per il contrasto delle malattie della povertà, che prende in considerazione 5.038 strutture di accoglienza sulle 6.387 censite dal ministero dell'Interno (copertura pari al 73,7%), sarebbero 572 i casi sospetti di Covid, di cui 239 confermati. Pari cioè allo 0,4% sul totale degli ospiti. Tanto per dare un'idea delle proporzioni, come dichiarato dal governatore Luca Zaia, negli ultimi due giorni in Veneto sono stati effettuati ben 13.866 tamponi ai turisti tornati in regione. Risultato: 37 positivi, pari allo 0,27%, vale a dire il 48% in meno rispetto a quanto riscontrato nelle strutture che ospitano i migranti.macchia di leopardoTerzo. Quello dei contagi tra migranti è un problema che colpisce a macchia di leopardo. Ci sono alcune regioni costrette ogni giorno a fare i conti con sbarchi di rifugiati che poi si rivelano positivi. Pensiamo alla Sicilia, dove i bollettini che separano tra casi locali e «importati» ormai sono una consuetudine. Solo venerdì scorso, per esempio, dei 36 casi totali ben 21 riguardavano immigrati sbarcati sulle coste dell'isola. Oppure la Sardegna, dove il 13 agosto 13 dei 17 casi riguardavano migranti. Un capitolo a parte lo merita la caserma Serena di Treviso, con 260 contagiati su 320 ospiti.Quarto. Liquidare frettolosamente il problema, come fatto da Locatelli, non serve a risolverlo. Anche perché ormai sia il governo che l'opposizione sembrano d'accordo su un punto: la questione è critica. Il governatore siciliano Nello Musumeci ha definito il fronte migranti «un'emergenza nell'emergenza». Più che dagli sbarchi, il ministro dell'Interno Luciana Lamorgese sembra preoccupata dall'emergenza sanitaria: «Devono fare tutti la quarantena di 14 giorni». E giusto ieri la Lamorgese ha ammesso che c'è «pressione su Sicilia e Lampedusa» e la «difficoltà è aggravata dal Covid». Alla faccia del problema che non esiste.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/i-pasticci-sugli-infetti-dallestero-servono-a-proteggere-i-clandestini-2647009095.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="poliziotti-aggrediti-e-senza-tutele" data-post-id="2647009095" data-published-at="1597701311" data-use-pagination="False"> «Poliziotti aggrediti e senza tutele» A livello nazionale non è tra i centri di accoglienza più conosciuti, però le sue condizioni sono drammatiche. È la struttura di Monastir, situata nella parte meridionale della Sardegna, che desta preoccupazione soprattutto fra chi vi lavora. Come denuncia la lettera inviata dal segretario provinciale del Sap (Sindacato autonomo di polizia), Luca Agati, al questore di Cagliari Pierluigi d'Angelo. «Monastir è una polveriera pronta a esplodere. Gli stranieri sono ammassati in condizioni disumane all'interno delle diverse aree che vengono facilmente scavalcate». Occorrono pochi minuti e qualche clic per trovare su Internet le immagini delle fughe. «Gli stranieri sono divisi in varie zone in virtù della loro permanenza e della loro condizione sanitaria. I poliziotti», prosegue nella missiva il rappresentante sindacale Luca Agati, «che lavorano nel centro non hanno la possibilità di differenziare i malati dai sani, chi è nella struttura da un giorno e chi da 15». Ma non è finita qui perché «un nucleo familiare con tre minori (tre bambine di 1, 3 e 5 anni) vive in questa situazione con i bambini che giocano in mezzo ai sacchi dell'immondizia abbandonati a fianco della struttura a loro dedicata». Pochi giorni fa anche il sindaco del paese sardo, Luisa Murru, aveva messo in luce la situazione dell'area dove sorge l'ex scuola di polizia penitenziaria, sempre attraverso una lettera inviata al questore di Cagliari. D'altronde non è un mistero che la questione migratoria nel periodo estivo faccia sentire tutto il suo peso, senza dimenticare le difficoltà innescate dalla lotta al Covid-19. Eppure per chi ha il compito di gestire l'immigrazione, il panorama generale non sarebbe così allarmante. È stato lo stesso ministro dell'Interno, Luciana Lamorgese, a confermarlo nella tradizionale conferenza stampa di Ferragosto. Per l'occasione il titolare del Viminale ha scelto la prefettura di Milano, sede del suo precedente incarico. Ma la visione presentata da Luciana Lamorgese è stata sconfessata dalle citriche indirizzatele dal Sap. Il quale, 48 ore prima della relazione annuale, ha spedito un documento di accusa al ministro. Nell'incipit della missiva il segretario generale del sindacato, Stefano Paoloni, fa un appello esplicito: «Non dica che va tutto bene». Perché «risulta davvero incomprensibile il grado di attenzione che questo esecutivo rivolge alla sicurezza del Paese». Tra le lacune più evidenti il Sap sottolinea la mancata apertura dei tavoli con le istituzioni per «il rinnovo del contratto di lavoro» e per «la revisione delle tutele giuridiche e sanitarie del personale delle forze dell'ordine». Gli agenti «continuano a essere aggrediti senza avere alcun strumento in più a loro tutela: non ci sono protocolli operativi, non sono stati forniti nuovi strumenti a supporto, tipo taser (pistola elettrica ndr) o bodycam, ma soprattutto non è stata prevista un'adeguata tutela legale». Capitolo stranieri e coronavirus. «Molto critica», scrive il leader del Sap, Stefano Paoloni, «è anche la situazione per il contrasto all'immigrazione clandestina e al contenimento dell'emergenza sanitaria». Dato che «nei centri di permanenza in Sicilia, Puglia, Calabria, Sardegna, Veneto e Friuli Venezia Giulia il personale rischia ogni giorno, poiché deve vigilare centri spesso non idonei alla funzione e agendo in promiscuità con i migranti in quarantena». E per quanto riguarda le evasioni degli stranieri? «Nessuno ha impartito disposizioni», mette nero su bianco Paoloni, «in merito alle modalità con cui può essere fermato chi fugge dai centri di permanenza. Violare la quarantena fiduciaria, comporta oggi solamente una sanzione amministrativa, oppure, per coloro che risultano positivi, una sanzione penale di lieve entità». Quindi sembrerebbe che nei confronti dei migranti che evadono non siano state previste adeguate contromisure, in grado di scoraggiare e far desistere chi tenta di fuggire. Ecco la prova più lampante del fallimento targato Luciana Lamorgese sull'immigrazione.
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