2018-07-18
I giovani italiani che rifiutano i figli: «Preferiamo farci sterilizzare»
Quasi tutti hanno meno di 30 anni. Si incontrano e si sostengono sui social media riservati ai «child free». E piuttosto che diventare genitori optano per soluzioni radicali come la vasectomia o la chiusura delle tube.«Ho un bellissimo ricordo di quel giorno… Nonostante l'ansia che mi attanagliava lo stomaco, ero felice… finalmente era arrivato il mio giorno!». A parlare è Roberta, 26 anni. In ospedale piange di felicità, ma non per il motivo che potreste immaginare. Le sue lacrime gioiose non scorrono per l'arrivo di un bambino, ma per l'esatto contrario: Roberta festeggia perché l'hanno appena sterilizzata. «Ho 26 anni, sono nullipara e mi sono sottoposta a salpingectomia bilaterale laparoscopica volontaria. Ho fatto la sterilizzazione tubarica permanente. Mi sono sterilizzata», racconta. «Non voglio figli, non ne ho mai voluti e per me un test di gravidanza positivo sarebbe stato il peggiore dei miei incubi. Dove vivo è stato difficilissimo ricorrere alla pillola del giorno dopo a causa dell'alto numero di medici obbiettori, figuriamoci fare un'interruzione di gravidanza!». Roberta si riconosce nel movimento «child free», di cui abbiamo già parlato su queste pagine. È composto da persone che rivendicano il diritto a non riprodursi, e vanta anche esponenti Vip, negli Stati Uniti ma da qualche tempo anche nel nostro Paese. L'attrice e regista Michela Andreozzi, per dire, ha appena pubblicato un libro sul tema (Non me lo chiedete più, HarperCollins). Ma ad esplorare il fenomeno sono anche volumi come quello di Valeria Arnaldi (Non chiamatemi mamma. Senza figli e senza sensi di colpa, Iacobelli editore). La scelta di Roberta e di altri giovani come lei, però, è più estrema. Lei non è semplicemente una donna che, arrivata a un certo punto della vita senza bimbi, si dice orgogliosa della propria decisione. No, Roberta - piuttosto che rischiare di rimanere incinta - ha preferito farsi sterilizzare. È nullipara, cioè non ha mai partorito, e così vuole rimanere. La sua storia l'ha raccontata la giornalista Laura Bonasera, prima in un potentissimo servizio per la trasmissione di Rai 2 Nemo, poi in alcuni articoli per il giornale online The Post internazionale (www.tpi.it). «Su Facebook», spiega, «esistono vari gruppi di child free, che possono contare 800 come 3.000 membri». Alcuni di questi, però, si incontrano anche di persona, hanno le loro chat e organizzano pranzi o cene. La Bonasera ha partecipato a uno di questi incontri, alla presenza di una quindicina di persone, tutti ragazzi e ragazze sotto i 30 anni. Le testimonianze che ha raccolto sono incredibili.C'è quella di Andrea, 24 anni, studente universitario. Quando aveva 21 anni è andato in Svizzera per la vasectomia: «Lì nessuno ti sottopone a colloqui con lo psicologo per valutare la tua richiesta. In Italia invece sì». In realtà, le cose qui vanno un po' diversamente. Nel nostro Paese, la sterilizzazione volontaria è permessa dalla legge (la 194, la stessa dell'aborto). Tuttavia, non è regolamentata nel dettaglio. Una «buona pratica» prevederebbe appunto il colloquio con uno psicologo, ma nella pratica non avviene quasi mai. Dipende, in sostanza, dal medico a cui ci si rivolge: c'è chi accetta l'intervento di sterilizzazione senza problemi e chi fa obiezione di coscienza (e, secondo i child free, gli obiettori sono davvero troppi). «Il servizio è coperto dal sistema sanitario nazionale», dice la Bonasera. «L'intervento si fa in laparoscopia, in regime di day hospital, e richiede circa 20 minuti. I medici di solito scelgono di tutelarsi, facendo firmare un consenso informato per lo scarico di responsabilità. Ci sono, infatti, almeno quattro casi giurisprudenziali che attestano la condanna al risarcimento del danno da gravidanza indesiderata a carico del medico e della struttura ospedaliera per aver praticato male la sterilizzazione “edonistica", come viene definita». Il ventunenne Andrea per andare sul sicuro ha passato il confine e si è fatto sterilizzare all'estero. Quello dell'operazione, dice, è stato un momento «emozionante». «Ho raggiunto un obiettivo», continua, «che mi permette di arrivare a un traguardo nella mia concezione di vita». Il punto è proprio questo: la «concezione di vita» di questi ragazzi. Persone che decidono di sottoporsi a interventi definitivi, o comunque da cui è estremamente difficile tornare indietro. Erika e il suo compagno - due partecipanti al pranzo dei child free - non hanno dubbi: «Abbiamo deciso di mettere al centro del nostro rapporto noi. Così ci possiamo spostare ovunque, senza limiti». Vogliono andare a vivere alle Canarie. «Il fatto di non avere legami, vincoli e figli ci renderà più facile cambiare lavoro e tutta una serie di altre possibilità». I figli, per loro, sembrano essere soltanto un peso. Meglio non avere radici che leghino a un posto specifico, meglio non avere fardelli da trascinarsi dietro. «Mio figlio non è che serve all'umanità», dice il compagno di Erika. A dire il vero, ci permettiamo di notare, i figli servono eccome. Non sono soltanto un patrimonio individuale: sono il tesoro di un intero Paese, il motore di una nazione. L'idea che hanno in testa i child free, tuttavia, è estremamente diversa. «Noi non vogliamo proprio bambini, di nessun tipo e genere», scandisce una delle ragazze intervistate da Laura Bonasera. «Diventare padre? No, grazie», sostiene Alberto, 36 anni. «Per me la vasectomia è un intervento di contraccezione definitiva. Così evito ogni possibilità di imprevisto: se finisco a letto con una donna e si rompe il preservativo cosa posso fare io? Non posso obbligarla ad abortire ma io non voglio diventare padre». Alberto ha preso la sua decisione: «Sono andato in una clinica privata, ho fissato la data dell'intervento e pagato 400 euro. Ora sono sereno». Sì, ora è libero di restare un eterno bambino che non diventerà mai padre.
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Dopo l'apertura dei lavori affidata a Maurizio Belpietro, il clou del programma vedrà il direttore del quotidiano intervistare il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, chiamato a chiarire quali regole l’Italia intende adottare per affrontare i prossimi anni, tra il ruolo degli idrocarburi, il contributo del nucleare e la sostenibilità economica degli obiettivi ambientali. A seguire, il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, offrirà la prospettiva di un territorio chiave per la competitività del Paese.
La transizione non è più un percorso scontato: l’impasse europea sull’obiettivo di riduzione del 90% delle emissioni al 2040, le divisioni tra i Paesi membri, i costi elevati per le imprese e i nuovi equilibri geopolitici stanno mettendo in discussione strategie che fino a poco tempo fa sembravano intoccabili. Domande cruciali come «quale energia useremo?», «chi sosterrà gli investimenti?» e «che ruolo avranno gas e nucleare?» saranno al centro del dibattito.
Dopo l’apertura istituzionale, spazio alle testimonianze di aziende e manager. Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, dialogherà con Belpietro sulle opportunità di sviluppo del settore energetico italiano. Seguiranno gli interventi di Maria Rosaria Guarniere (Terna), Maria Cristina Papetti (Enel) e Riccardo Toto (Renexia), che porteranno la loro esperienza su reti, rinnovabili e nuova «frontiera blu» dell’offshore.
Non mancheranno case history di realtà produttive che stanno affrontando la sfida sul campo: Nicola Perizzolo (Barilla), Leonardo Meoli (Generali) e Marzia Ravanelli (Bf spa) racconteranno come coniugare sostenibilità ambientale e competitività. Infine, Maurizio Dallocchio, presidente di Generalfinance e docente alla Bocconi, analizzerà il ruolo decisivo della finanza in un percorso che richiede investimenti globali stimati in oltre 1.700 miliardi di dollari l’anno.
Un confronto a più voci, dunque, per capire se la transizione energetica potrà davvero essere la leva per un futuro più sostenibile senza sacrificare crescita e lavoro.
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Chi ha inventato il sistema di posizionamento globale GPS? D’accordo la Difesa Usa, ma quanto a persone, chi è stato il genio inventore?