2019-07-14
«I gioielli su misura sono vero lusso e democrazia»
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Il direttore creativo di Richemont: «Sono un ribelle intellettuale. Progettando auto ho imparato a disegnare collane e orologi».Il nuovo brand Romano diamonds punta su ecommerce e certificazioni internazionali.Giorgio Armani ha compiuto 85 anni l'11 luglio. A 45 diceva: «Non sono vecchio ma non ho tempo di godermi la vita».Il salone tessile tenutosi a Fiera Milano ha visto il passaggio di oltre 6.000 rappresentanti di aziende.Homi dà il via a un evento dedicato all'outdoor. Un mercato che solo in Italia vale 5 miliardi.Lo speciale contiene quattro articoli e due galleryLa straordinaria capacità di disegnare, l'abitudine al bello che viene da una mamma che amava la cultura e l'antiquariato, la passione per la musica come compagna indispensabile della giornata, uno spiccato senso dello stile. Mixate il tutto e voilà, ecco Giampiero Bodino, direttore creativo da due decenni di Richemont. Che già a dirlo si ha la certezza di un lavoro immane, di un impegno senza sosta vista la quantità di marchi del gruppo che spazia dai gioielli, agli orologi, alla pelletteria di lusso, nome famoso in tutto il mondo creato da Anton Rupert, sudafricano, imprenditore nel campo del tabacco e delle estrazioni minerarie che negli anni Settanta inizia a interessarsi alle maison del lusso acquistando Cartier per poi proseguire senza sosta.Come si arriva a un ruolo tanto importante?«Vengo da una famiglia normalissima di commercianti di Torino, città bella tosta, chiusa, sabauda. Tutto ciò mi stava stretto, ma ero un ribelle intellettuale. Disegnavo sempre su grandi fogli. In pratica, appena ho iniziato a usare le mani ho iniziato a disegnare, un legame immediato e fortissimo». Come convogliare questa passione, questo bisogno? «Liceo artistico prima. Architettura e design di automobili, poi. Per questo ho trovato immediatamente lavoro da Giorgetto Giugiaro. Di giorno andavo a lavorare e la sera studiavo. È stata una palestra straordinaria e grazie al disegno dell'automobile ho imparato da subito ad avere un pensiero tridimensionale. Non ho mai avuto un'idea che non fosse realizzabile, perché pensando già nel volume è tutto fattibile, un grande vantaggio». Le auto furono solo un passaggio, però.«Sì. Poi arrivò Gianni Bulgari, uno dei fratelli della famiglia. Voleva rinnovare, negli anni Ottanta, lo studio di design a Roma e da persona intelligente e geniale qual è, non voleva designer di gioielli. Appassionato di automobili, ha guardato nel mondo dell'auto. Vide i miei disegni e mi propose di andare a Roma a lavorare per lui. Accettai subito. Avevo 21 anni. Mollai amici, casa, famiglia per trasferirmi nella Capitale a lavorare da Bulgari. Iniziai a vedere pietre su pietre, a disegnare gioielli, orologi e tutti gli oggetti del mondo Bulgari». Le piacque subito?«Moltissimo. Questa vita è durata otto anni. Poi Gianni Bulgari fu estromesso dai fratelli che presero il sopravvento, lo liquidarono e iniziò quella nuova stagione Bulgari che arriverà fino alla vendita del marchio al gruppo Lvmh. Ma estromesso lui io diedi le dimissioni, scattò il Savoia che è in me. Non ci ho pensato due minuti e me ne sono andato. Ho iniziato a fare il freelance. Grazie a un lavoro che avevo avuto da Swarovski, che voleva uscire dal cliché degli animaletti di cristallo, ebbi un minimo di tranquillità economica tale da consentirmi di venire a Milano. Roma, città straordinaria, era impossibile per un designer». Non facile trovare lavoro a Milano.«Accadde una cosa incredibile. L'agente immobiliare con il quale stavo cercando casa e al quale avevo parlato del mio lavoro da Bulgari mi organizzò un appuntamento da Cartier, dove andai con il portfolio dei miei disegni. Uscii da lì con un: “Le faremo sapere". La mattina dopo mi telefonarono per dirmi che mi aspettavano già il lunedì per cominciare». Quello che lei fece vedere aveva evidentemente una marcia diversa. «Ci vogliono capacità ma anche fortuna. E ho iniziato a disegnare per la filiale italiana di Cartier, Baume & Mercier e tanti altri marchi del gruppo. Era il 1989. Rimasi come dipendente per tre anni e nel 1992 aprii il mio ufficio di design continuando ma come collaboratore. Arrivarono Gucci con Tom Ford, per il quale disegnai il famoso orologio Gwatch, e Versace, con gioielli e decorazioni per la casa. Mi sono buttato nella moda ma negli oggetti di design, non negli abiti. Nel 1996 Richemont acquista Panerai e me lo affida, quindi dal primo giorno me ne sono occupato con un progetto che ha avuto un successo pazzesco. Ho tutto nei miei archivi, i primi disegni, è stata un'esperienza bellissima. Poi Montblanc per cui ho disegnato questa nuova penna e con cui ho fatto partire il progetto Starwalker che dopo 20 anni resta un pilastro delle penne Montblanc. E poi ancora orologi, pelletteria, borse». Non ci si può confondere tra tanti nomi importanti da seguire?«No, perché non ho mai imposto un mio gusto ma ho sempre cercato di immedesimarmi in quello che è il processo evolutivo del singolo marchio, guardando alle radici e alla storia. Non avevo difficoltà a lavorare per più brand contemporaneamente. Nel 2002 Johann Rupert, figlio del fondatore e proprietario del gruppo Richemont, ha deciso di darmi questa carica e farmi entrare a tempo pieno. Ho lasciato tutti i miei clienti e sono rientrato a pieno ritmo in Richemont e con una supervisione su tutte le marche del gruppo». Nel 2013 Johann Rupert decide di lanciare una maison di alta gioielleria con il suo nome a Villa Mozart, a Milano.«Si tratta di una storia particolare, della capsule collection Giampiero Bodino voluta da Johann che appartiene al gruppo ma ha una logica non commerciale. Non è un brand che ha intenzione di aprire negozi nel mondo o che pensa a investimenti pubblicitari e promozionali. Chi conosce il gruppo o conosce me ha la possibilità di esser accolto in un ambiente molto speciale. Trattiamo solo pezzi unici che disegno su commissione». Il massimo del lusso. «E il massimo della democrazia. Abbiamo una regola ferrea perché noi trattiamo tutti allo steso modo, per cui metto a punto l'anello da fidanzamento con le stesse modalità con cui realizzo la collana da 1 milione di euro. Dedicandomi alla creazione metto tutto sullo stesso piano e lo faccio con lo stesso amore».
Elly Schlein (Imagoeconomica)
Edoardo Raspelli (Getty Images)