2019-06-26
Stop ai rave party in università
ma non per merito del rettore
Dopo la denuncia della Verità e lo scaricabarile fra autorità sono stati i centri sociali a porre fine alla stagione di feste illegali.Basta rave nelle università. Chi lo dice? Il rettore? Macché. Il questore? Nemmeno. Il ministro? Non se ne parla. Sono gli stessi ragazzi a sospendere la baldoria, in segno di lutto e di polemica. A farne le spese il Sapienza Reggae Yard, che si doveva tenere il 3 luglio sul pratone dell'ateneo romano, e il 3 serrande Closing Party, in programma l'11 luglio, che aveva anche lo scopo di raccogliere soldi per le spese legali degli antifascisti. Dopo la morte del giovane Francesco durante l'ultima festa clandestina, a tutti nota e da nessuno fermata, il collettivo Sapienza Clandestina ci ha tenuto a fare sapere che «gli eventi della nostra estate in città universitaria sono annullati». Choc fra gli studenti: non sarà mica che adesso ci toccherà pure tornare a studiare? Lo so, capisco che di questi tempi possa apparire strano, ma qui ci ostiniamo a considerare l'università come luogo di studio, e non di spaccio. Di cultura, non di alcol low cost. Pensate un po' che stranezza: quando parliamo di facoltà, ci vengono in mente lettere e filosofia, mica la facoltà dello sballo. E così l'annuncio che quest'estate gli spazi dell'università saranno utilizzati solo per le attività dell'università, e non come discoteca alternativa e clandestina, ci è sembrato un segno di buon senso. Un ritorno alla normalità. Il dispiacere, ovviamente, è che per tornare alla normalità e al buon senso ci sia stato bisogno di una tragedia. Ma purtroppo questa, in Italia, è una abitudine. Oscena, insopportabile. Ma pur sempre abitudine. Se la sospensione dei rave, in ogni caso, è confortante, un po' meno lo è il tono del comunicato del collettivo che ha preso la decisione. Lungi dal riconoscere che l'uso distorto delle strutture accademiche è un errore, lungi dal chiedere scusa per un comportamento che, aldilà della morte di Francesco, è evidentemente illegale, i compagni di Sapienza Clandestina se la pigliano con “lo sciacallaggio infame dei giornalisti" e motivano la sospensione delle festicciole irregolari con il fatto che non si vuole “dare adito a gente come questa di continuare a scrivere i loro articoletti" (sic). Conclusione solenne: “non è messa in discussione la legittimità della auto gestione studentesca degli spazi". Ora, a parte l'italiano zoppicante di codesti comunicati che dimostra ancora una volta quanto sarebbe importante che questi ragazzi dedicassero qualche ora in più allo studio e qualche ora in meno al loro gioco di società “Sovvertiamo la Metropoli", a parte questo dicevamo, resta il fatto che lo “sciacallaggio infame" al massimo è quello che fa chi vende alcol senza permesso a feste illegali, magari chiedendo pure tre euro per entrare in un luogo che dovrebbe essere, per definizione, pubblico. Capiamo che il sostegno alla resistenza contro il nuovo fascismo richiede sempre più fondi a disposizione, ma, ci terremmo a dire alla Sapienza Clandestina (più clandestina che sapienza, per altro) che l'“auto gestione studentesca degli spazi" non è mai stata materia di studio obbligatoria. Non serve per laurearsi. Non è essenziale né necessaria, e in molti casi, come quello in questione, non è neppure “legittima". Anzi, è palesemente illegale. Naturalmente ci sono state vittime (e purtroppo ce ne saranno ancora) anche a feste e eventi assai più regolari del rave “Sapienza porto aperto", dove è morto Francesco. Ma ciò non toglie che questa tragedia abbia acceso un faro su un fenomeno carsico e intollerabile, che da troppo tempo continua, con la silenziosa complicità delle istituzioni. Ancora una volta: sarò strano io, ma come padre vorrei essere sicuro che quando mio figlio dice “vado all'università" non sta programmando un festino birra&droga; e come contribuente vorrei essere sicuro che le tasse che pago per l'istruzione universitaria servono a formare buoni medici e buoni ingegneri, non per sostenere il business degli organizzatori di Teppa Party e altri sballi. Vi sembra così bizzarro? O piuttosto è bizzarro il fatto che tutto ciò, finora, non l'abbia fermato nessuno? E qui veniamo al punto dolente. La sospensione dei rave universitari per l'estate è una buona cosa, come dicevamo. Le motivazioni ci convincono poco ma ce ne faremo una ragione. Quello che conta è la sostanza. Quello di cui non riusciamo a farci una ragione, invece, è perché questa sospensione sia stata decisa prima dai ragazzi che dalle autorità universitarie. Il rettore. Il prorettore. Il senato accademico. E poi su su, fino al ministro Marco Bussetti, forse in questi giorni troppo distratto dalla sua maturità versione Rischiatutto. Possibile che nessuno di questi autorevoli personaggi si senta in dovere di intervenire? Possibile che lascino agli studenti il compito di interrompere la sequenza delle illegalità mortali? Perché non l'hanno fatto loro? Di che cosa hanno paura?