- Parte dal Bresciano un movimento di amministratori locali, arrivato fino in Piemonte e Umbria, che sta facendo approvare provvedimenti per sostenere i nuclei e favorire la natalità.
- La presidente del Movimento per la vita, Marina Casini: «La legge 194 va applicata anche quando parla di alternative all'interruzione di gravidanza e rimozione degli ostacoli che la determinano. Il concepito è uno di noi».
Parte dal Bresciano un movimento di amministratori locali, arrivato fino in Piemonte e Umbria, che sta facendo approvare provvedimenti per sostenere i nuclei e favorire la natalità.La presidente del Movimento per la vita, Marina Casini: «La legge 194 va applicata anche quando parla di alternative all'interruzione di gravidanza e rimozione degli ostacoli che la determinano. Il concepito è uno di noi».Lo speciale contiene due articoli.«I figli so' figli, sia che abbiano 3 giorni di vita, un anno o dieci anni. La vita è senza soluzione di continuità, è inutile distinguere in maniera artificiosa. Di fronte all'inerzia dello Stato, si stanno muovendo i più piccoli, le Regioni e i Comuni: questa circonferenza di amministratori si allargherà a macchia d'olio». Ha in mente le parole di Filumena Marturano nella celebre commedia di Eduardo De Filippo, il vicepresidente del Movimento per la vita, Pino Morandini, quando parla della rete di sindaci, consiglieri comunali e regionali che si muovono attorno agli Amministratori per la famiglia. «Di fronte alla latitanza del Parlamento, che dà priorità a cose assai meno importanti, per non dire banali, gli amministratori hanno capito che il diritto alla vita, dal concepimento alla morte naturale, e la famiglia non sono orpelli secondari, ma il cuore del bene comune». Tante amministrazioni nel giro di pochi chilometri, tutte concentrate nella provincia di Brescia. Almeno per ora. Perché la rete che coinvolge 33 Comuni promette di allargarsi, e guarda alle Regioni che sulla famiglia e sui figli hanno costruito una buona parte dei propri progetti politici. «A Brescia il gruppo degli Amministratori per la famiglia è nato nel settembre 2019, su iniziativa dei referenti locali del Family day», ricorda il portavoce Mario Fortunato. «Ci siamo chiesti cosa potessimo fare per supportare la famiglia, la difesa della vita e il diritto dei genitori a educare i propri figli». Ne sono nati alcuni progetti, come la «culla della vita» agli Spedali Civili e soprattutto la mozione Sostegno alla vita nascente, presentata in 18 Comuni della Provincia, 9 dei quali l'hanno già approvata. Il testo muove da un passaggio della legge 194, che regola l'aborto, nel quale si chiede agli enti locali di «promuovere servizi socio-sanitari e altre iniziative necessarie per evitare che l'aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite». Per questo, le amministrazioni si impegnano a «istituire un fondo a sostegno delle madri in gravidanza difficile, oppure a finanziare associazioni che abbiano istituito progetti di aiuto alla vita nascente». Tutti i Comuni che l'hanno approvata concordano su un punto: «Non c'è alcuna limitazione nelle scelte della donna, vogliamo solo offrire una possibilità ulteriore a chi potrebbe decidere di interrompere la gravidanza per ragioni di povertà materiale». La pensa così anche il sindaco di Iseo, Marco Ghitti (Fdi). In Consiglio comunale, la mozione è passata non senza qualche fibrillazione: l'opposizione è uscita dall'aula, la maggioranza è stata accusata di concedere un «bonus per non abortire». «L'aborto è un diritto acquisito, non intendiamo metterlo in discussione», spiega il sindaco, raggiunto al telefono dalla Verità. «Il problema si crea quando la decisione di interrompere la gravidanza deriva da una situazione di difficoltà socio-economica: allora non è più una libera scelta, ma un fallimento del welfare della nostra società». Convenzioni e interventi simili si stanno diffondendo in molte zone d'Italia. «Consiglieri e amministratori hanno capito l'importanza della posta in gioco», assicura Morandini. «Occuparsi dei bambini dà freschezza alla politica, perché si tratta di misure non interessate: i bambini non votano». Ci sono Comuni in Umbria che pensano a un fondo di solidarietà per le donne in difficoltà economica che scelgono di portare avanti la gravidanza. La Regione Piemonte ha da poco approvato un protocollo per migliorare il percorso assistenziale nei confronti della donna. Ciascuna Asl istituirà un elenco di associazioni e organizzazioni con le quali attivare possibili collaborazioni a sostegno della maternità difficile, prima e dopo il parto. «Un primo passo necessario per avviare progetti di sostegno sociale e psicologico alle donne che, altrimenti, abortirebbero per ragioni economiche», spiega in una nota l'assessore per gli Affari legali della Regione, Maurizio Marrone (Fdi). «Il nostro è un intervento a garanzia della libera scelta delle donne, alle femministe che ci contestano ricordiamo che stiamo dando applicazione, con quarant'anni di ritardo, a una parte della legge 194, che gli abortisti militanti avrebbero voluto lasciare lettera morta per sempre». Dalle associazioni che difendono il diritto alla vita sono arrivati una serie di apprezzamenti per queste misure, fondamentali in un contesto di denatalità come quello attuale. I numeri, del resto, lasciano poco spazio ai dubbi: l'anno potrebbe chiudersi con appena 408.000 nuovi nati, secondo le stime offerte dal presidente dell'Istat, Gian Carlo Blangiardo. Il 2021 potrebbe finire ancora peggio, con una previsione di 393.000 nascite appena. Spiega Morandini: «Se non viene rispettata la vita più fragile, se la famiglia non è aiutata, la società non andrà avanti, rischia di scomparire per sempre». <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/i-comuni-che-difendono-la-famiglia-2649329558.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="aiutiamo-le-donne-in-difficolta-per-tutelare-il-diritto-a-nascere" data-post-id="2649329558" data-published-at="1607279728" data-use-pagination="False"> «Aiutiamo le donne in difficoltà per tutelare il diritto a nascere» Marina Casini, presidente nazionale del Movimento per la vita, la mozione «Sostegno alla vita nascente» è stata interpretata come un attacco alla legge 194. Cosa pensa al riguardo? «Penso sia un'interpretazione sbagliata. Tanto per cominciare, è la stessa legge sull'aborto che prevede possibili alternative all'interruzione volontaria di gravidanza e la rimozione delle cause che la determinano. Un certo asserragliamento ideologico fa sì che appena si parla di aiuto alle maternità difficili o non attese venga a galla la cultura radicale, che rimuove l'esistenza di un figlio prima della nascita e non tollera che qualcuno lo ricordi». Tra le critiche più accese c'è quella della senatrice Monica Cirinnà, per la quale «aiutare le donne a non abortire è un attacco alla libertà di scelta». «Come è possibile ritenere un attacco alla libertà la condivisione delle difficoltà e l'offerta di sostegno? E perché la libertà dovrebbe essere declinata solamente sul versante dell'aborto e non sull'accoglienza del figlio? Molte donne dicono che hanno abortito perché costrette da difficoltà economiche, mancanza di aiuti, paura di non essere adeguate alla maternità o di perdere il lavoro, ricatti del partner o pressioni esterne: possiamo parlare di scelta libera? Le esperienze collaudate dei Centri di aiuto alla vita, di Progetto Gemma e Sos vita dimostrano che la possibilità di trovare condivisione è una via di libertà». Alla rete degli Amministratori per la famiglia si stanno avvicinando sindaci, consiglieri comunali e regionali di tutta Italia. Qual è il senso di questa curiosità, secondo lei? «Voglio pensare che si tratti di una nuova consapevolezza del diritto a nascere, che non può essere dissociato dalla famiglia, del germe di un ripensamento amministrativo e politico. La promozione della vita nascente è la prima pietra per un nuovo umanesimo». Gli amministratori locali sembrano voler riparare all'assenza dello Stato centrale nel periodo precedente al parto. «La questione di fondo è culturale: se non si riconosce nel concepito “uno di noi", con tutto ciò che questo significa sull'uguaglianza e sui diritti dell'uomo, sarà difficile che lo Stato prenda davvero a cuore il sostegno alle donne in gravidanza». Lei ha scritto che la legge 194 «resta iniqua integralmente e non contiene parti buone, ma solo parti più o meno cattive». Che cosa intende? «A una lettura superficiale, i primi articoli suonano bene, ma a ben guardare sono gravati da equivocità». Di che tipo? «La spia più rilevante è nell'articolo 1, dove si afferma la “tutela della vita dal suo inizio", ma si omette il concepimento. Non si parla di “diritto" ma di “tutela" della vita. Inoltre, nella legge non è prevista alcuna verifica che il colloquio prima del certificato per abortire sia stato effettivamente realizzato, né sono indicate modalità di raccolta documentale. Di tutto ciò non vi è traccia neanche nelle relazioni annuali del ministro della Salute al Parlamento, pur prodighe di dati e tabelle. Ma è con questa legge che dobbiamo fare i conti, e allora cerchiamo di tenere sveglie le coscienze su alcuni punti fermi». Quali? «La persona umana è sempre tale fin dal concepimento, tutti gli esseri umani sono uguali, il concepito non è un “prodotto" né un “grumo di cellule", ma un figlio». La pandemia ha annullato qualsiasi forma di progettualità: l'angoscia del presente incide sulle proiezioni future. Siamo alle porte di un suicidio demografico? «L'emergenza sanitaria sta influendo negativamente anche sulla natalità, ma sono convinta che nell'essere umano ci siano risorse che lo porteranno a superare le difficoltà. Continueremo a sperare e a progettare. Che cosa può far sbocciare il futuro se non la vita umana? Ogni figlio concepito è una promessa di bene per l'avvenire». I numeri presentati in audizione dal presidente dell'Istat, Gian Carlo Blangiardo, sono drammatici: i nuovi nati nel 2020 potrebbero scendere a 408.000 e addirittura a 393.000 nel 2021. Come si esce, secondo lei, da questo «effetto Chernobyl»? «Bisogna scommettere sulla famiglia, non solo nel welfare all'avanguardia. C'è qualcosa di più profondo da far emergere. Occorre rendere esplicite le ragioni per cui la famiglia è il “nucleo fondamentale della società e dello Stato" e individuare le caratteristiche di una comunità di persone affinché sia qualificata come famiglia. È una questione politica, non astratta: tutti gli interventi fiscali, abitativi, salariali, educativi cambiano se cambia il soggetto a cui si riferiscono».
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».
Antonio Scoppetta (Ansa)
- Nell’inchiesta spunta Alberto Marchesi, dal passato turbolento e gran frequentatore di sale da gioco con toghe e carabinieri
- Ora i loro legali meditano di denunciare la Procura per possibile falso ideologico.
Lo speciale contiene due articoli
92 giorni di cella insieme con Cleo Stefanescu, nipote di uno dei personaggi tornati di moda intorno all’omicidio di Garlasco: Flavius Savu, il rumeno che avrebbe ricattato il vicerettore del santuario della Bozzola accusato di molestie.
Marchesi ha vissuto in bilico tra l’abisso e la resurrezione, tra campi agricoli e casinò, dove, tra un processo e l’altro, si recava con magistrati e carabinieri. Sostiene di essere in cura per ludopatia dal 1987, ma resta un gran frequentatore di case da gioco, a partire da quella di Campione d’Italia, dove l’ex procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti è stato presidente fino a settembre.
Dopo i problemi con la droga si è reinventato agricoltore, ha creato un’azienda ed è diventato presidente del Consorzio forestale di Pavia, un mondo su cui vegliano i carabinieri della Forestale, quelli da cui provenivano alcuni dei militari finiti sotto inchiesta per svariati reati, come il maresciallo Antonio Scoppetta (Marchesi lo conosce da almeno vent’anni).
Mucche (iStock)
In Danimarca è obbligatorio per legge un additivo al mangime che riduce la CO2. Allevatori furiosi perché si munge di meno, la qualità cala e i capi stanno morendo.
«L’errore? Il delirio di onnipotenza per avere tutto e subito: lo dico mentre a Belém aprono la Cop30, ma gli effetti sul clima partendo dalle stalle non si bloccano per decreto». Chi parla è il professor Giuseppe Pulina, uno dei massimi scienziati sulle produzioni animali, presidente di Carni sostenibili. Il caso scoppia in Danimarca; gli allevatori sono sul piede di guerra - per dirla con la famosissima lettera di Totò e Peppino - «specie quest’anno che c’è stata la grande moria delle vacche». Come voi ben sapete, hanno aggiunto al loro governo (primo al mondo a inventarsi una tassa sui «peti» di bovini e maiali), che gli impone per legge di alimentare le vacche con un additivo, il Bovaer del colosso chimico svizzero-olandese Dsm-Firmenich (13 miliardi di fatturato 30.000 dipendenti), capace di ridurre le flatulenze animali del 40%.





