2019-05-11
I dem ora puntano al suicidio assistito. Con il beneplacito della Suprema corte
Pd e M5s hanno i numeri per approvare la legge sull'eutanasia Ma se il Parlamento non deciderà, è pronta a farlo la Consulta.Che Pd e 5 stelle si cerchino non è un mistero. Che sui temi etici vadano d'accordo, neppure. Singolare, però, è che l'asse potrebbe trasformarsi in un triangolo, coinvolgendo un altro potente attore: la magistratura. Nell'ottobre scorso, chiamata a pronunciarsi sulla costituzionalità del reato di aiuto al suicidio, contestato al radicale Marco Cappato per la morte in una clinica svizzera di dj Fabo, la Corte costituzionale aveva rimandato la decisione a settembre 2019, concedendo un anno di tempo al Parlamento per varare una legge sul fine vita. In caso contrario, sarebbe stata direttamente la Consulta a cassare il reato. Nel frattempo, le toghe non sono rimaste a guardare.Lo confermano i risultati della giornata di studi su «Dignità della persona e fine vita», che si è svolta ieri a Roma nella sala conferenze del Csm. Un convegno dal quale è partito l'ennesimo appello del fronte pro eutanasia. Il nuovo segretario del Pd, Nicola Zingaretti, aveva già auspicato l'approvazione di una legge, magari sulla scorta della proposta presentata dal deputato pentastellato, Matteo Mantero. Ed è qui che si inseriscono i giudici, che spingono per un intervento normativo ma sono comunque pronti, qualora in Parlamento non si smuovano le acque, a prendere iniziativa. La sede più appropriata per intervenire, ha spiegato durante la conferenza di ieri la vicepresidente della Corte costituzionale, Marta Cartabia, sarebbero le «zone mancanti» della legge sul biotestamento, licenziata nel 2017. E se Davide Ermini, vicepresidente del Csm, ritiene «realisticamente alquanto difficile che una nuova legge possa essere approvata prima di settembre», per lui è invece probabile che «ricada sulle spalle dei giudici la responsabilità di risolvere problemi etico-giuridici lasciati in sospeso dal legislatore». Messaggio chiarissimo: se le Camere non fanno niente, la palla passa ai magistrati. E guai a chi pensa che, in questo modo, le toghe tracimino in un campo che non compete loro, quello legislativo. Ermini ha già respinto al mittente le critiche di chi agiterebbe, «per ragioni strumentali, il rischio di una dominanza del potere giudiziario sugli altri poteri, in un parola l'annosa questione della supplenza della magistratura nei confronti della politica». Dunque, se vi sembra anomalo che i giudici diano mandato al Parlamento di approvare una legge che autorizzi l'eutanasia, lanciando un ultimatum ai deputati, state agitando «ragioni strumentali». Svegliatevi: come ha sottolineato ieri Riccardo Fuzio, procuratore generale della Cassazione, «l'Italia deve, senza fare guerre di religione tra forze politiche, affrontare quello che la realtà impone». Cioè, la legalizzazione della dolce morte. La spinta della cartabiaÈ tempo, ha sentenziato il primo presidente della Cassazione, Giovanni Mammone, che l'Aula parlamentare «faccia un lavoro di coesione tra principi per arrivare a uno strumento legislativo che dia risposte all'esigenza di tutela dei diritti». Perché senza consultare i cittadini e i loro rappresentanti, i magistrati hanno deciso che farsi ammazzare è un diritto. Ora, sarà pure vero che il 93% degli italiani, stando ai dati di Swg, vuole una regolamentazione del fine vita. Ma è vero pure che il 48% di loro non è a conoscenza dell'ordinanza con cui la Consulta ordinava al Parlamento di approvare una norma. A riprova del fatto che se le toghe tengono all'accountability democratica, farebbero bene a limitare le loro avventuriere escursioni nomotetiche. Invece pare che i magistrati, in particolar modo quelli della Corte, vivano come una missione l'attivismo in materia etica. Sulle teorie della vicepresidente Cartabia, che ha più volte cantato l'ode alla tecnocrazia nelle democrazie liberali, La Verità ha spesso manifestato perplessità. Un mese e mezzo fa, ad accrescere i grattacapi ci si è messo pure il numero uno della Consulta, Giorgio Lattanzi. Nella sua relazione annuale sugli indirizzi della giurisprudenza, infatti, Lattanzi aveva definito l'ordinanza sul caso Cappato una «nuova forma di collaborazione nel processo di attuazione della Costituzione» tra i magistrati supremi e le due Camere. Quella collaborazione, addirittura, sarebbe stata concepita per garantire al Parlamento di godere appieno del suo «spazio di sovranità» - un po' come la tesi del filosofo Jean Jacques Rousseau, secondo il quale lo Stato dovrebbe usare la coercizione per costringere i cittadini a essere liberi. Lattanzi si era spinto fino a battezzare la tecnica della «incostituzionalità prospettata», ossia l'aut aut che la Corte costituzionale aveva presentato al legislatore sul caso Cappato. Le toghe, reinterpretando il loro compito di custodi dei diritti, rivendicano ormai una funzione propositiva sul piano legislativo. Specialmente in quelle materie, come i temi etici, in cui la politica indulge in una prudenza quanto mai preziosa: ci troviamo dinanzi a questioni divisive, a scelte che possono comportare conseguenze drammatiche, come prova l'esempio dei Paesi in cui la liberalizzazione dell'eutanasia ha generato un osceno mercato della morte, dal quale neppure i bambini sono tutelati. Dinanzi al pericolo di aprire una breccia da cui in futuro potrebbe penetrare qualunque abuso, non fare niente può essere meglio che fare qualcosa di sbagliato. Ma che i giudici vogliano avocare a sé la facoltà di decidere, non stupisce più di tanto. Nell'era della biopolitica postmoderna, sovrano è chi detiene un potere ben preciso: quello sulla vita e sulla morte.
(Totaleu)
«Tante persone sono scontente». Lo ha dichiarato l'eurodeputato della Lega in un'intervista al Parlamento europeo di Strasburgo.
Palazzo Berlaymont, sede della Commissione europea (Getty Images)
Manfred Weber e Ursula von der Leyen (Ansa)