2018-08-31
«I millennials intrappolati nella Rete. Si è trasferito online anche l’affetto»
«Vite potenziali», tra i finalisti, è lo specchio di una generazione di fronte a un cambiamento epocale «L'elettronica ha stravolto l'esistenza privata. Il ronzio del cellulare è divenuto la protesi virtuale dell'io».Francesco Targhetta è nato a Treviso nel 1980. Dopo gli studi classici, la laurea in lettere e un dottorato di ricerca all'Università di Padova, è diventato insegnante di italiano e latino al liceo.Si è sempre dilettato di scrittura. In gioventù era compositore seriale (oltre 1.000 brani) di testi musicali in inglese (di cui un centinaio approdati all'esecuzione in versione rock). Poi si è dedicato alla poesia tanto che, nell'anno della maturità classica, 1999, ha vinto il premio Giuseppe Berto giovani. Il suo percorso è proseguito dalla poesia al romanzo in versi per approdare infine alla narrativa con la sua opera prima, Le vite potenziali (Mondadori editore), tra i cinque finalisti della Selezione Campiello 2018 dopo essersi aggiudicato il Giuseppe Berto, opera prima. Nel tempo libero d insegnamento e scrittura, suona l'ukulele.Fiaschi, il titolo d'esordio del primo libro, non era proprio di buon auspicio, per un aspirante scrittore. Non è stato nemmeno notato da Oliviero Toscani, che pure non perde l'occasione di punzecchiare le genti del Nordest.«È stato l'approdo naturale di un percorso giovanile partito da lontano. Ho ancora scatoloni pieni di mie composizioni, sia in versi che in prosa. Ne ho proposto una selezione, senza vergogna di dirlo, a un editore a pagamento la cui titolare era figlia di Luciano Bianciardi, un autore cui devo molto della mia formazione. In genere ricorrere a un editore a pagamento viene ritenuto l'ultima spiaggia sulla quale naufragano, fin da subito, le ambizioni di un autore. A me ha portato bene, invece, perché a Capalbio, una delle due uniche presentazioni svolte (l'altra a Padova), era presente Alberto Piccinini, consulente di Isbn, una casa editrice che poi mi contattò via mail invitandomi a scrivere un romanzo in versi».Non ci sono più molti autori che si cimentano in questo genere di scrittura.«Certo, è una nicchia. Ma, a parte Bianciardi, uno dei suoi massimi esponenti è stato Guido Gozzano. Al romanzo in versi si è ispirato un finalista del Campiello 2017, Stefano Massini, con Qualcosa sui Lehman. Poi l'approdo alla narrativa con Mondadori. Andrea Bajani (vincitore del Bagutta 2011), con cui condividete molte delle tematiche riguardanti la condizione giovanile, ha scritto: «Targhetta ha lo sguardo del poeta con il passo del narratore».«Sono indubbiamente percorsi personali. La poesia, in età giovanile, per molti è il modo più naturale di raccontarsi, quando non si ha ancora una grande coscienza del mondo, realtà che si cerca di descrivere con il romanzo in versi. Nella narrativa, invece, cambia tutto. Deve esserci una trama attorno a cui costruire un racconto».Veniamo alle Vite potenziali. Cesare De Michelis lo ha descritto così: «È una storia di giovani liberati, con il lavoro, dalle urgenze del bisogno, ma abbandonati in un mondo liquido dove ogni giorno ti aspetti che tutto quello che hai conquistato possa sciogliersi in un istante».«È una storia generazionale dove i tre protagonisti (e chi vive attorno a loro, sia nel lavoro che nella vita privata) sono lo specchio di una generazione che si è trovata di fronte a un cambiamento epocale di fronte a cui in molti, se non quasi tutti, ci troviamo impreparati. L'ha fotografata bene Lara Marrana: «Il lavoro di Targhetta dimostra come la stabilità lavorativa non generi automaticamente una stabilità esistenziale». L'elettronica ha stravolto molte cose. Dal suo impatto nel mondo del lavoro, ma anche a tutto il resto, pensiamo alla vita privata, non solo quella affettiva, ma pure quella ... commerciale. Sempre più gli acquisti vengono gestiti on line, in un meccanismo infernale dove il possesso dell'oggetto è più virtuale che reale. Esistono oramai quasi due mondi che si sovrappongono. Quello di sempre, magari rassicurante e ancorato al passato, con tutti i suoi limiti, e quello aleatorio e intangibile, formato dalla rete, che è nato dentro all'altro per poi svilupparsi con una rapidità vorace fino a mangiarne i contorni. Un buco nero che si allarga senza sosta nel suo incessante ronzio, quello del pc o del cellulare, oramai divenuto per molti, se non per troppi, una protesi virtuale del proprio essere».Non a caso il perno della storia ruota attorno ad Albecom, una start up del commercio elettronico.«Albecom ha sede a Marghera scelta quale terra di mezzo tra un omega del vecchio modo di fare azienda, e un alfa, il cui sviluppo è dai contorni incerti, legato ad un oggi che non si sa se sarà domani. La sua mission è quella di fabbricare, per conto di grandi marchi, l'illusione di una vita desiderabile, attraverso l'ecommerce, appunto. È una realtà che ho toccato con mano, grazie a un amico che ha un'attività simile, proprio a Marghera. Per tre anni, da analfabeta digitale, ho frequentato questo mondo. Mi ha sorpreso il fatto che, pur potendo entrare liberamente senza dover suonare il campanello, qualcuno mi salutava, la maggior parte neanche si accorgeva che fossì lì, lo sguardo fisso sul pc».Parliamo dei tre protagonisti. Nel leggere la storia sembra proprio di riconoscerli nelle persone che, ognuno di noi, incontra poi nella vita quotidiana.«Sono emblematici del nostro tempo. Non sono millennials, ma la prima generazione cresciuta nel mondo digitale, trentacinquenni per l'anagrafe. Non più giovani, ma non ancora adulti, almeno secondo la definizione classica del termine: famiglia, figli, lavoro stabile. Alberto Casagrande, il fondatore, è un visionario che intuisce come il mondo non si possa fermare. Si tratta di cercare di accompagnarlo nella direzione in cui sta già andando, ma con la cura di farlo con più onestà possibile. Uno dei suoi mantra è «l'ecommerce è il nostro pane, noi ci mettiamo il salame». Poi c'è Giorgio De Lazzari (Gdl per tutti). Il commerciale. Attoriale per professione, il centravanti di sfondamento della squadra. Il cui centro di gravità permanente è sempre spostato in avanti, nel conquistare nuovi clienti, aumentare il suo status, cercare di smarcarsi dall'essere un gregario di lusso, alla ricerca di un proprio posto al sole, senza farsi troppi scrupoli. Infine c'è Luciano, il programmatore, quello che, forse, è il reale protagonista della storia perché, in fondo, ha caratteri in cui molti di noi possiamo identificarci. Almeno in parte. Ha la capacità di sentire le cose più degli altri, poiché ha mantenuto intatta la propria sensibilità verso l'esterno, con i suoi limiti innati (timidezza, scarsa avvenenza) il cui unico grande desiderio non sono i soldi o il successo, ma più semplicemente il desiderio di avere qualcuno da rendere felice».È inevitabile, a questo punto, indagare nella componente femminile del romanzo.«Le donne che accompagnano i protagonisti ne sono lo specchio. Alberto ha conosciuto Paola senza ricorrere ai social. Lei è la persona accanto alla quale sa di poter chiudere gli occhi e sentirsi al sicuro. Quando lei gli annuncia che diventerà padre, lui le si avvicina “con un abbraccio che contiene il futuro", avendo finalmente la sensazione “di aver adempiuto a qualcosa, a differenza di tutto il resto della sua vita". Veronica è speculare a Gdl, nella loro relazione molto elastica, anche se è lei quella che, alla fine, sente il bisogno di lui. Luciano, invece, consola la sua solitudine portando da mangiare ai gatti abbandonati in qualche angolo nascosto di Marghera, lui che incappa sempre in donne insicure cui lui per primo non è in grado di dare un supporto. L'unica sua relazione “seria" si era verificata all'asilo. Una storia terminata, poiché entrambi avevano finito l'asilo».Un ruolo importante, per la riuscita di un libro, oltre alla struttura narrativa, è indubbiamente la copertina, che, in molti casi, può essere la prima calamita di attrazione verso il potenziale lettore.«Con la mia editor, Linda Fava, ci abbiamo pensato a lungo. Abbiamo subito escluso un rinvio a Marghera, perché avrebbe ghettizzato una storia che, invece, riguarda larga parte del nostro paese. La sfida era quella di trasferire un messaggio complesso, quello di personaggi strattonati dalle mille potenzialità delle loro vite. All'inizio pensammo a un pc in primo piano, con il suo schermo circondato da immagini di decadenza, poi invece la scelta è caduta su di una bella immagine, la veduta serale del Vitra Design Museum a Weil am Rhein, in Germania. Gli edifici inquadrati sono tre, come i personaggi principali della storia. Messi uno sopra l'altro, ma ciascuno orientato verso un orizzonte differente, come in sostanza sono le tre diverse vite potenziali che li vedono protagonisti».Qualcuno ha avvicinato la sua poetica a quella di Andrea Zanzotto.«Zanzotto aveva la straordinaria capacità di restituire al lettore la grana stessa dei paesaggi del Nordest. Io ci provo, anche perché i tempi sono cambiati».Il sogno nel cassetto?«Per certi versi un ritorno alle origini. Portare in giro una lettura sonorizzata del romanzo. Ci stiamo lavorando con una band locale, i Father Murphy. È il modo che preferisco per condividere ciò che ho scritto».
Laura Boldrini e Nancy Pelosi (Ansa)
Ecco #DimmiLaVerità del 21 ottobre 2025. Ospite Fabio Amendolara. L'argomento del giorno è: "Gli ultimi sviluppi del caso di Garlasco".
(Arma dei Carabinieri)
Questa mattina, nei comuni di Gallipoli, Nardò, Galatone, Sannicola , Seclì e presso la Casa Circondariale di Lecce, i Carabinieri del Comando Provinciale di Lecce hanno portato a termine una vasta operazione contro un’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti che operava nella zona ionica del Salento. L’intervento ha mobilitato 120 militari, supportati dai comandi territoriali, dal 6° Nucleo Elicotteri di Bari Palese, dallo Squadrone Eliportato Cacciatori «Puglia», dal Nucleo Cinofili di Modugno (Ba), nonché dai militari dell’11° Reggimento «Puglia».
Su disposizione del Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Lecce, su richiesta della Procura Distrettuale Antimafia, sono state eseguite misure cautelari di cui 7 in carcere e 9 ai domiciliari su un totale di 51 indagati. Gli arrestati sono gravemente indiziati di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, rapina con armi, tentata estorsione, incendio, lesioni personali aggravate dalla deformazione dell’aspetto e altro, con l’aggravante del metodo mafioso.
Tutto è cominciato nel giugno del 2020 con l’arresto in flagranza per spaccio di stupefacenti avvenuto a Galatone di un giovane nato nel 1999. Le successive investigazioni avviate dai militari dell’Arma hanno consentito di individuare l’esistenza di due filoni parallel ed in costante contatto, che si spartivano le due principali aree di spaccio della zona ionica del Salento, suddivise tra Nardò e Gallipoli. Quello che sembrava un’attività apparentemente isolata si è rivelata ben presto la punta dell’iceberg di due strutture criminali ramificate, ben suddivise sui rispettivi territori, capaci di piazzare gradi quantitativi di droga. In particolare, l’organizzazione che operava sull’area di Nardò è risultata caratterizzata da una struttura verticistica in grado di gestire una sistematica attività di spaccio di stupefacenti aggravata dal tipico ricorso alla violenza, in perfetto stile mafioso anche mediante l’utilizzo di armi, finalizzata tanto al recupero dei crediti derivanti dalla cessione di stupefacente, quanto al controllo del territorio ed al conseguente riconoscimento del proprio potere sull’intera piazza neretina.
Sono stati alcuni episodi a destare l’attenzione degli inquirenti. Un caso eclatante è stato quando,dopo un prelievo di denaro presso un bancomat, una vittima era stata avvicinata da alcuni individui armati che, con violenza e minaccia, la costringevano a cedere il controllo della propria auto.
Durante il tragitto, la vittima veniva colpita con schiaffi e minacciata con una pistola puntata alla gamba destra e al volto, fino a essere portata in un luogo isolato, dove i malviventi la derubavano di una somma in contanti di 350 euro e delle chiavi dell’auto.
Uno degli aggressori esplodeva successivamente due colpi d’arma da fuoco in direzione della macchina, uno dei quali colpiva lo sportello dal lato del conducente.
In un'altra circostanza invece, nei pressi di un bar di Nardò, una vittima era stata aggredita da uno dei sodali in modo violento, colpendola più volte con una violenza inaudita e sproporzionata anche dopo che la stessa era caduta al suolo con calci e pugni al volto, abbandonandolo per terra e causandogli la deformazione e lo sfregio permanente del viso.
Per mesi i Carabinieri hanno seguito le tracce delle due strutture criminose, intrecciando intercettazioni, pedinamenti, osservazioni discrete e perfino ricognizioni aeree. Un lavoro paziente che ha svelato un traffico continuo di cocaina, eroina, marijuana e hashish, smerciati non solo nei centri abitati ma anche nelle località marine più frequentate della zona.
Nell’organizzazione, un ruolo di primo piano è stato rivestito anche dalle donne di famiglia. Alcune avevano ruoli centrali, come referenti sia per il rifornimento dei pusher sia per lo spaccio al dettaglio. Altre gestivano lo spaccio e lo stoccaggio della droga, controllavano gli approvvigionamenti e le consegne, alcune avvenute anche alla presenza del figlio minore di una di loro. Spesso utilizzavano automobili di terzi soggetti estranei alla compagine criminale con il compito di “apripista”, agevolando così lo spostamento dello stupefacente.
Un’altra donna vicina al capo gestiva per conto suo i contatti telefonici, organizzava gli incontri con le altre figure di spicco dell’organizzazione e svolgeva, di fatto, il ruolo di “telefonista”. In tali circostanze, adottava cautele particolari al fine di eludere il controllo delle forze dell’ordine, come l’utilizzo di chat dedicate create su piattaforme multimediali di difficile intercettazione (WhatsApp e Telegram).
Nell’azione delle due strutture è stato determinante l’uso della tecnologia e l’ampio ricorso ai sistemi di messaggistica istantanea da parte dei fruitori finali, che contattavano i loro pusher di riferimento per ordinare le dosi. In alcuni casi gli stessi pusher, per assicurarsi della qualità del prodotto ceduto, ricontattavano i clienti per acquisire una “recensione” sullo stupefacente e quindi fidelizzare il cliente.
La droga, chiamata in codice con diversi appellativi che ricordavano cibi o bevande (come ad es. “birra” o “pane fatto in casa”), veniva prelevata da nascondigli sicuri e preparata in piccole dosi prima di essere smerciata ai pusher per la diffusione sul territorio. Un sistema collaudato che ha permesso alle due frange di accumulare ingenti profitti nel Salento ionico, fino all’intervento di oggi.
Il bilancio complessivo dell’operazione è eloquente: dieci arresti in flagranza, il sequestro di quantitativi di cocaina, eroina, hashish e marijuana, che avrebbero potuto inondare il territorio con quasi 5.000 dosi da piazzare al dettaglio.
Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce ha ritenuto gravi gli elementi investigativi acquisiti dai Carabinieri della Compagnia di Gallipoli, ha condiviso l’impostazione accusatoria della Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce, emettendo dunque l’ordinanza di custodia cautelare a cui il Comando Provinciale Carabinieri di Lecce ha dato esecuzione nella mattinata di oggi.
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