2025-03-12
I cattolici inseguono la pace sulla Terra invadendo la piazza pro Ue con l’elmetto
Il cardinale Matteo Zuppi (Ansa)
Il cardinale Zuppi e Notarstefano (Ac) lodano la sfilata prevista il 15 marzo. Dimenticandosi di tutti i «no alle armi» di Bergoglio.«La grande ipocrisia». È da sempre la definizione cara a papa Francesco per identificare quei Paesi «che organizzano convegni di pace e poi investono in armi». Dalla stanza del Policlinico Gemelli, il Pontefice continua ad avere uno sguardo lucido sul mondo e non può non notare un’altra grande ipocrisia: quella di chi inneggia all’Europa in vista della manifestazione di sabato in piazza del Popolo a Roma facendo finta di non sapere dell’esistenza del piano «ReArm Europe», 800 miliardi in missili, carri armati, cacciabombardieri, droni. Metallo pesante che non serve a costruire cupole di basiliche.Il problema è che, in barba al Santo Padre, fra gli euro-entusiasti fintamente ignari c’è la Chiesa stessa. O almeno la Conferenza episcopale presieduta da Matteo Zuppi, che ieri, nel Consiglio permanente, ha spiegato: «È l’ora di investire nel cantiere Europa». Come se si trattasse di un paradiso pacifista. Il cardinale ha parlato dell’«urgenza di una cultura della pace mentre il mondo si trova immerso nella tragedia della guerra». E chi è stato via per qualche settimana si sarà fatto l’idea che, mentre gli Stati Uniti del terribile Donald Trump e la Russia cingolata di Vladimir Putin si riforniscono di mitragliatrici in vista dello scontro finale, l’Unione europea della pia baronessa Ursula von der Leyen è pervasa da un afflato di non violenza, fra ceri e incensi.Ovviamente è l’esatto contrario, ma a leggere la prima pagina di Avvenire non sembrerebbe. Distopia in purezza, depistaggio culturale col turibolo alzato. Inneggiare alla saggezza dell’Europa, attribuire valore pacifista al corteo che chiede più Europa proprio mentre Bruxelles innesca i detonatori e toglie la sicura ai fucili di precisione - senza la benché minima critica -, è qualcosa di spettacolare. E, al tempo stesso, qualcosa di infinitamente triste perché le armi saranno pagate con i fondi per la coesione sociale nei territori più disagiati, destinati a quella parte di società più fragile e sfortunata che dovrebbe essere al centro del messaggio cristiano. Sarebbe ora di investire sul cantiere povertà, non sul cantiere Europa con l’elmetto. La contraddizione svela una curiosa verità: piuttosto che una pace firmata da Trump, anche il pacifista più incallito preferisce il tuono del cannone.Non è soltanto il cardinal Zuppi a esplicitare la «grande ipocrisia». Ci pensa anche il presidente dell’Azione cattolica, Giuseppe Notarstefano, che, sempre sul quotidiano dei vescovi, firma un editoriale per dire che «per rimettere al centro i valori dell’umanesimo cristiano, molte sono le iniziative da promuovere. Anche quella del 15 marzo può rappresentare un’occasione per riaffermare la centralità dell’Europa». Il paradosso è compiuto: tutti in piazza con la bandiera della pace per celebrare un’Unione europea che intende armarsi fino ai denti. Tutti in piazza, compresi i cattolici che, da una parte, sono chiamati al culto di Ursula sull’autoblindo e dall’altra non possono dimenticare certe frasi di papa Francesco che bocciano il riarmo senza appello: «La terza guerra mondiale combattuta a pezzi», «il peccato mortale di chi guadagna uccidendo».Le uniche armi per le quali il Papa fa il tifo dal giorno della nomina sono il dialogo, l’incontro e la preghiera. Per il resto è stato sempre e solo un grande «No». Agli armamenti, al loro commercio, a un mercato che va sempre più fiorendo laddove marcisce la vita di intere popolazioni. Quel «No» sembra dimenticato dentro le stesse sacre stanze, forse perché la voce di Francesco è flebile. Quando il Pontefice denuncia «le risorse sprecate negli armamenti, che distruggono vite e rovinano la casa comune» parla a chi si appresta a manifestare nuotando nell’acqua melmosa dell’ipocrisia.Recentemente ha aggiunto: «Rilancio una proposta, con il denaro che si impiega nelle armi e in altre spese militari costituiamo un fondo mondiale per eliminare finalmente la fame». Sabato verrà portata in processione l’istituzione che ha deciso il contrario. Dopo il Festival di Sanremo ecco il festival della contraddizione. Con i sacerdoti chiamati in piazza accanto a chi sventola il Manifesto di Ventotene, la bibbia anticlericale che sabato sarà regalata a chi acquista una copia de La Repubblica.È bene ricordare a prelati, suore e chierichetti che uno dei punti cardine di quello scritto citato a pranzo e a cena - firmato da Ernesto Rossi, Altiero Spinelli ed Eugenio Colorni al confino nel 1941 sull’isola tirrenica -, è l’abolizione del Concordato. Si legge: «Il Concordato andrà senz’altro abolito per affermare il carattere puramente laico dello Stato e per fissare in modo inequivocabile la supremazia dello Stato sulla vita civile. Tutte le credenze religiose saranno rispettate, ma lo Stato non dovrà più avere un bilancio dei culti».Per tutta la vita Rossi e Spinelli si sono distinti nel denunciare «le ingerenze clericali» e «le forze reazionarie del Vaticano». Sabato saranno tutti insieme nell’insalata mista per l’Europa. Titolo di riferimento, quello dell’editoriale di Avvenire: «Il dovere di costruire». A colpi di bombe a mano è dura.