2022-11-17
I leader del mondo deplorano il conflitto voluto dal Cremlino. Ma non c’è unanimità
Nel documento finale del summit indonesiano, il Dragone non abbandona Mosca. India e Indonesia provano a mediare.Ieri si è chiusa ufficialmente la due giorni del G20, che per la diciassettesima volta ha riunito i capi di Stato delle nazioni più industrializzate del mondo. Il summit si è svolto sull’isola indonesiana di Bali, in località Nusa Dua, dopo che l’anno scorso la presidenza era toccata all’Italia. Inaugurato sotto gli auspici del motto coniato dal governo indonesiano, «Ripartire insieme, ripartire più forti», il vertice era incentrato per quest’edizione su tre temi principali: salute globale, transizione energetica e trasformazione digitale.Essendo un vertice orientato per statuto alle grandi questioni di natura economica, era chiaro che l’agenda fosse dominata da problemi come gli strascichi dell’emergenza sanitaria, il cambiamento climatico e argomenti simili: «Mentre la pandemia globale continua a colpire tutti i settori delle nostre vite, il futuro della prosperità condivisa dipende dalla nostra abilità collettiva di creare una base inclusiva e sostenibile per la crescita», si può infatti leggere sul sito ufficiale del G20.Tuttavia, era inevitabile che l’urgenza del momento non potesse che essere rappresentata dalla guerra russo-ucraina. Non foss’altro perché il conflitto ha ricadute anche di natura schiettamente economica. Non è un caso che Volodymyr Zelensky, intervenendo al vertice di Bali in videocollegamento, abbia voluto specificare che «tra di voi c’è uno Stato terrorista». Non certo un modo per distendere gli animi. Eppure, l’eco dei missili caduti al confine tra Polonia e Ucraina - con tanto di reciproche accuse tra le parti in causa - non ha certo aiutato in questo senso. E anzi, il presidente dell’Ucraina ha colto l’occasione per parlare dell’incidente polacco come di «un messaggio di Mosca direttamente rivolto ai vertici del G20». Sui missili incriminati non si hanno certezze, e infatti i capi di Stato presenti a Bali hanno preferito rimanere molto cauti sulla questione. Il clima, però, non poteva che essere teso. Tanto che, nella mattina di ieri, è andato in scena anche un vertice G7-Nato, convocato d’urgenza per analizzare la situazione.Al di là delle pure petizioni di principio, sul conflitto ucraino il Gruppo dei 20 non è riuscito davvero a trovare un’intesa. Ne è prova lampante il documento finale. La versione definitiva del testo - che peraltro costituisce una presa di posizione comune tutt’altro che vincolante per i firmatari - non si discosta in maniera significativa dalla bozza che era circolata martedì. «Ci siamo riuniti a Bali in un momento di crisi senza precedenti», si legge nel comunicato finale del G20. «Abbiamo sperimentato la devastazione della pandemia e altre sfide, tra cui il cambiamento climatico, che hanno causato una recessione economica, aumentato la povertà, rallentato la ripresa globale». Al momento della verità, però, tra le righe si intravede un chiaro compromesso: «La maggior parte dei membri ha condannato con forza la guerra in Ucraina». In pratica, non si parla minimamente di «aggressione della Russia» e, inoltre, viene affermato che la condanna è arrivata solo dalla «maggior parte» delle nazioni del G20. Non è un caso, infatti, che il documento prosegua specificando che «ci sono stati altri punti di vista e diverse valutazioni della situazione».Insomma, la guerra russo-ucraina continua a dividere il mondo. Come ha spiegato il Financial Times, a spingere per questa formulazione vaga e cerchiobottista è stata in primo luogo la Cina, che non aveva alcuna intenzione di isolare la Russia, che per Pechino rappresenta un alleato strategico. Come riporta sempre il quotidiano britannico, la comunicazione finale è stata il frutto di un accomodamento tra nazioni occidentali da una parte, e Russia e Cina dall’altra, con India e Indonesia che hanno svolto un importante lavoro di mediazione. Non che ci si potesse aspettare molto altro, beninteso. Raramente questi vertici internazionali portano a svolte decisive che non siano state precedentemente preparate. E infatti, al di là delle frasi di circostanza e dei capi di Stato intenti a seminare la mangrovia (equivalente del lancio della monetina nella Fontana di Trevi l’anno scorso), a suscitare interesse è stato soprattutto il vertice bilaterale tra Stati Uniti e Cina, che ha avuto luogo il giorno precedente l’inizio dei lavori del G20. Evento tanto più singolare in quanto era la prima volta che Joe Biden e Xi Jinping si incontravano ufficialmente dopo le elezioni presidenziali americane del 2020.I colloqui sino-statunitensi, tra l’altro, sono durati ben tre ore. E lì, stando a quanto ha riferito la Casa Bianca, ci si è «parlato chiaro» e «con toni schietti». Come ha ribadito la Cnn, in effetti, la posta in gioco del vertice era «molto alta», dato che abbracciava alcuni dossier strategici su cui Pechino e Washington sono in sensibile disaccordo: la guerra russo-ucraina, appunto, ma anche la questione della sovranità di Taiwan e la competizione commerciale tra le prime due economie del mondo. E se Biden ha chiarito che Cina e Stati Uniti continueranno a «competere» in modo «vigoroso», ha tuttavia sottolineato che «vale la pena di assicurarsi che la competizione abbia dei limiti, che abbiamo regole chiare e che facciamo tutto il possibile per garantire che la competizione non diventi conflitto». Insomma, rimane forte l’impressione che, ben prima che si aprisse il summit del G20, i giochi fossero già fatti.
La leggendaria bacchetta svela le ragioni che l’hanno portato a fondare una vera e propria Accademia per direttori d’orchestra, che dal 2015 gira il mondo per non disperdere quel patrimonio di conoscenze sul repertorio operistico che ha ereditato dai giganti della scuola italiana.
Ll’ex procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti (Ansa). Nel riquadro la copertina del numero di «Panorama» da oggi in edicola