2021-05-27
I due veri nemici di Draghi
Roberto Speranza, Mario Draghi e Andrea Orlando (Ansa)
Avevamo avvisato il premier: il futuro del Paese è insidiato dal ministro «chiusurista» e da quello che credeva di salvare l'occupazione strangolando le imprese. Per adesso, li ha neutralizzati. Ma fino a quando ci riuscirà?Più di due mesi fa, quando cioè il governo Draghi era ancora nella sua fase di rodaggio, mettemmo in guardia il presidente del Consiglio, avvisandolo dei problemi che gli sarebbero derivati dall'aver ingaggiato nella sua squadra un paio di ministri di estrema sinistra. L'attenti a quei due rivolto al premier era tutt'altro che infondato e basta aver letto i giornali nelle ultime settimane per rendersene conto. Roberto Speranza e Andrea Orlando, il primo ministro della Salute e il secondo del Lavoro, due settori chiave dell'esecutivo da cui dipende il rilancio del Paese, sono le vere spine nel fianco del governo. Del segretario di Articolo 1, il partitino di nostalgici del comunismo fondato insieme a Massimo D'Alema e Pier Luigi Bersani, non stiamo neanche a dire. Fosse per lui saremmo ancora tutti chiusi in casa e fosse per gli esperti di cui si era circondato, staremmo ancora a parlare di come procurarci i vaccini anti Covid, perché lui aveva negoziato esclusivamente con Astrazeneca. Grazie al cielo, Mario Draghi ha fatto piazza pulita del drappello di consulenti che lo ispirava mentre il ministro era intento a scrivere libri. Liquidati Domenico Arcuri e Angelo Borrelli, il primo super commissario all'emergenza e il secondo capo della Protezione civile, è stata la volta dei tecnici che ci hanno accompagnato nell'anno di pandemia con previsioni e ordinanze una peggiore dell'altra: a uno a uno sono stati spediti a occuparsi d'altro.Certo, Speranza è ancora in giro a far danni, e la montagna di soldi a sostegno della Sanità rimane una montagna che non va al paziente. Però bisogna riconoscere che il metodo Draghi, ovvero la tecnica di uccidere l'avversario con un mezzo sorriso, per ora ha reso praticamente inoffensivo il compagno Speranza, il quale è costretto a partecipare a conferenze stampa in cui il presidente del Consiglio annuncia l'esatto contrario di quello che ha promesso il ministro. Una perfidia che solo un tipo glaciale come il premier può servire senza batter ciglio.Nel caso di Andrea Orlando, che in sovrappiù rispetto al collega ha un'esperienza di lungo corso al governo (è stato ministro dell'Ambiente e della Giustizia), il potenziale danno avrebbe potuto essere superiore a quello provocato da Speranza. Alle sue cure è infatti affidato il mercato del lavoro e in particolare le misure a sostegno dei dipendenti che rischiano di rimanere senza salario. Nella migliore tradizione della sinistra massimalista, l'ex vicesegretario di Nicola Zingaretti che ha dunque pensato? Per evitare che ci siano troppi disoccupati in circola zione e il sindacato, cioè Maurizio Landini della Cgil, si lamenti, basta continuare a vietare per legge i licenziamenti. Al deputato spezzino l'ideona dev'essere sembrata l'uovo di Colombo. Peccato che lo stop alle risoluzioni dei rapporti di lavoro non sia gratis. Continuare a pagare un salario, quando i conti aziendali non lo permettono, si può fare solo se ricorre una condizione. Ovvero se a saldare il conto è lo Stato, vale a dire se il governo versa la cassa integrazione o ciò che è necessario per evitare una voragine nel bilancio della società. Diversamente, vietare i licenziamenti contribuisce solo a peggiorare le condizioni dell'impresa, nel senso che se oggi, riducendo il personale, si possono attutire gli effetti della crisi, dopo quasi due anni in cui è impossibile agire su una delle voci fondamentali dei costi, si rischia il crac.A nessuno piace consegnare ai propri dipendenti le lettere di licenziamento: molto meglio recapitare quelle contenenti le gratifiche. Tuttavia, a volte il taglio dei costi fissi si rende necessario e dopo aver usato l'accetta sulle spese generali e su tutto il resto, non resta che incidere sulla voce salari. Chiaro, no? Credo che qualsiasi persona di buon senso capirebbe: si rinuncia a qualcuno oggi o prima o poi si è costretti a rinunciare a tutti, perché si chiude. Qualsiasi persona ma non Orlando, il quale, su suggerimento del compagno Landini, vorrebbe rendere legge dello Stato il blocco dei licenziamenti. Fosse per lui il divieto si sarebbe esteso fino al prossimo anno e forse anche più, con il rischio di condannare al fallimento migliaia di aziende. Anche qui, a metterci una pezza ci ha pensato Draghi. Nonostante le circolari del ministro andassero in un'altra direzione e sebbene lo stesso Orlando avesse annunciato una proroga dello stop, alla fine è stato costretto a ingoiare il boccone amaro, beccandosi una smentita direttamente da Palazzo Chigi. Insomma, finora Draghi è riuscito a disinnescare le due bombe che ha sotto la poltrona. Ma la domanda che ci poniamo è la seguente: fino a quando ci riuscirà?
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)
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