
Negli Usa riparte il tam tam per inoculare anche i non fragili «a partire dai sei mesi». Ma uno studio dimostra che i bimbi hanno bisogno di cariche virali per immunizzarsi.I Cdc statunitensi raccomandano nuove vaccinazioni contro il Covid a partire dai 6 mesi. Invece di accettare la convivenza, pur in presenza di nuove varianti, con un virus diventato endemico, l’ente governativo americano responsabile delle principali decisioni e raccomandazioni in tema di salute pubblica dà indicazioni per dosi generalizzate.Sabato scorso sono stati forniti gli ultimi aggiornamenti sulla campagna di immunizzazione 2024-2025 e invece di fare passi in avanti, scopriamo che si vogliono dare dosi anche ai non fragili. Non appena i nuovi vaccini di Moderna, Novavax e Pfizer saranno disponibili, i Cdc li raccomandano «a tutti i soggetti di età pari o superiore a 6 mesi […] per proteggersi dai potenziali esiti gravi del Covid-19 questo autunno e inverno, indipendentemente dal fatto che siano mai stati vaccinati in precedenza con un vaccino Covid-19».Ma non basta, viene raccomandato «a tutti i bambini di età pari o superiore a 6 mesi, con rare eccezioni, di sottoporsi a un vaccino antinfluenzale aggiornato per il 2024-2025 per ridurre il rischio di influenza e delle sue potenziali gravi complicazioni questo autunno e inverno». Mandy Cohen, direttrice dei Cdc, ha dichiarato: «La nostra principale raccomandazione per proteggere te stesso e i tuoi cari dalle malattie respiratorie è di vaccinarti. Pianifica ora per te e la tua famiglia di sottoporvi a entrambi i vaccini, antinfluenzali e Covid, aggiornati, prima della stagione dei virus respiratori».La Verità ha ricordato nei giorni scorsi che proprio il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) riportava, ad aprile, l’analisi dell’efficacia contro l’ospedalizzazione e il decesso del primo, secondo e terzo richiamo di vaccino anti Covid in otto Paesi europei, Italia inclusa. Più booster venivano inoculati, più calava in modo preoccupante la prevenzione dalla malattia seria e aumentavano i decessi negli over 80 così pure nei soggetti di età compresa tra 50 e 64 anni. Adesso si parla di fare il vaccino a tutti, a partire dai sei mesi, anche se un bimbo è sano. Una presa di posizione di cui sfugge la scientificità, quando anche i fanatici del vaccino anti Covid non possono negare che la pandemia ha avuto un impatto estremamente basso sulla popolazione pediatrica.Lunedì, in uno studio pubblicato sul Journal of experimental medicine (Jem), esperti della scuola di medicina di Yale hanno dimostrato come «frequenti infezioni virali a bassa patogenicità», come le attuali varianti Covid, possono avere «un’importante funzione protettiva sottovalutata nella prima infanzia».Gli esperti hanno analizzato campioni di tamponi nasofaringei per 16 virus respiratori e 3 patobionti batterici in 176 bambini tra giugno e luglio 2021, in 167 nell’agosto 2021 e in 291 nel gennaio 2022, raccolti al pronto soccorso pediatrico dello Yale New Haven children’s hospital di New Haven. Tra i virus testati c’erano Sars-CoV-2, rinovirus, virus respiratorio sinciziale e tre patobionti batterici più comuni delle vie respiratorie superiori, ovvero moraxella catarrhalis, streptococcus pneumoniae e hemophilus influenzae.Quasi un terzo dei bambini è risultato positivo a un virus e a un patobionte, soprattutto i piccoli di età inferiore ai 5 anni. L’infezione era elevata anche negli asintomatici. Nei soggetti in cui venivano riscontrate maggiori coinfezioni, era aumentata la risposta all’interferone durante l’infezione da Sars-CoV-2.Le infezioni potrebbero svolgere un ruolo importante nella protezione contro gravi malattie virali nella prima infanzia «innescando risposte ampiamente protettive dell’interferone della mucosa in un momento in cui i bambini piccoli incontrano molti nuovi virus per la prima volta e hanno una protezione minima dall’immunità adattativa», scrivono gli scienziati.Difese immunitarie innate nel sito di infezione sono di fondamentale importanza per limitare la replicazione dei virus respiratori e promuovere risposte immunitarie efficaci. «Questi risultati indicano un elevato carico di virus respiratori e patobionti batterici come fattori chiave dell’aumentata immunità innata della mucosa nasale nei bambini, in particolare di quelli di età inferiore ai 5 anni [...] innescano risposte citochiniche e chemiochiniche della mucosa in questa fascia di età», si legge nello studio.«È anche possibile che infezioni frequenti determinino modifiche nell’epitelio che persistono tra infezioni acute, come modifiche epigenetiche, modifiche nel proteoma intracellulare e/o modifiche nella composizione cellulare dell’epitelio differenziato, ognuna delle quali potrebbe contribuire a rafforzare l’immunità innata nasale».Se una maggiore immunità delle mucose dovuta a un carico maggiore di altre infezioni delle mucose ha protetto i bambini dal Sars-CoV-2, perché raccomandare ancora dosi di vaccino «aggiornato» anti Covid nei più piccoli e fuori emergenza sanitaria? Purtroppo, però, ci aspettiamo che anche a livello europeo parta una campagna pro vaccinazioni ingiustificate.
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(IStock)
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