2024-06-17
I Brics spaccano l’accordo di pace ucraino
Tra i Paesi che non hanno firmato la dichiarazione di Lucerna ci sono il Brasile, l’India e il Sud Africa. Giorgia Meloni: «Compromesso non significa resa». A maggio vendite record di gas russo all’Unione europea, superata la quota degli Usa, non succedeva dal 2022.È iniziata sabato e si è conclusa ieri la conferenza di pace per l’Ucraina andata in scena in Svizzera, presso il resort Bürgenstock (vicino a Lucerna). La dichiarazione finale congiunta, secondo cui l’integrità territoriale di Kiev deve essere a fondamento di qualsiasi accordo per porre fine alla guerra, è stata firmata da 83 dei 100 Paesi e organizzazioni partecipanti. Non l’hanno siglata i Brics presenti, dunque India, Brasile (che però ha partecipato come osservatore) e Sud Africa, così come non figurano nella lista Armenia, Bahrein, Indonesia, Colombia, Libia, Messico, Arabia Saudita, Thailandia ed Emirati Arabi Uniti. Tra i firmatari risultano - tra gli altri - Svizzera, Stati Uniti, Turchia, Unione Europea e Italia. Assenti, come noto, Russia e Cina: la prima perché non invitata, la seconda in ragione del mancato coinvolgimento dell’alleato. Una conferenza nata quindi già azzoppata, viste le assenze di una delle due parti belligeranti e della seconda potenza mondiale. Le conclusioni del summit, d’altro canto, si scontrano nettamente con le proposte di pace lanciate da Vladimir Putin venerdì scorso, alla vigilia della conferenza organizzata dalla diplomazia elvetica. Il capo del Cremlino ha posto come condizioni il ritiro di Kiev da quattro regioni - Donetsk, Lugansk, Kherson e Zaporizhia - e la rinuncia a entrare nella Nato. Lo stesso Volodymyr Zelensky, però, dalla Svizzera ha ribadito che non può esserci pace senza l’integrità del territorio ucraino. «Riaffermiamo il nostro impegno ad astenerci dalla minaccia o dall’uso della forza contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica di qualsiasi Stato», si legge nel testo finale del summit, «i principi della sovranità, dell’indipendenza e dell’integrità territoriale di tutti gli Stati, compresa l’Ucraina, all’interno dei loro confini internazionalmente riconosciuti, comprese le acque territoriali, e la risoluzione delle controversie con mezzi pacifici come principi del diritto internazionale». Inoltre, i firmatari hanno trovato un’intesa su tre punti specifici: la messa in sicurezza della centrale nucleare di Zaporizhzhia, che deve tornare sotto la piena sovranità dell’Ucraina; la condanna degli attacchi alle navi mercantili nei porti, che mettono in pericolo la sicurezza alimentare globale; lo scambio di tutti i prigionieri di guerra e il rimpatrio dei bambini ucraini deportati in Russia. Nonostante i toni ottimistici, quindi, non si vedono ancora le basi per una mediazione, anche perché il concetto di pace giusta - ormai costantemente sulla bocca di Zelensky e di tutti i leader occidentali - di fatto non la contempla. Giorgia Meloni, dopo il successo del G7, ha ribadito che «la pace non significa resa, come Putin sembra suggerire». «Confondere la pace con la soggiogazione», ha continuato dalla Svizzera, «sarebbe un pericoloso precedente per tutti». Tuttavia, rimane il problema di portare Mosca al tavolo delle trattative, come per altro esplicitato anche nel documento conclusivo della conferenza. «Riteniamo che il raggiungimento della pace richieda il coinvolgimento e il dialogo di tutte le parti», si legge verso la fine. Nel frattempo, già si discute di un nuovo summit nei prossimi mesi. Justin Trudeau ne ha annunciato uno in Canada che dovrebbe coinvolgere i ministri degli Esteri, ma si parla anche di una possibile conferenza in Arabia Saudita. Da Berna invece fanno sapere che, in accordo con la Corte penale internazionale, Putin potrebbe recarsi in Svizzera per le trattative senza essere arrestato, nonostante il mandato di cattura internazionale. Zelensky ha invece annunciato che ora, finito il summit, verrà elaborato un piano dettagliato da consegnare ai diplomatici russi. «E poi vedremo se sono pronti per la fine della guerra», ha dichiarato. «Queste sono le condizioni per il dialogo con gli occupanti». Per quanto comprensibili le ragioni della sovranità e dell’integrità territoriale, resta la bizzarria di un Paese che sta perdendo la guerra ma vuole dettare le condizioni. A meno che, naturalmente, l’obiettivo non sia un coinvolgimento diretto dell’Occidente. Nel vecchio continente però la guerra piace sempre meno. Non solo all’indomani delle Europee il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, ha bloccato l’ennesimo pacchetto europeo di sanzioni, ma a maggio le forniture di gas provenienti dalla Russia hanno superato, per la prima volta dal 2022, quelle provenienti dagli Usa. Le motivazioni sono in realtà contingenti: un guasto a un importante impianto di esportazione di Gnl negli Stati Uniti e il fatto che la Russia abbia inviato maggiori quantità di gas attraverso la Turchia in vista della manutenzione dell’impianto prevista per giugno. Una circostanza che secondo gli analisti non dovrebbe durare, ma che evidenzia ancora una volta le difficoltà che riscontra l’Europa nell’affrancarsi da Mosca. E che forse ben spiega il «suicidio» dei due gasdotti nel settembre del 2022.