2019-05-10
I nomadi rinunciano alla casa: «Via da Casal Bruciato». Denunciato chi invoca stupri
La famiglia Omerovic decide di abbandonare l'alloggio popolare. E il Pontefice la riceve assieme a 500 rom e sinti. Identificato l'autore delle minacce, che nega.La gestione fallimentare dell'edilizia pubblica a Roma ha scatenato la guerra tra poveri. Iniziò Walter Veltroni a tenere un quarto delle strutture fuori graduatoria. Poi Gianni Alemanno premiò chi viveva nei centri di raccolta e Nicola Zingaretti chi occupava gli stabili.Lo speciale contiene due articoliNon rimarrà a Casal Bruciato, periferia Est di Roma, la famiglia rom assegnataria dell'alloggio popolare di via Sebastiano Satta. Da tre giorni davanti al civico 20 vanno in scena le proteste furibonde dei residenti e degli attivisti dei movimenti di estrema destra e madre padre e 12 figli non sono usciti che una sola volta, nel pomeriggio di ieri, quando si sono recati in San Giovanni in Laterano per l'incontro con il Pontefice, scortati e da una porta sul retro del palazzo. «Qui non possiamo vivere», avrebbe dichiarato Clinton, 20 anni, uno dei figli più grandi degli Omerovic, originari della Bosnia. «Andremo via. Stiamo solo decidendo come». Gli Omerovic sono solo una delle diverse famiglie a cui il sindaco di Roma, Virginia Raggi, ha assegnato, seguendo il piano complessivo di dismissione dei campi nomadi della capitale, un alloggio popolare in periferia. Già nelle settimane scorse c'erano state rivolte a Pietralata e Torre Maura contro l'arrivo dei nomadi nel quartiere, proteste che in quell'occasione, come probabilmente in questa, avevano costretto il sindaco a un passo indietro. La tensione negli ultimi tre giorni nel quartiere è stata altissima: cortei, banchetti e sit in, con le forze dell'ordine intervenute più volte per calmare gli animi. E ieri sono scattate le prime denunce, a quanto risulta almeno tre sono i soggetti identificati tra i quali c'è anche chi ha rivolto la frase «Ti stupro» all'indirizzo della madre rom con in braccio uno dei figli, mentre veniva scortata dalla polizia all'interno della palazzina nel giorno dell'arrivo e altri due soggetti che avrebbero rivolto alla famiglia frasi razziste. A fare fede sarebbero le frasi finite in un video dell'agenzia di stampa Dire, dalle quali Casapound si è in parte smarcata. «Le frasi pronunciate a quanto pare da qualche residente sono sbagliate e da condannare, ma figlie dell'esasperazione. Se i residenti di Casal Bruciato, e delle altre borgate di Roma, avessero servizi e trasporti queste tensioni non si verificherebbero», ha twittato Mauro Antonini, dirigente romano di Casapound. A quanto pare a pronunciarle sarebbe stato un simpatizzante, D.C. le iniziali, che ha dichiarato di non fare parte del movimento, ma di essere stato presente alla manifestazione come privato cittadino, negando contemporaneamente anche le parole che gli sono state attribuite. Intanto, proprio ieri, in Vaticano, papa Francesco ha incontrato in un momento di preghiera 500 tra rom e sinti. Un appuntamento fissato da tempo che ha coinciso con la cronaca più accesa. «È vero, ci sono cittadini di seconda classe, ma i veri cittadini di seconda classe sono quelli che scartano la gente, perché non sanno abbracciare, sempre con gli aggettivi in bocca», ha dichiarato il Pontefice. «In Italia ci sono organizzazioni che sono maestre di vendetta, voi mi capite bene. Un gruppo di gente che è capace di creare la vendetta, di vivere l'omertà: questo è un gruppo di gente delinquente, non gente che vuole lavorare», ha aggiunto il Papa argentino.Ma su Casal Bruciato monta anche la polemica politica. A innescarla la visita del sindaco, Virginia Raggi, alla famiglia, avvenuta due giorni fa, durante la quale il sindaco, che ha ribadito la «regolarità dell'assegnazione», è stato accolto da cori di proteste, fischi e insulti. Il primo che sembrava voler prendere le distanze è stato il vicepremier, Luigi Di Maio: «La Raggi pensi ad aiutare i romani prima di pensare ai rom», è la frase riportata da fonti a lui vicine e circolata ieri. «Non sono irritato», ha però precisato durante un'intervista a Radio Anch'io. «Quando si minaccia una donna di stupro, si costringono i bambini chiusi in casa perché hanno un alloggio per legge è giusto dare la massima solidarietà io comprendo che ci sia tensione sociale». Ma la tensione «non si può combattere stando da una parte o dall'altra, ma trovando una soluzione: il tema non è schierarsi, ma abbassare la tensione sociale».Anche quello del segretario del Pd e governatore del Lazio, Nicola Zingaretti, è stato un intervento a doppia faccia. Da un lato ha espresso «vicinanza e solidarietà alla Raggi», ma poi ha ricordato che «quelle proteste non sono solo di neofascisti o di movimenti organizzati», ma «c'è una massa sterminata di persone che si sente abbandonata e le proteste devono spingere ad aprire una riflessione sulla qualità della vita nelle periferie». Giorgia Meloni, leader di Fratelli d'Italia, ha parlato invece di «razzismo contro gli italiani». Il Comune di Roma ai rom «riconosce 5.000 euro se aprono un'attività, 800 per l'affitto, gli pagano il mental coach per andare a lavorare», ha spiegato. «E nell'assegnazione delle case popolari ai nomadi in uscita dai campi è riservato un punteggio aggiuntivo. Non mi pare che il Comune abbia attivato queste misure anche per i romani poveri».Alessia Pedrielli<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/i-nomadi-rinunciano-alla-casa-via-da-casal-bruciato-denunciato-chi-invoca-stupri-2636723825.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="le-norme-favoriscono-i-rom-scatta-la-rivolta" data-post-id="2636723825" data-published-at="1761829732" data-use-pagination="False"> Le norme favoriscono i rom: scatta la rivolta Tra assegnazioni fuori graduatoria, bandi speciali, riformulazioni dei criteri per i punteggi, sanatorie e deroghe, la gestione dell'assegnazione delle case popolari a Roma è da sempre un sistema che procede per eccezioni e che vede la mortificazione di chi attende nella legalità che la sua domanda venga vagliata dagli uffici per le politiche abitative. Posto che nessuno può giustificare alcun tipo di minaccia e intimidazione contro un legittimo assegnatario riconosciuto dalle normative stabilite dell'amministrazione locale, per comprendere la rabbia che monta nelle periferie della capitale bisogna ripercorrere gli ultimi vent'anni di gestione dell'Edilizia residenziale pubblica (Erp), che hanno visto la giustizia sociale calpestata dai più furbi con buona pace delle istituzioni locali che, in molti casi, hanno legittimato o perfino premiato lo status quo delle occupazioni e delle cosiddette assegnazioni in emergenza abitativa, tramite l'approvazione di apposite delibere. A certificare l'anomalia dell'assegnazione emergenziale fu già la delibera 206 del 2007 del Comune di Roma, guidato allora dal sindaco Walter Veltroni, che riconosceva che fino a quel momento oltre il 50% degli alloggi erano stati assegnati fuori dalla graduatoria generale e stabiliva che circa 10.000 nuovi alloggi sarebbero dovuti essere assegnati «con ricorso alla graduatoria del bando generale 2000, fatta salva una quota non superiore al 25% da riservare alle situazioni di emergenza abitativa». In pratica il Comune si riservava il diritto di decidere, a seconda delle emergenze, a chi dare circa un quarto degli alloggi pubblici. Dunque il cittadino che aveva presentato domanda poteva essere scavalcato in qualsiasi momento da uno degli assegnatari di quella quota del 25% destinata a sanare situazioni di famiglie presenti in «strutture assistenziali organizzate da organi, enti e associazioni di volontariato». Le cose si complicano ulteriormente nel 2012, sotto l'amministrazione di centrodestra di Gianni Alemanno, quando gli uffici preposti riformulano i criteri per i punteggi per il nuovo bando generale. Di fatto, in precedenza chi aveva subito uno sfratto esecutivo otteneva il massimo del punteggio (10 punti) a cui andavano sommati altri punti relativi alla composizione (numero figli) e allo stato socio economico (redditi) della famiglia. Con il nuovo bando del 2012 ottengono invece maggiore rilevanza situazioni che vedono interessate fasce di popolazione diverse rispetto a chi ha subito uno sfratto dopo aver avuto un regolare contratto. Il massimo del punteggio (18 punti) viene così assegnato a quei «nuclei familiari in situazione di grave disagio abitativo, accertato dall'autorità competente», che «dimorino in centri di raccolta, dormitori pubblici o altre idonee strutture procurate a titolo provvisorio […], con permanenza continuativa nei predetti ricoveri da almeno un anno». Tradotto, chi vive in strutture d'accoglienza ha un punteggio maggiore rispetto a chi è stato sfrattato e magari dorme dai parenti. Sempre il nuovo bando assegna 17 punti a coloro che «siano assistiti economicamente dai servizi sociali e che presentino un grave disagio abitativo determinato da sistemazioni provvisorie, da almeno un anno, in manufatti impropri cioè privi dei servizi essenziali». È evidente che per «manufatto improprio» non può essere considerata una casa, ma soluzioni come baracche, roulotte e giacigli di ogni tipo. Per lo sfratto, fenomeno che continua a colpire migliaia di romani ogni anno, restano invece i 10 punti già stabiliti. Intanto la realtà delle assegnazioni fuori bando continuano a precedere in parallelo. Un ulteriore colpo in questa direzione è arrivato con le delibere regionali 109 e 110 del marzo 2016, con cui la giunta di sinistra guidata da Nicola Zingaretti ha modificato il regolamento per l'assegnazione degli alloggi Erp. In particolare, la delibera 109 introduce l'articolo 30 bis che decreta che «per rispondere alle emergenze abitative registrate da Roma Capitale […] la giunta regionale attua un programma straordinario di interventi per l'emergenza abitativa, riservando un complesso di alloggi ai nuclei familiari presenti in immobili di proprietà pubblica o privata impropriamente adibiti ad abitazione per stato di estrema necessità». Insomma chi occupa teatri in disuso, caserme, scuole, ex strutture sanitarie e qualsiasi altro immobile pubblico ottiene un'altra bella corsia preferenziale, ed è chiaro che tra queste categorie aumenta ogni anno il numero dei cittadini stranieri che non hanno una casa. Ci sarebbero poi altre delibere molto discutibili, come quella che ai fini della decadenza del diritto all'alloggio stabilisce che vanno considerate solo le proprietà immobiliari dell'assegnatario e non quelle degli altri componenti del nucleo familiare, ma per farsi un'idea del caos che ha innescato la lotta fra poveri è più che sufficiente il quadro tratteggiato finora. Per garantire un minimo di giustizia sociale e i diritti di chi attende da anni nella legalità qualunque sia la sua cittadinanza, il gruppo consiliare di Fratelli d'Italia al Comune di Roma, poche settimane fa, aveva proposto una delibera per introdurre il criterio di «residenzialità» per la formazione delle graduatorie, un principio che avrebbe trovato applicazione mediante il paletto dei cinque anni di residenza per accedere alla domanda. Proposta portata in Regione anche dal consigliere Fabrizio Ghera (Fdi) e mai approvata. Marco Guerra
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