2021-07-11
I grillini giustiziano Conte
Oggi resa dei conti tra i parlamentari, ma dopo l'intervento di Beppe Grillo e il voltafaccia dei ministri si è già capito che i sogni di gloria di Giuseppi stanno evaporando: pochi sono disposti a rischiare il posto per seguirlo nella sua guerra a Mario Draghi. I duri e puri del Movimento preparano il Vietnam in Parlamento. Dem in imbarazzo. Il buonsenso, ma forse ancor di più l'opportunità politica, dovrebbero suggerire a Giuseppe Conte di stare alla larga dal dibattito sulla riforma Cartabia. Un presidente del Consiglio, per di più esperto di questioni giuridiche, che di fronte alle vittime del Ponte Morandi aveva annunciato di non voler aspettare i tempi della giustizia, salvo poi attendere i comodi della politica e non decidere nulla per quasi tre anni, non ha infatti alcun titolo per disquisire di prescrizione, iter processuali, regole per cambiare il funzionamento degli uffici giudiziari. Un tipo che per due anni e mezzo ha continuato a parlare di caducazione della concessione, dando l'impressione di copiare dal conte Mascetti quando in Amici miei parlava di supercazzola prematurata, beh dovrebbe per lo meno evitare di sfiorare argomenti che hanno a che fare con i processi e con la prescrizione. Non per rispetto all'intelligenza degli italiani, ma per evitare di offendere le vittime della strage di Genova. Sì, l'avvocato del popolo che in due anni e mezzo ha dimostrato di essere solo avvocato di sé stesso, il legale che dopo aver garantito in diretta tv di essere un uomo per una sola stagione ha poi dimostrato di esserlo per tutte le stagioni, oggi dovrebbe non parlare di giustizia, anche perché perfino agli italiani meno attenti ormai risulta chiaro che l'unica giustizia che gli sta a cuore è quella che lo riguarda, ovvero la «giustizia» che gli restituisca la poltrona di Palazzo Chigi. Sono passati oltre quattro mesi da quando Giuseppi è stato costretto a fare le valigie e a lasciare l'incarico che aveva ricevuto in dono quasi per caso, e che, altrettanto per caso, era riuscito a conservare anche dopo la caduta del governo gialloverde. Un periodo che Conte non ha trascorso preparando il suo ritorno agli studi universitari e alle pratiche legali di cui si era occupato fino alla primavera di tre anni fa. No, il cittadino scelto dai grillini per servire il Paese, il civil servant prestato alla politica, si è innamorato della politica e di tornare all'anonimato dell'insegnamento in ateneo non ha più voglia. Dunque, l'uomo disposto a governare per un solo mandato, anzi per due, oggi sogna di riceverne un terzo e possibilmente anche un quarto. No, la crisi dei 5 stelle e quella più modesta riguardante la riforma della giustizia predisposta da Marta Cartabia non è una crisi legata a questioni di sostanza, ma è dovuta a semplici faccende di potere. Conte non si rassegna a tornare alla vita precedente e dunque da un lato litiga con Beppe Grillo nella speranza di riuscire a soffiargli il Movimento 5 stelle senza essere mai passato da un'elezione, dall'altro lavora nell'ombra sperando di scalzare Mario Draghi e prenderne il posto. I suoi piani prevedevano che la delegazione pentastellata al governo affossasse la riforma Cartabia, in modo da indebolire l'esecutivo e predisporne la caduta durante il semestre bianco, quando cioè non è possibile lo scioglimento delle Camere. Ma perfino i ministri contiani non si sono piegati alle sollecitazioni dell'aspirante leader, preferendo seguire la linea indicata dal fondatore-garante, ossia da Beppe Grillo. Conte avrebbe provato a forzare la mano, ma si sarebbe trovato davanti il muro dei vari Patuanelli, che hanno capito perfettamente quale sia il gioco di Conte, ma non hanno nessuna voglia di sostenerlo. Sì, la sconfitta dell'ex premier, più che nel merito è nel partito, in quanto a non averlo seguito nella battaglia sulla giustizia, che poi è una battaglia contro Draghi, sono stati soprattutto i suoi, ossia quell'ala ministeriale considerata a lui vicina. La frase di Giulio Andreotti sul potere che logora chi non ce l'ha è di certo abusata, ma mai come in questo caso calza a pennello. Più passano i giorni e più si capisce che fuori da Palazzo Chigi il potere e il consenso di Conte si logorano. Grillo ha potuto sfancularlo senza troppi complimenti, Draghi può sostituire i suoi fedelissimi senza neppure informarlo e i ministri più vicini a lui possono dare via libera a una riforma senza neanche fargli un colpo di telefono. Sì, ora l'ex premier minaccia fuoco e fiamme, ma dentro il Movimento nessuno sembra aver voglia di appiccare l'incendio, presi come sono tutti quanti dalla ricerca affannosa di qualcuno che in un futuro prossimo possa ancora garantire una poltrona. Se non fosse scontato, diremmo che Conte è decaduto, ma se non vogliamo usare frasi già sentite, di sicuro si può dire che Giuseppi è un visconte dimezzato.
«Murdaugh: Morte in famiglia» (Disney+)
In Murdaugh: Morte in famiglia, Patricia Arquette guida il racconto di una saga reale di potere e tragedia. La serie Disney+ ricostruisce il crollo della famiglia che per generazioni ha dominato la giustizia nel Sud Carolina, fino all’omicidio e al processo mediatico.